Neanche l’avvertimento del grande finanziere George Soros riesce ad arrestare la corsa dell’oro: una corsa apparentemente senza limiti, che sembra non conoscere la parola fine. Tanto che nelle ultime ore si è assistita alla solita scena che si ripropone ormai da settimane: il bene rifugio per eccellenza ha segnato una nuova, ennesima, raffica di record.
L’ultimo massimo assoluto è stato di qualche ora, quando a Hong Kong le quotazioni sono balzate fino a 1.280 dollari l’oncia: i nuovi inarrestabili picchi storici sono stati favoriti dal calo del biglietto verde e dal fondato sospetto che le politiche monetarie delle banche centrali possano accentuare, a fronte di una ripresa anemica, una ulteriore spinta espansiva con effetti depressivi sul valore della valute. In primis sul dollaro, sempre a ridosso dei minimi dei 15 anni sullo yen e schiacciato dall’euro oltre quota 1,31.
Non sorprende dunque che l’oro rialzi la testa: essendo il suo trend inversamente proporzionale a quello della valuta in cui è espresso, è ovvio che una flessione del biglietto verde ne fa salire le quotazioni.
Ma non c’e’ solo questo. Secondo molti analisti a convincere gli investitori a puntare sul metallo prezioso sono anche i timori di una recrudescenza della crisi del debito, oltre che la spinosa questione dell’incerta patrimonializzazione del sistema bancario.
E poi ci sono gli acquisti delle banche centrali, Cina in testa, un paese che assorbe il 39% della produzione globale di oro ma ha appena il 6% delle riserve auree mondiali.
Infine, forse soprattutto, c’e’ il fiume di denaro che si riversa sugli Etf, gli strumenti finanziari quotati nelle borse azionarie che replicano l’andamento dei prezzi dell’oro. Si tratta, in quanto strumento finanziario, di “oro di carta”, che consente al piccolo risparmiatore e al sofisticato investitore di scommettere sul metallo giallo.
L’EtfSpdr Gold Trust, il maggiore Etf del mondo sull’oro, ha segnato nelle ultime ore il nuovo massimo storico: ergo, per comprarne una quota servono 124,77 dollari. In Borsa capitalizza 53 miliardi di dollari (circa 40 miliardi di euro), dunque vale piu’ di Unicredit (38 miliardi di euro). In lingotti il Gold Trust rappresenta 1.294 tonnellate di oro, nei fatti possiede la meta’ della produzione annuale mondiale (2.500 tonnellate nel 2009 secondo i dati Gfms).
Ben il 37% delle quote del Gold Trust e’ in mano agli hedge fund.
I mercati sembrano dunque bocciare quanto detto da Soros, co-fondatore dell’ hedge fund Quantum.
D’altronde c’è un corposo coro di analista che la pensano diversamente dal grande Soros: per esempio, gli esperti di Commerzbank e Goldman Sachs vedono il metallo giallo oltre quota 1.300 dollari. Al momento, l’unica cosa certa e’ il rendimento degli Etf. Dal 2005, anno in cui e’ salita la febbre per questi strumenti finanziari, solo il Gold Trust ha fruttato il 171%.
(Art. in fase di scrittura)