di Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato Gruppo Alpitour
Tutti coloro che avevano relazioni commerciali con la Cina nell’import export o, come noi, Gruppo Alpitour nel trasporto aereo, con Neos, abbiamo incominciato a capire in gennaio che qualcosa non andava e che la misteriosa malattia che stava affiorando, avrebbe potuto causare grossi problemi.
Furono elaborati i primi piani di emergenza, prevedendo i più oscuri scenari: diminuzione delle vendite, analisi dei costi fissi, flessibilità sugli investimenti e forse, se necessario, anche ricorso alla solidarietà o alla cassa integrazione.
I più conservatori nei comitati e nei CdA pensavano che si trattasse di una semplice influenza e che il problema fosse passeggero; magari avevano ragione ma le vendite e quindi gli incassi cominciarono a crollare. Certo in economia l’incertezza è la peggiore delle minacce.
Tutte le attività si basano su flussi di cassa, pagamenti e incassi. Se la circolazione crolla e si ferma, la mancanza di flussi spegne rapidamente il sistema come è stato pensato o come si è evoluto fino ad oggi. Un effetto molto pericoloso perché la successiva ripartenza potrebbe essere lunga e molto incerta.
La normale, immediata reazione comune è quella di rallentare i pagamenti in assenza di incassi per non morire asfissiati; tuttavia questa strategia può forse salvare chi la mette in pratica ma è mortale per tutti coloro che la subiscono.
Ma quale colpa ha l’impresa che non ha sbagliato nessun investimento, che è ben gestita, che stava crescendo e che ha creato impiego negli ultimi anni?
L’impresa che paga tutti i fornitori e vive 4-5 mesi senza fatturato difficilmente può continuare una attività. Per fortuna ci sono tante eccellenze ma i grandi numeri parlano molto chiaro, poche ce la possono fare.
Alcune multinazionali spagnole chiedono sconti fino al 60% ai fornitori sulle fatture già emesse e sulle forniture del 2020.
Nell’altro senso invece quando sono i più piccoli a chiedere alle grandi imprese fornitrici, a volte magari in semi monopolio, le facilitazioni sono centrate sulla dilazione dei pagamenti, con l’applicazione di un costo finanziario ma senza riduzione effettiva. Siamo nell’ordine del 1-2 % reale.
A questo punto ci si chiede perché i grandi non vogliano condividere questa emergenza con i piccoli. Perché pensino di non poter offrire sconti dettati solo da una storica e contingente situazione? Perché banche, fornitori, società di leasing non capiscono che è meglio rinunciare a qualcosa oggi, per provare a far passare questa crisi invece di mettere a rischio tutto il sistema?
Se prevale questo egoismo, possiamo solo aspettarci tanti fallimenti e la perdita di tanta cultura imprenditoriale con una posta in gioco che aumenterà in forma massiccia.
Non sarebbe meglio valutare ed aiutare chi se lo merita e contribuire a non fermare la macchina?
Chi non propone oggi agevolazioni o sconti si espone a perdite maggiori nel futuro, questo fenomeno dovrebbe essere chiaro ai piani alti delle grandi imprese.
Qualcuno negli ultimi giorni parlava di un intervento pubblico per forzare questi accordi. Io non credo che sia la strada giusta, invece cerco di capire le ragioni di questo atteggiamento.
Nelle multinazionali forse è più facile spiegare ad un CdA che un cliente non paga e quindi che fallisce piuttosto che portare avanti una rinegoziazione sempre opinabile e discutibile.
Esiste una strategia a livello mondiale per la quale si cerca con questo atteggiamento alquanto illogico di mettere in atto una pulizia etnica di tanti piccoli?
Tutto il comparto dell’intermediazione, della distribuzione fisica, del vecchio stile di fare impresa, spesso caratterizzato da bassi margini e limitata capitalizzazione, potrebbe sparire in pochi mesi con gran vantaggio per alcuni.
Se poi uniamo a questa situazione la difficoltà operativa e a volte politica dei governi soprattutto nel sud Europa di aiutare l’impresa , il disastro è completo.
Da un lato la pressione dei grandi e dall’altro la mancanza di aiuti lascia le piccole imprese davanti ad un panorama desolante con effetti incalcolabili sull’impiego e con grandi difficolta di ripartenza.
Solo la speranza di una soluzione scientifica per il virus che arrivi presto e che l’attesa non sia troppo lunga per gli aiuti, possono salvare il salvabile.
Ogni giorno che passa la situazione si complica di più e come in molti processi matematici siamo di fronte a progressi esponenziali e non lineari.