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La maledizione dei PIIGS

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Il contenuto di questo articolo – pubblicato da Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

È da più di una settimana che la questione non era più se la Spagna avrebbe chiesto o no un sostegno per le sue banche. Da tempo questa svolta era inevitabile, ciò che conta per il futuro dell’euro adesso è cosa accadrà dopo che gli altri governi si sono detti pronti ad aiutare.

Più di ogni altro aspetto, i mercati in questi giorni stanno cercando di capire quali saranno le conseguenze per la stessa Spagna e per un altro Paese decisivo per gli equilibri europei: l’Italia.

Non che l’esborso per Madrid sia davvero dietro l’angolo. Il solo Paese ad essere mai stato aiutato per il crollo delle sue banche, l’Irlanda, ha dovuto attraversare molte settimane di stallo fra la resa e la salvezza. Il percorso è sempre lo stesso: prima c’è sempre un governo che nega di avere un problema, quindi garantisce di poterlo gestire da solo e infine – allora Dublino, oggi Madrid – alza bandiera bianca. La richiesta d’aiuto all’Irlanda fu accolta dall’Eurogruppo nel novembre 2010, il primo esborso arrivò solo nella seconda metà di gennaio.

Anche per la Spagna il percorso sulla carta appare lineare, ma è disseminato di trappole. Gli aiuti che si inizieranno a versare il mese prossimo verranno dal nuovo fondo salvataggi permanente in vigore da luglio, l’Esm. Ma l’Esm, come il Fondo monetario, è legalmente un creditore privilegiato: ciò significa che ha diritto a essere rimborsato dei suoi prestiti prima degli altri creditori, i quali dunque da ora in poi corrono un maggiore pericolo di non riavere più il loro capitale investito.

È per questo che i privati potrebbero diventare sempre più riluttanti a finanziare il governo di Madrid. Inoltre, un prestito dell’Esm alla Spagna in queste condizioni può contribuire a far salire il debito pubblico del Paese al 100% del Pil nei prossimi cinque anni, spaventando ancora di più gli investitori privati.

Non c’è banca internazionale che non abbia già fatto proiezioni del genere. È questo insieme di circostanze che spinge molti, nei governi e nel mercato, a sospettare che l’intervento per le banche sia solo il primo dei salvataggi necessari per Madrid. Se tutto fosse stato fatto prima, forse sarebbe stato diverso. Ma ora Janet Henry, capo-economista di Hsbc per l’Europa, pensa che sterilizzare il contagio spagnolo intervenendo solo sulle banche non sia scontato: «La domanda chiave – osserva l’economista inglese – è capire se un pacchetto di sostegno per il settore finanziario sia la fine o solo l’inizio dell’assistenza alla Spagna».

Dopo gli istituti, anche il governo potrebbe aver bisogno di un prestito internazionale tra non molto. La differenza fra le due opzioni è fra un pacchetto di circa cento o di 300 miliardi di euro. E per nessuno altro governo essa conta come per quello italiano, ma non solo perché la mediazione di Vittorio Grilli, Enzo Moavero Milanesi e Mario Monti, è stata preziosa per l’accordo di ieri su Madrid.

C’è anche un altro motivo che tutti hanno presente in questi giorni: l’Italia è ormai il solo Paese in difficoltà a non aver dovuto chiedere un salvataggio. Può continuare a restare tale. Se i tassi iberici si stabilizzeranno dopo la concessione del pacchetto per le banche, anche quelli pagati da Roma possono scendere; nel frattempo, un accordo europeo sul sistema bancario può calmare la situazione. In caso contrario però l’incertezza è altissima e gli occhi sull’Italia si fanno sempre più attenti.

Ieri l’agenzia di rating Moody’s ha sottolineato i rischi di contagio in arrivo dalla Spagna e Citigroup ha prodotto un rapporto sferzante. «Con gli attuali tassi d’interesse di mercato la posizione di bilancio dell’Italia è probabilmente su un percorso di lungo termine insostenibile», si legge nello “Euro Economics Weekly” di Citigroup. A causa della crescita cronicamente assente, «il rapporto fra debito e Pil tende a salire per un periodo prolungato».

Come nell’emergenza di novembre scorso, il premier Monti ha bisogno di spingere al massimo per misure credibili in Europa e in Italia. Lui per primo sa che la prossima ondata dei mercati va anticipata prima che arrivi. Solo i partiti, i sindacati, la pubblica amministrazione e le imprese sussidiate, uniti solo nel frenare, sembrano pensare che la Spagna si bagni in qualche mare lontano da qui.

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