MILANO (WSI) – La crisi del debito sovrano, iniziata nei primi mesi del 2010 come aborto embrionale della bolla sui mutui subprime, sembra non conoscere via di uscita, sempre più commentatori indipendenti iniziano a schierarsi al mio fianco facendosi portavoce della medesima constatazione: più che di una crisi sistemica ormai si deve parlare di una crisi infinita.
La vicenda Cipro non è che una delle tante sfaccettature con cui si è mostrata in tutta la sua pericolosità distruttiva: oggi le varie autorità sovranazionali riconoscendo l’errore da principianti (ricordano molto gli USA quando salvarono la Lehman) fanno proclami a ripetizione sottolineando come quanto attuato per l’economia cipriota non possa essere preso ad esempio in futuro anche per altri paesi. Speriamo.
Le speranze tuttavia non hanno mai protetto gli investimenti dei piccoli risparmiatori e né tanto meno i portafogli dei grandi operatori istituzionali. Non penso sia superfluo ricordarvi che in due anni dall’Italia sono stati smobilizzati investimenti tangibili e non (quindi asset finanziari) per oltre un trilione di euro (mille miliardi): denaro che è uscito da una moribonda economia italiana e dal suo pietrificato sistema bancario ed ha preso la via verso lidi considerati più sicuri e protettivi.
Mi permetto di fare questo richiamo a fenomeni finanziari che si stanno perpetuando da quasi due anni perchè ancora oggi esistono migliaia e migliaia di piccoli investitori e risparmiatori italiani che hanno deciso di intraprendere la strada della delocalizzazione finanziaria solo ora perchè scossi dalle vicende cipriote.
Questo fiume di denaro ha fatto e sta facendo la fortuna di altri paesi che adesso in qualche modo sono stati presi di mira dalle comunità finanziarie le quali evidenziano come si possono verificare in futuro altri casi Cipro visto le strette analogie (almeno superficiali) con l’economia cipriota.
Sul piano giornalistico questo problema è stato posto in luce mettendo sotto osservazione e in quarantena finanziaria i cosiddetti Stati Banca. Con questo termine si suole adesso definire tre stati all’interno dell’Unione Europea, Lussemburgo, Slovenia e Malta, che hanno un’economia complessivamente di modeste dimensioni, ma basata su un peso rilevante degli assets finanziari detenute dalle rispettive banche in rapporto alla dimensione del PIL. Presi nella loro singolarità, gli Stati Banca uguagliano o addirittura superano la casistica cipriota: 750% per Malta, 150% per la Slovenia e 2.200% per il Lussemburgo.
Da un’analisi superficiale, solo sul piano quantitativo, verrebbe da rabbrividire: gli assets bancari a Cipro pesavano otto volte il PIL. Tuttavia se ci soffermiamo anche sul piano qualitativo scopriamo profonde e determinanti differenze. Prima fra tutte, la caratteristica di internalizzazione del panorama bancario dei paesi in questione. Mentre Cipro si basava su due banche nazionali, Malta, Lussemburgo e Slovenia godono, soprattutto le prime due, di una copiosa presenza di banche di azione e prestigio internazionale.
In misura secondaria questi paesi possono contare su un debito sovrano sostenibile (government debt on gross domestic product) caratterizzato da un’economia frizzante e in continua crescita con percentuali che né Germania, Francia o Austria possono oggi spendere: 73% per Malta, 22% per il Lussemburgo e 53% per Slovenia. Dei tre solo quest’ultima, un tempo conosciuta come la Svizzera dei Balcani, sta attraversando un periodo di forte difficoltà e turbolenza economica che sta iniziando ad impattare sulla stabilità finanziaria del paese soprattutto sul sistema bancario visto l’aumento delle sofferenze bancarie oggi stimate a quasi 1/5 del PIL.
Per questo motivo sarebbe consigliabile in via cautelativa evitare una delocalizzazione finanziaria con questo paese e le sue banche. Infine gli Stati Banca godono di bassissima ingerenza o legami con le economie più deboli dell’Unione Europea, quindi gli stessi hanno poco coinvolgimento con le sorti dei FISH, il nuovo acronimo che sostituisce i PIGS ed individua in France, Italy, Spain and Hollande i prossimi quattro paesi che potrebbero diventare un problema non più sostenibile per la coesione e stabilità della moneta unica.
Ricordiamo infatti ancora una volta che Cipro è un paese il cui panorama bancario è strutturato fondamentalmente sulla presenza ed operatività di due grandi banche di interesse nazionale, Laiki Bank ed Hellenic Bank, le quali avevano una esposizione decisamente rilevante con l’economia greca. Il caso Cipro, al di là degli aspetti legati al gossip finanziario per il clamore suscitato, dimostra ancora una volta l’importanza di effettuare e puntare su investimenti e gestori di investimento che godono di una correlazione negativa sia con la volatilità e l’incertezza dei mercati e sia soprattutto con i rischi sistemici esogeni.
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