Il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, si è opposto alla promessa della Banca centrale europea (Bce) di fornire un nuovo sostegno all’indebitamento del sud del blocco, durante una riunione di emergenza il mese scorso. Il piano avrebbe previsto l’acquisto di più obbligazioni da paesi carichi di debiti proprio per russcire a tenere sotto controllo spread e tassi d’interesse. Ma secondo alcune fonti, Nagel non è d’accordo e sostiene invece che l’attenzione della Bce dovrebbe invece essere concentrata sulla lotta all’inflazione elevata. I portavoce della Bce non hanno rilasciato commenti in merito. Posizione diversa per i responsabili politici della Bce intervenuti dopo l’incontro, tra cui il belga Pierre Wunsch e l’olandese Klaas Knot, due importanti falchi politici, hanno sostenuto l’impegno della presidente Christine Lagarde a combattere la frammentazione. L’opposizione di Nagel pertanto non sarebbe un ostacolo insormontabile, ma costituisce il primo disaccordo visibile tra Nagel e Lagarde da quando la prima è entrata in carica a gennaio. Abbiamo chiesto un parere sul tema a Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica all’Università degli Studi di Milano ed editorialista.
Pensa che l’opposizione di Nagel e della Germania possa mettere a repentaglio il sostegno della Bce ai paesi più deboli, come l’Italia?
Non è detto che la Bce, dopo questa prevedibile dichiarazione di Nagel, faccia quanto ha detto lui. I tedeschi si sono sempre opposti a politiche come QE, ristori e sostegni. La Germania ora ha ripreso la sua volontà di dominare l’Europa, dopo essere stata declassata a seguito del rafforzamento della Nato innescato dalla guerra in Ucraina. Il fatto che la Germania si riarmi è una sconfitta dell’ipotesi di esercito europeo. Io mi aspettavo questa decisione. Del resto, il Ministro della finanze Lindner è stato chiaro: i tedeschi vedono le politiche di mutualizzazione del debito come aiuti ai paesi più deboli, non capiscono che sono un aiuto all’Europa nel suo complesso. E’ una storia che si ripete e che ci porterà alla rovina. Così come il fatto che l’economia della Germania dipenda dalla Cina e dalla Russia.
Secondo lei come possiamo uscirne?
Se ne esce con la mutualizzazione del debito, ma finora a livello europeo gli stati sembrano d’accordo solo sulla distruzione dell’industria auto, con lo stop a benzina e diesel nel 2035. Tra 10 anni rischiamo milioni di disoccupati e mancheranno bacini idrici, che non sono stati costruiti, così come non sono stati varati dei provvedimenti per sistemare gli acquedotti.
A mio avviso, bisognerebbe dare più potere al parlamento europeo e imboccare una strada federalista. Non partendo dall’economia, ma dalla politica. La soluzione sarebbe una costituzione federale. Io sogno da sempre una confederazione europea, ma anche quella rischia di diventare un dominio tedesco dell’Europa, visto che la Gran Bretagna è uscita dall’Ue con la Brexit, uccidendo la storica alleanza tra Francia e Gran Bretagna.
Quali prospettive vede per il federalismo europeo?
Ma non vedo nessuna prospettiva. Basti considerare i fallimenti degli incarichi in Germania dell’attuale presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen nei suoi precedenti incarichi di ministra difesa e della famiglia in Germania. Non è meglio di lei Michel.
Cosa ne pensa invece della presidente della Bce, Christine Lagarde?
Di Lagarde apprezzo solo i tailleur: non c’entra nulla con l’economia, è finita lì attraverso l’avvocatura di affari. Finché ci spartiamo incarichi per nazione e non per aree politiche, l’Europa non potrà nascere.