NEW YORK (WSI) – Il collasso delle quotazioni del petrolio, che ha portato il greggio a muoversi sotto la soglia degli 87 dollari al barile, è diventato un vero e proprio incubo per i grandi esportatori di greggio.
Secondo alcuni analisti americani, per alcuni di questi, evitare la recessione sarà un’impresa molto difficile. Il motivo? Per paesi come il Venezuela, la Russia e l’Arabia Saudita, il prezzo del greggio sopra una certa soglia è l’unico strumento per centrare gli obiettivi fiscali.
Quali sono i paesi più a rischio? Da un grafico pubblicato da Deutsche Bank emerge che potrebbero finire nei guai sono, oltre a Venezuela, Russia e Arabia Saudita, anche Bahrain, Oman e Nigeria.
Un esempio per tutti. Come fanno notare gli esperti, il Venezuela avrebbe bisogno di prezzi del greggio doppi rispetto ai valori attuali per mantenere in ordine i conti dello Stato (vedi grafico).
Se i prezzi dovessero rimanere su questi livelli, i sei paesi citati sarebbero costretti a rivolgersi al mercato delle obbligazioni per rastrellare liquidità con l’obiettivo di coprire le spese.
A questo proposito va ricordato che, rispetto a quanto succedeva in passato, l’Opec, ovvero il cartello dei maggiori paesi produttori e esportatori di greggio, non è più in grado di controllare il prezzo del petrolio a causa del boom della produzione statunitense. Un elemento che di fatto neutralizza la strategia, da sempre praticata dal cartello, di chudere i rubinetti per aumentare i prezzi.