Come da attese, la Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse di riferimento di altri 75 punti base, e ha indicato che continuerà a prevedere rialzi ben oltre il livello attuale. Così si legge nella nota che annuncia il rialzo dei tassi:
“Gli indicatori recenti indicano una crescita modesta della spesa e della produzione. Negli ultimi mesi la crescita dei posti di lavoro è stata robusta e il tasso di disoccupazione è rimasto basso. L’inflazione rimane elevata, a causa degli squilibri della domanda e dell’offerta legati alla pandemia, all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia e a pressioni più ampie sui prezzi. La guerra della Russia contro l’Ucraina sta causando enormi disagi umani ed economici. La guerra e gli eventi correlati stanno creando ulteriori pressioni al rialzo sull’inflazione e pesano sull’attività economica globale. Il comitato è molto attento ai rischi di inflazione”.
Nel tentativo di ridurre l’inflazione, che si trova vicino ai livelli più alti dall’inizio degli anni ’80, la banca centrale americana ha portato il tasso sui fondi federali a un intervallo del 3%-3,25%, il più alto dall’inizio del 2008, oltre che il terzo rialzo consecutivo.
Il Federal Open Market Committee (Fomc) cerca di raggiungere la massima occupazione e un tasso di inflazione del 2% nel lungo periodo. A sostegno di questi obiettivi, ha deciso di innalzare l’intervallo obiettivo per il tasso dei fondi federali al 3-1/4% e prevede che saranno opportuni ulteriori aumenti.
Gli aumenti, iniziati a marzo e partiti da un punto prossimo allo zero, segnano la stretta più aggressiva della Fed da quando, nel 1990, ha iniziato a utilizzare il tasso sui fondi overnight come principale strumento di policy. L’unico termine di paragone è stato il 1994, quando la Fed ha aumentato i tassi di 2,25 punti percentuali, per poi iniziare a tagliarli nel luglio dell’anno successivo.
Le decisione della Fed
Oltre ai massicci aumenti dei tassi, i funzionari della Fed hanno segnalato l’intenzione di continuare a salire fino a quando il livello dei fondi non raggiungerà il “tasso terminale”, o punto finale, del 4,6% nel 2023.
Hanno votato a favore dell’azione di politica monetaria Jerome H. Powell, presidente, John C. Williams, vicepresidente, Michael S. Barr, Michelle W. Bowman, Lael Brainard, James Bullard, Susan M. Collins, Lisa D. Cook, Esther L. George, Philip N. Jefferson, Loretta J. Mester e Christopher J. Waller.
I rialzi si accompagnano anche alla speranza che l’inflazione complessiva scenda al 5,4% quest’anno, e le proiezioni economiche vede poi un calo dell’inflazione fino all’obiettivo della Fed del 2% entro il 2025. L’inflazione di fondo, esclusi i generi alimentari e l’energia, dovrebbe scendere al 4,5% quest’anno, poco distante dall’attuale 4,6%, prima diarrivare al 2,1% entro il 2025.
Le mosse arrivano in un contesto di inflazione ostinatamente alta, che il presidente della Fed Jerome Powell e i suoi colleghi hanno considerato per gran parte dello scorso anno come “transitoria”. I funzionari hanno ceduto a marzo di quest’anno, con un rialzo di un quarto di punto che è stato il primo aumento da quando i tassi sono stati portati a zero nei primi giorni della pandemia di Covid.
Commenti e aspettative degli analisti
I mercati si erano preparati anche a una Fed più aggressiva. Secondo i dati di CME Group, i trader avevano già scontato un rialzo dello 0,75% e avevano persino assegnato una probabilità del 18% di un rialzo di un intero punto percentuale.
Insomma le aspettative degli analisti si sono confermate in pieno. Joachim Fels, global economic advisor di Pimco, aveva spiegato che “dopo l’ennesima sorpresa al rialzo dell’inflazione statunitense Cpi di questa settimana, la Fed sembra destinata a continuare la stretta a questo ritmo la prossima settimana e forse ancora a novembre e dicembre. Il perché i 75 punti base siano la nuova normalità in questa fase del ciclo di inasprimento è ovvio: di fronte a continui e massicci overshoot dell’inflazione, le banche centrali si stanno concentrando fortemente sul mantenimento dell’ancoraggio delle aspettative di inflazione a lungo termine“.
Sulla stessa linea Rossana Brambilla, responsabile multi-asset di Sella sgr, secondo cui l’inflazione Usa di agosto ha consolidato l’ipotesi di un incremento dei tassi in quell’occasione di almeno 75 punti base. “A ruota ci sono poi i timori che questo ritmo serrato di rialzi conduca a un hard landing delle principali economie”.