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La Cina sul tetto del mondo, il dossier su Wall Street Italia di marzo

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L’articolo fa parte di un lungo dossier sulla Cina pubblicato sul numero di marzo del magazine Wall Street Italia.

di Valeria Panigada

Cina alla riscossa verso il tetto del mondo. Il gigante asiatico si è già lasciato alle spalle la pandemia da coronavirus, che invece preoccupa ancora Europa e Stati Uniti, e corre incontrastato verso nuovi traguardi che lo porteranno nel giro di qualche anno a dominare il panorama economico globale.
Lo dicono i numeri: la Cina è stato l’unico paese al mondo a chiudere il 2020, l’anno dello scoppio della crisi sanitaria, con segno positivo (Pil +2,3%) e per il 2021 il suo vantaggio aumenterà ulteriormente.
Il Congresso nazionale del Popolo, tenutosi il mese scorso per l’approvazione del 14esimo Piano quinquennale 2021-25, ha fissato un target di crescita di oltre il 6% quest’anno, ma secondo molti esperti la stima è decisamente contenuta.

Nel suo ultimo World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale proietta il Paese verso un’espansione dell’8,1% quest’anno, contro un’Eurozona che, dopo il -7,2% del 2020, dovrebbe recuperare del 4,2% nel 2021, e gli Stati Uniti che, dopo la contrazione del 3,4%, dovrebbero assistere a un rimbalzo del Pil del 5,1%.

“Questi numeri – commenta Lorenzo Alfieri, country head di J.P. Morgan Asset Management – danno un quadro chiaro di come si stia uscendo da questa crisi sanitaria in maniera diversa e come ci siano delle regioni del mondo in cui questa pandemia sia transitata in maniera molto silenziosa. I dati prospettici che arrivano dal gigante asiatico parlano di tassi di crescita superiori all’8% nel 2021, sebbene gli interventi adottati dalle autorità siano stati in percentuale molto minore rispetto a quelli in Europa e negli Stati Uniti”.

Sta cambiando il filo conduttore del mondo?

Già da un primo sguardo si intuisce come la Cina stia muovendo i primi passi per giocare un ruolo di predominanza rispetto alle altre aree regionali di riferimento, ovvero Stati Uniti ed Europa. Ma al di là dei numeri sul Pil, ci sono alcuni aspetti che preannunciano l’avanzata del Dragone. La spinta della middle-class.
La corsa inarrestabile della Cina sarà sempre più sostenuta e spinta dai consumi di una popolazione giovane e dai bisogni di una classe media emergente. Basta guardare al Black Friday, che negli Usa ha registrato vendite per circa 9 miliardi di dollari, mentre in Cina la festività corrispondente ha generato ben 74 miliardi di dollari in un solo giorno, vale a dire otto volte di più.

“È un aspetto significativo e dimostra come i consumi espressi soprattutto dai più giovani stiano scoppiando nel paese e continente asiatico”, sottolinea Alfieri.

Impressionante anche la previsione di crescita in termini di reddito individuale: si stima che nel 2030 il 72% della popolazione cinese apparterrà alla middle class e il 40% dei consumatori di beni di lusso nel mondo sarà cinese. E non è certo un caso che negli ultimi anni i nuovi extra-ricchi siano spuntati proprio nell’area asiatica, dimostrando come i paesi di questa regione abbiano intrapreso una traiettoria di crescita importante non solo in percentuale ma anche in termini di qualità.

Cina, un dominio assoluto nelle tecnologie

Il premier Li Keqiang ha annunciato che la Cina aumenterà la spesa per la ricerca e lo sviluppo di oltre il 7% all’anno tra il 2021 e il 2025, alla ricerca di “grandi scoperte” nella tecnologia, definendo in particolare sette aree su cui concentrarsi, tra cui l’intelligenza artificiale, il calcolo quantistico, i semiconduttori e lo spazio. Con questo programma Pechino si prepara a sorpassare le economie sviluppate, come Stati Uniti ed Europa, dopo averle raggiunte in termini di spesa nel giro di pochi anni.

“La Cina si è ormai immersa nel futuro e nelle nuove tecnologie a una velocità superiore di molti altri paesi occidentali”, commenta Alfieri, guardando ai tassi di crescita degli investimenti a doppia cifra sul settore dei semiconduttori.

Ma non solo. Il gigante asiatico punta a diventare leader mondiale nel settore delle auto elettriche, con vendite che nel giro di dieci anni si moltiplicheranno di oltre dieci volte: dalle attuali 2 milioni di auto all’anno a 25 milioni nel 2030, grazie anche ai modelli super economici, da poco più di 4.000 dollari, che possono soddisfare la crescente domanda del ceto medio. Non c’è da stupirsene, se si considera che già oggi la Cina è il più grande produttore di batterie al mondo e quindi i suoi produttori di auto elettriche beneficiano dell’accesso a una fornitura a basso costo della parte più costosa di un veicolo plug-in.

Senza dimenticare che Pechino detiene quasi un monopolio sulle cosiddette “terre rare”, ossia quegli elementi chimici non rinnovabili ma fortemente strategici per le nuove tecnologie. Da sola detiene oltre il 62% della produzione globale mineraria, circa il 90% della produzione e il 36,6% delle riserve mondiali. Si intuisce come in prospettiva la sua posizione rappresenterà un pericoloso concorrente soprattutto per gli Stati Uniti. Nel frattempo, la transizione energetica è lanciata.
Anche in questo campo la Cina sta giocando un ruolo di dominio, incidendo in maniera superiore rispetto a Europa e Stati Uniti, nonostante il ritardo. Le autorità cinesi hanno messo nero su bianco l’impegno di raggiungere la neutralità carbonica (zero emissioni inquinanti) nel 2060, ma già dal 2050 le rinnovabili arriveranno a coprire il 50% delle fonti energetiche utilizzate dal paese, dall’attuale 5% circa. Una rivoluzione che imporrà nei prossimi decenni un maxi-piano di investimenti tra opere strutturali e di infrastruttura.

“La Cina è diventata il vero antagonista per gli Usa e in questo scenario la rivalità tra le due super potenze è destinata a rimanere accesa soprattutto sui temi dell’innovazione tecnologica e della conquista di nuove frontiere, nonostante una politica più diplomatica da parte del presidente americano Joe Biden – prevede Alfieri –.  L’economia cinese si sta imponendo in modo strutturale su tutta una serie di settori in cui finora giocava un ruolo marginale e per questo è destinata a occupare in modo definitivo un ruolo primario nel mondo”.
In prospettiva, dunque, la Cina sta dimostrando non solo che uscirà dalla crisi pandemica più forte di prima, ma che si affermerà come superpotenza in tutti gli ambiti.

Mercati finanziari efficienti

Tra i tavoli in cui il suo dominio è già realtà c’è quello degli investimenti esteri diretti. Nell’anno del Covid, la Cina ha strappato il primato agli Stati Uniti, registrando 163 miliardi di dollari di flussi in entrata contro i 134 miliardi diretti Oltreoceano, secondo un’analisti stilata dalla United Nations Conference on Trade and Development.
Un risultato che riflette gli sforzi compiuti in questi ultimi anni dalle autorità centrali di Pechino per aprire i propri mercati agli investitori esteri. Basta pensare al più recente mercato A-Shares, dove oggi sono quotati oltre 3.500 titoli di società cinesi, permettendo un facile accesso al mondo impresa da parte degli investitori di tutto il mondo. Mentre i listini di Shanghai e Shenzhen oggi sono secondi al mondo dopo il Nasdaq di Wall Street.

“Oggi i mercati finanziari cinesi sono molto più efficienti, liquidi, affidabili e credibili – descrive Alfieri – compiendo passi da gigante che li hanno portati a rappresentare quasi il 40% degli attivi dei mercati emergenti (Msci Emerging Markets), mentre solo l’A-shares, che è ancora una nicchia, pesa per il 7%”.

I numeri, ancora una volta, confermano quanto le porte della finanza in Cina siano ormai aperte in maniera definitiva agli investitori. Ma non solo azionario, perché anche il mercato obbligazionario cinese si è evoluto in maniera impressionante diventando il secondo al mondo. E la sua crescita non si è certo esaurita. Seppure vi sia ancora una prevalenza di bond governativi, con un forte controllo da parte dello Stato centrale, è un mercato che si sta diversificando, con sempre più emissioni societarie che potrebbero rappresentare interessanti opportunità di investimento. E se una potenza economica che si rispetti deve avere anche una valuta forte, di certo il renminbi è all’altezza.

“È ancora una riserva di valore secondaria rispetto al dollaro e all’euro, ma sta assumendo un ruolo importante soprattutto negli interscambi da e verso la Cina – illustra Alfieri –. Si deve riconoscere anche che l’atteggiamento della banca centrale cinese (la People’s Bank of China, PBOC) è stata estremamente rigorosa acquistando crescente credibilità tra i grandi investitori”.

Cina, in sintesi

Intuita la grandezza della Cina e soprattutto la sua evoluzione nel panorama economico mondiale, come tradurre tutto questo in attività di investimento? Certamente i mercati finanziari offrono interessanti opportunità, tra società quotate, fondi specializzati, Etf dedicati, ma servono due occhi in più (e forse anche quattro) per orientarsi al meglio.

“Nonostante i miglioramenti in termini di trasparenza, oggi è ancora difficile poter avere una visione obiettiva ed equilibrata dell’andamento di un’azienda in Cina – avverte Alfieri –. A differenza dell’Europa e degli Stati Uniti, dove si possono acquistare azioni di società quotate sul listino a prescindere dal proprio grado di conoscenza, in Cina è sempre bene passare attraverso professionisti competenti, che possono avere informazioni più accurate e immediate della situazione. È fondamentale affidarsi a gestori presenti nei paesi di riferimento, così da assicurarsi i rapporti e le indicazioni il più corrette e approfondite possibile e ricevere magari anche quelle dritte sui cambiamenti in atto che possono rivelarsi strategiche”.

Nella costruzione di un portafoglio diversificato, secondo Alfieri, la Cina dovrebbe avere ormai un peso tra il 3 e il 5%, con una importante quota impiegata nell’azionario. Non dimentichiamo, infatti, che il gigante asiatico è destinato a diventare nel 2027, quindi nel giro di qualche anno, la maggiore economia al mondo. “Non si può non avere un investimento di un certo rilievo (raccomando di passare attraverso fondi specializzati) in un paese che avrà una rilevanza così importante, se si vuole puntare sul futuro e sulla crescita globale”, conclude Alfieri.