MILANO (WSI) – Kyle Bass lancia un suo hedge fund all’inizio del 2006. All’inizio non fa molto e passa il tempo a studiare i titoli legati ai mutui, in quel momento comprati in tutto il mondo da investitori istituzionali di ogni genere. Sente subito puzza di bruciato, ma solo all’inizio del 2007 inizia a scommettere pesantemente contro questa carta. Farà una fortuna. A un recente convegno è stato chiesto a Bass su che cosa puntare nei prossimi dieci anni. Finanziatevi in yen, ha risposto, comprate oro e poi ci rivediamo nel 2023. Il tema, per lui, non è nuovo. Già nel 2010 ha comprato la sua casa con un mutuo in yen.
Da ottobre a oggi lo yen ha perso un quarto del suo valore. Nello stesso periodo, però, anche l’oro ha perso un ottavo del suo valore. Poiché lo yen è sceso più dell’oro chi ha comprato oro in ottobre con yen presi a prestito è oggi più ricco, ma lo sarebbe ancora di più se con gli yen avesse comprato le borse (compresa quella giapponese) o perfino i Btp. È ingeneroso e soprattutto sbagliato misurare l’idea di Bass a breve distanza dalla sua formulazione. Bass è uno che guarda lontano e sa, come scrive sul suo blog, che le cose possono passare in un attimo da perfettamente stabili ad altamente instabili e in caduta libera. Essendo uno che guarda la foresta, sa che un incendio distruggerà quasi tutti gli alberi, anche se qualcuno verrà risparmiato.
Noi che viviamo nel presente (o al massimo nel futuro prossimo) siamo invece più portati a guardare i singoli alberi e a sperare magari che siano proprio quelli che resteranno in piedi in caso di incendio. Quello che incuriosisce particolarmente, venendo al brevissimo termine, è che l’oro non abbia reagito, negli ultimi giorni, all’annuncio di Kuroda di volere raddoppiare la base monetaria giapponese nei prossimi due anni. Se non comprate la borsa di Tokyo dopo questa notizia, si è chiesto lo strategist azionario di Nomura, quando mai la comprerete? Ma se non si compra oro adesso, viene a noi da domandare, quando mai lo si comprerà?
Il diverso comportamento dell’oro e delle borse rimanda alla periodizzazione del dopocrisi che fece alla fine del 2009 Neal Soss, ex economista della Fed già allora passato in Credit Suisse. In un momento in cui molti si sbizzarrivano a ipotizzare deflazioni catastrofiche o iperinflazioni immediate e violente, Soss si espresse senza particolare enfasi ma con molta lucidità. Fino alla metà del prossimo decennio, scrisse, prevarrà un contesto deflazionistico cui le banche centrali cercheranno di opporsi energicamente senza peraltro generare inflazione. Dalla metà del decennio in avanti, riassorbito progressivamente l’output gap di risorse umane e materiali lasciate inutilizzate dalla crisi, le banche centrali aspetteranno prima di sollevare il piede dall’acceleratore e appoggiarlo sul freno. Lasceranno salire l’inflazione, non drammaticamente ma in modo comunque ben avvertibile, così da sgonfiare in termini reali l’elevato debito pubblico dei paesi sviluppati e riportarlo su livelli meno pericolosi.
Lo schema di Soss ha finora funzionato molto bene e non sembra richiedere aggiustamenti per la parte restante del decennio. L’Europa rimane un potente reattore nucleare che produce ed esporta deflazione di origine fiscale alla quale si aggiunge, a livello globale, la volontà politica di rimpicciolire le banche e, di conseguenza, la loro capacità di prestare soldi. Questo genera, come bilanciamento, politiche monetarie sempre più aggressive e, a tratti, quasi disperate. Il mondo è come un’automobile guidata premendo contemporaneamente il freno e l’acceleratore, con una leggera prevalenza dell’acceleratore rispetto al freno.
Chi in questi anni ha guardato soprattutto all’acceleratore e non ha visto il freno ha comperato oro e ha più volte ipotizzato un crollo dei bond lunghi che non si è mai verificato. L’oro è dunque salito troppo e troppo presto. Ora lo accumulano con calma le banche centrali dei paesi emergenti in vista della seconda metà del decennio, ma per chi ha un orizzonte più breve l’oro è entrato in una lunga fase di consolidamento che lo rende poco interessante. Quanto ai bond, la bassa inflazione e gli acquisti sempre più aggressivi delle banche centrali funzionano come un botox che prolunga la giovinezza fuori tempo massimo. Si pensi ai Jgb quarantennali giapponesi, che rendono oggi l’1.43 per cento nel momento in cui la banca centrale ha appena dichiarato di volere raggiungere a tutti i costi il 2 per cento d’inflazione.
Negli anni scorsi, commentando la riduzione degli spreadtra titoli corporate e governativi, si è spesso detto che il rialzo azionario contagiava la componente più vicina all’equity del mondo obbligazionario (convertibili, corporate, ibridi). Forse oggi, guardando agli sviluppi recenti di Wall Street, si deve dire il contrario. È cioè l’obbligazionario che contagia le componenti ad esso più vicine dell’azionario (alti dividendi, dividendi in crescita). Con gli indici ai massimi si potrebbe pensare a una particolare forza dei ciclici, che continuano invece a essere molto deboli perché nessuno, in realtà, crede davvero a un’accelerazione della crescita.
Con i mercati azionari che offrono mediamente rendimenti da dividendo molto più alti delle cedole dei governativi il rialzo delle borse può durare fino al 2015 compreso come semplice estensione del bull market secolare dell’obbligazionario. Il reattore buono (quanto meno per chi investe), quello monetario del Quantitative easing, funzionerà a pieno ritmo quest’anno negli Stati Uniti e il rallentamento previsto per l’anno prossimo verrà bilanciato dall’entrata a regime del reattore giapponese. Sommando Stati Uniti e Giappone avremo forse ancora più creazione di base monetaria nel 2014 che nel 2013. Certamente non ne avremo di meno.
Il 2015 sarà però un anno di svolta. L’esaurirsi progressivo delle risorse inutilizzate in America inizierà a produrre tensioni inflazionistiche. La Fed cercherà di non accorgersene, chiederà continue conferme, cambierà leggermente il suo linguaggio ma nella sostanza lascerà correre. I mercati, tuttavia, avranno finalmente qualche motivo vero per preoccuparsi. Nella migliore delle ipotesi ci sarà un decoupling tra l’azionario, che continuerà a salire (questa volta nelle componenti cicliche) e i bond, che inizieranno a scendere. In alternativa, se l’inflazione dovesse apparire fuori controllo, scenderanno anche le borse, almeno inizialmente.
Questo percorso, tutto sommato benigno, è probabile ma non scontato. Un’Europa in avvitamento strutturale potrebbe creare problemi tali da mettere in discussione la bassa crescita globale che piace tanto ai mercati. Willem Buiter continua in effetti a ipotizzare per il 2015 ristrutturazioni del debito sovrano (che cresce velocemente anno dopo anno) in non pochi paesi europei.
I massimi storici di Wall Street non vanno dunque letti come l’ingresso in una nuova fase di prosperità globale. Il fatto che siano stati raggiunti subito dopo una serie di dati macro deludenti e senza quella ragionevole prudenza che precede i giorni intensi degli utili trimestrali conferma l’ipotesi che l’azionario sia visto in questa fase come un grande bond con una cedola invitante. Certo, il rimborso sicuro del capitale in borsa non esiste, ma finché il mercato sale questo aspetto viene messo tra parentesi.
Lo stesso vale ovviamente per i governativi della periferia europea. L’Italia ha ufficialmente 10 punti di debito-Pil in più rispetto al disastroso 2011 e ha uno spread dimezzato. È chiaro che il mercato ipotizza una Bce alla giapponese che prima o poi comprerà Btp e Bonos prima ancora che i governi li emettano. Sarà probabilmente così per qualche tempo, ma lo sarà per sempre? L’aspetto paradossale del momento attuale è che chi compra azionario deve sperare che l’economia globale non acceleri, ma deve comunque guardarsi anche da un rallentamento.
Con l’eccezione dell’Europa il mondo è programmato per una crescita debole e questo continuerà a sostenere il rialzo delle borse. Nell’immediato, tuttavia, la decelerazione iniziata negli Stati Uniti dovrà essere molto breve e superficiale perché i nuovi massimi di borsa non siano messi in discussione. Per questo, pur rimanendo positivi per l’azionario per quest’anno e per il prossimo, pensiamo che non sia il caso di rincorrere il mercato su questi livelli. Chi vuole però comperare proprio adesso compri la borsa di Tokyo, ricordandosi di finanziarsi in yen o di coprire comunque il cambio.
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