Società

La guerra civile globale

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ROMA (WSI) – L’immagine esposta a fianco mostra la mappa dell’instabilità sociale attuale e delle tensioni interne di ogni singola nazione e, ovviamente, non evidenzia solo i paesi che hanno subito rivolte recenti, ma anche paesi dove sono in corso conflitti etnici, scontri non legati ai movimenti rivoluzionari attuali.

Questa mappa vuole offrire un quadro d’insieme della situazione interna dei paesi. Lo scopo di questo articolo è iniziare il monitoraggio di quella che qui osiamo chiamare “Guerra Civile Globale”.

Chi segue questo blog, sa che da tempo noi sosteniamo come la crisi economica e le tensioni latenti tra i vari paesi e interne ai paesi stessi non possano non portare ad un nuovo conflitto globale. Rimandiamo a questo proposito ai nostri precedenti articoli “Alert Terza Guerra Mondiale” e “Terzo Conflitto Mondiale? Una guerra liquida”.

Molti sostengono che un terzo conflitto è impossibile, perché porterebbe ad una guerra nucleare che annienterebbe il mondo, ma in questo articolo vogliamo sostenere, al contrario, che una guerra mondiale è possibile, perché non sarà come le guerre mondiali del passato, cioè un conflitto con fronti definiti, ma sarà appunto un conflitto liquido con fronti contrapposti nella stessa nazione, come è stata la guerra dell’Afghanistan, ma ancora di più il recente attacco al regime di Gheddafi o la Guerra Civile Siriana.

Ora si sa come la crisi economica sia una delle cause principali delle recenti ribellioni e sommosse popolari, è vogliamo fare una sintesi delle rivolte dal 2011 in poi:

-Guerra Civile Siriana 2011-2013: in corso; vittime tra 70.000 e 100.000
-Rivoluzione Tunisina 2011: transizione; vittime 338
-Guerra Civile Libica 2011: transizione; vittime circa 60.000
-Rivoluzione Egiziana 2011: terminata; vittime circa 1.000
-Golpe Egiziano 2013: in corso; vittime circa 100
-Sommosse in Bahrein 2011-2013: in corso; vittime circa 30
-Sommosse in Giordania 2011-2013: in corso; vittime 3
-Sommosse in Marocco 2011: terminate; vittime 19
-Sommosse in Algeria 2011: in corso; vittime 5
-Sommosse in Iraq 2011: terminate; vittime 35
-Sommosse in Oman 2011: terminate; vittime 6
-Sommosse in Yemen 2011-2013: in corso; vittime 2300-6000
-Sommosse in Albania 2011: terminate; vittime 4
-Sommosse in Iran 2011: terminate; vittime 10
-Sommosse in Turchia 2013: in corso; vittime meno di 10
-Sommosse in Brasile 2013: in corso; vittime meno di 5
-Disordini Londra 2011: terminate; vittime 5
-Rivolte varie in Cina: in corso; vittime tra 100 e imprecisato

Inoltre non possiamo dimenticare il Movimento Occupy Wall Street che ha interessato gli Stati Uniti, le rivolte degli Indignati in Europa, le forti rivolte anti-austerità in Grecia che hanno provocato anche delle vittime, le rivolte contro gli stupri in India, e le più recenti sommosse a Stoccolma, le rivolte in Bulgaria e in Serbia, le manifestazioni dell’opposizione in Russia; senza dimenticare i paesi dove sono ancora in corso conflittualità precedenti a questa recente fase rivoluzionaria, come la guerra in Afghanistan, la guerra in Mali, la guerra religiosa in Nigeria, la guerra civile in Somalia e tanti altri conflitti precedenti al 2011.

Quindi, quello che sosteniamo è come il “contagio” rivoluzionario nato nei paesi arabi si stia estendendo ad altri paesi, come recentemente in Turchia, Brasile, Bulgaria, Serbia, Cina e Svezia.

Sosteniamo a questo punto che il progressivo collasso dell’economia Europea e Occidentale non potrà che portare ad un ulteriore rallentamento delle economie dei paesi emergenti e di conseguenza il “virus rivoluzionario” troverà facilmente spazio per espandersi.

Facciamo quindi un quadro generale su quali potrebbero essere le prossime “primavere”:

MONDO ARABO E ISLAMICO

Nel mondo arabo permane ovviamente la sanguinosa Guerra Civile Siriana e attualmente potrebbe cadere anche l’Egitto in una nuova guerra civile tra islamisti e militari. Nuove rivolte e scontri non sono da escludersi nei paesi rivoluzionati come Tunisia e Libia, che hanno una situazione simile all’Egitto (islamisti al potere, ribellioni continue ed economia in peggioramento). Inoltre anche in Yemen iniziano ad incrementarsi gli scontri e si parla anche di secessione di una parte del paese. Non sono inoltre da escludersi sommosse e rivoluzioni in Marocco, Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Oman e Giordania e quindi una seconda fase della Primavera Araba. Per quanto riguarda la Turchia, anche qui come in Egitto ci sono islamisti al potere e ribellioni continue. Inoltre, l’esercito turco è tradizionalmente laico, quindi se le sommosse aumentassero si potrebbe ripetere lo scenario egiziano. Il caso della Turchia è comunque da non sottovalutare, data l’aggressività del premier turco verso l’esterno, ricordiamoci ad esempio di Cipro e delle tensioni con la vicina Grecia.

ASIA

In Asia la situazione potrebbe apparire più tranquilla, ma l’India rimane un paese molto povero con grande disparità sociale e recentemente ci sono state imponenti sommosse. Se l’economia del paese dovesse rallentare, un’esplosione sociale è assicurata. Inoltre ci sono rivolte e attacchi da parte dei terroristi islamici.

Altri paesi a rischio di improvvise sommosse potrebbero essere la Thailandia, la Birmania dove vige tuttora la dittatura militare e la Corea del Nord (potrebbe essere organizzata una rivolta dall’esterno stile Libia per giustificare un intervento militare).

Una situazione invece potenzialmente gravissima è in Cina dove l’economia è in forte rallentamento. Noi già avevamo avvisato che il regime cinese iniziava a scricchiolare (vedi “La tirannia cinese è in crisi”) e se la situazione dovesse peggiorare in Cina si aprirebbero le porte di una rivoluzione e potenzialmente di una guerra civile. Ricordiamo inoltre le ribellioni secessioniste dei Tibetani e degli Uiguri. La situazione in Cina a nostro avviso è molto pericolosa, il regime continua a chiamarsi comunista ma la disparità tra i milionari che vivono nelle città e le centinaia di milioni di persone che vivono nelle campagne o sfruttate nelle fabbriche è inaccettabile e a tanta ingiustizia potrebbe corrispondere una rivoluzione devastante e sanguinaria.
Da monitorare anche l’Indonesia e la Malesia.

Nell’Asia Centrale potenzialmente pericolosa è anche la situazione di Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan dove gli autocrati al potere subiscono la forte pressione degli gruppi armati islamici e delle opposizioni. Inoltre nel 2014, con il possibile ritiro americano dall’Afghanistan potrebbe aprirsi una nuova stagione di destabilizzazione.

AFRICA

Con la probabile morte di Nelson Mandela anche il Sudafrica, altro paese emergente, potrebbe piombare in una clima di scontri anche di natura etnica. La situazione è fluida e molto pericolosa. Per il resto dell’Africa continuano le ostilità tra Sudan e Sud Sudan, in Somalia continua l’instabilità e nel Sahel continuano gli scontri tra fondamentalisti islamici, cristiani e militari. Con il peggioramento della crisi, tutte queste tensioni aumenteranno.

AMERICA

In Sud America bisogna continuare a monitorare la situazione in Brasile, paese emergente con l’economia in rallentamento e fortissime disparità sociali. Dove come già evidenziato, le sommosse sono già iniziate. Ricordiamo come in Sudamerica i colpi di stato furono frequenti in passato. Anche l’Argentina ha una fortissima instabilità economica. Inoltre possibili rivolte in Bolivia e Venezuela finanziate dagli americani per poter giustificare un intervento esterno.

Da monitorare anche il Messico.

Potenzialmente esplosiva è invece la situazione degli USA, che potrebbero essere catapultati da un momento all’altro in una nuova fase drammatica della crisi. Vogliamo evidenziare come negli States buona parte della popolazione è armata e inoltre sono presenti moltissime bande armate organizzate. Se dovesse iniziare una fase di rivolte violente, il popolo sarebbe già armato. Da ricordare anche alcuni malumori interni ai vertici militari e dei servizi segreti americani e l”incremento delle richieste secessioniste (vedi “Verso gli Stati Divisi d’America”)

RUSSIA

La situazione russa a nostro avviso è molto preoccupante. A breve ci sarà la sentenza nei confronti del capo delle opposizioni russe, il blogger Navalny che rischia il carcere. C’è il forte rischio che in caso di condanna possano riprendere le rivolte. La situazione russa ricorda la Turchia, una democrazia con al potere un presidente autoritario.

EUROPA

In Europa sono possibili due tipologie di esplosione sociale: la rivolta delle periferie popolate da extracomunitari (o di origine extracomunitaria) e islamiche come successo in Francia anni fa, a Londra nel 2011 e recentemente a Stoccolma. Rivolte del genere probabilmente interesseranno più la Francia e paesi del Nord Europa.

Per quanto riguarda i paesi mediterranei invece, ci potrebbe essere un’ ulteriore fase di ribellioni anti austerità più violente di quelle finora verificatesi.

Da monitorare anche l’Ungheria, dove il presidente ha varato leggi autoritarie ed è inviso all’Unione Europea. Da non dimenticare inoltre le probabili future secessioni di Catalogna e Scozia. Per quanto riguarda l’Italia la situazione rimane pericolosa, alla luce della probabile condanna di Berlusconi entro l’autunno, delle velleità rivoluzionarie di Beppe Grillo e della situazione economica disastrosa. A nostro avviso eventuali rivolte in Europa non porteranno a nessun cambio di regime, ma creeranno la giusta instabilità per giustificare interventi esterni dell’Unione Europea a scopo di privarli ulteriormente della propria sovranità.

Quindi, in sostanza, sosteniamo che il contagio rivoluzionario ormai sia in atto e che bisogna solo aspettare il prossimo paese che verrà “contagiato”. I morti di questo inizio di Guerra Civile Globale ammontano dal 2011 a circa 170.000. Ma cosa renderà il conflitto globale?

Il conflitto sarà reso globale quando una rivoluzione inizierà seriamente in un paese importante come gli USA, la Cina o la Russia. Perché se uno di queste tre paesi fosse alle prese con un conflitto interno, salterebbero gli equilibri globali e allora tutto potrebbe succedere.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Hescaton – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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