ROMA (WSI) – Dovevano salvare l’Italia. E’ con questo slogan che ogni provvedimento dei cittadini e delle imprese veniva giustificato. Impossibile far altro pena il fallimento del paese. Anzi, ringraziate.
Ma è proprio vero? Certo, molti se la sono bevuta, ma gli italiani sanno come hanno agito negli altri paesi europei ? Nel nord-europa hanno fatto le stesse politiche per salvare i loro paesi e farli crescere?
Ovviamente partiamo dalla Germania. La crisi tedesca inizia negli anni novanta. Tasse elevate, costo del lavoro elevato, disoccupazione elevata, aziende che migrano verso lidi più convenienti. Lo stesso Schumacher (come oggi Depardieu) ebbe a dire nei primi anni 2000 le tasse sono troppo elevate me ne vado in Svizzera. E così fece. La Germania affrontò i problemi con pragmatismo e con una politica opposta a quella operata da Monti e dall’Italia. Tra i principali provvedimenti troviamo la riduzione di 10 punti percentuali (la Merkel ha proposto una ulteriore riduzione di 2 punti) dell’imposizione fiscale, maggior flessibilità dell mercato del lavoro e riduzione del costo del lavoro, di quello che viene definito il cuneo fiscale ( pur essendo nello stesso settore i lavoratori di BMW, Volswagen e Opel hanno contratti di lavoro differenti l’uno dall’altro. Impensabile per i nostri sindacati), hanno ridotto la spesa pubblica inutile e ottimizzato gli interventi pubblici.
Ad esempio, hanno puntato su ricerca e innovazione creando un centro pubblico-privato per la ricerca e l’innovazione che ha funzionato in modo eccellente. In pratica hanno ridato competitività alle aziende e hanno creato le condizioni perchè fosse conveniente fare azienda in Germania e riportare capitali in patria. I risultati li conosciamo. Pil positivo vicino all’1% nel 2012 e una previsione di crescita dello 0,4% nel 2013.
In Svezia, invece, paese simbolo per anni di un socialismo quasi perfetto, hanno dovuto affrontare un debito elevato unito ad una forte disoccupazione e poca competitività del proprio sistema paese. Hanno dovuto intervenire modificando le loro impostazioni. Oggi, le tasse in Svezia sono inferiori a quelle italiane e la spesa pubblica è stata tagliata per un importo pari al 18% del PIL. In Italia il 18% del PIL corrisponde a oltre 300 miliardi di euro. Il paese si è ripreso, ha ridotto la disoccupazione e il debito, nel 2012 il Pil è cresciuto di circa 1,5%.
L’Irlanda paese PIIGS quasi fallito 2 anni or sono ha adottato una politica che ha mantenuto la tassazione al 12,5% in modo da consentire alle imprese di essere competitive e di crescere sui mercati internazionali. Inoltre, ha favorito gli investimenti di capitali provenienti dall’estero. L’Irlanda ha ridotto la spesa pubblica di un importo che in Italia corrisponderebbe ad un taglio di circa 180 miliardi di euro. L’Irlanda nel 2012 ha superato tutte le previsioni indicate dalla troika con un avanzo di bilancio del 10%, una riduzione del rapporto deficit/pil dal 30% all’ 8% e un PIL cresciuto dello 0,9% e nel 2013 previsto ad un + 1,5%. Oggi assicurarsi contro il rischio di fallimento dell’Irlanda (credi default swap) costa meno che assicurarsi contro il rischio di fallimento dell’Italia. Grazie Governo Monti.
L’Inghilterra nel 2009 si è trovata con un rapporto deficit/Pil elevato, un debito pubblico in aumento ed una crisi finanziaria che ha costretto Cameron ad affrontare in modo drastico il problema. Anche l’Inghilterra non ha scelto la strada del professore. Taglio imponente della spesa pubblica, in media del 20% per ogni ministero, licenziamenti programmati di 500.000 dipendenti pubblici. Entro il 2015 il taglio sarà di 100 miliardi di sterline. Cameron, inoltre, ha diminuito le aliquote fiscali fino al 26% con l’obiettivo di raggiungere il 22% nel 2014. Ha stanziato importi da destinare esclusivamente agli investimenti delle imprese affinchè potessero innovare e creare posti di lavoro. I finanziamenti hanno aiutato a superare il problema di accesso al credito e hanno aiutato, anche se lentamente, l’occupazione grazie anche alla aumentata flessibilità del lavoro. Nel 3° trimestre del 2012 il PIL è cresciuto dell’1%. Nel 2013 è previsto un + 1,5% e nel 2014 un + 2%.
L’Olanda è intervenuta sulla spesa pubblica riducendola di ben 35 miliardi dal 2009. Importo importante considerando il PIL del paese.
La Danimarca ha provato la strada dell’aumento delle tasse, ma visto i risultati ha fatto retromarcia. Aveva aumentato l’imposizione fiscale sul tabacco, sui grassi e sugli alcolici. Ha scoperto che dopo questa manovra erano aumentate le vendite, ma diminuite le entrate dello stato. In pratica l’aumento della pressione fiscale aveva provocato evasione, perdita di posti di lavoro e consumatori che acquistavano all’estero. Come volevasi dimostrare. In pratica distruzione di risorse. Il PIL è cresciuto dello 0,9% e nel 2013 le previsioni parlano dell’1,7%.
Tutto questo dimostra che Monti non ha salvato nessuno, anzi ci ha affossato sempre più. E’ strano che la caduta del governo di questo salvatore insostituibile abbia provocato come reazione dei mercati una diminuzione da lui mai ottenuta dello spread e un aumento delle borse europee. Sembrerebbe una liberazione più che una preoccupazione. Il PIL italiano subisce una perdita del 2,4% nel 2012 e nel 2013 si va da una previsione ottimisticamente una perdita dello 0,5% (Jp Morgan) fino ad un -2,5% di Nomura. La media prevede un -1,15%. Grazie Monti.
Per meglio capire ciò che succede basta analizzare i nostri politici e chi guida la politica economica.
Monti, economista per titoli, un politico lobbista nei fatti. Nessun economista degno di nome potrebbe asserire che l’aumento delle tasse in una nazione già martoriata dalle imposte porterà risultati positivi nel futuro. Così come non potrebbe sostenere che aprire un numero maggiore, ma con un limite massimo, di farmacie significhi aver fatto le liberalizzazioni. Già chiamarle liberalizzazioni è un abuso del termine e del concetto. Se poi si vuole sostenere che aumenteranno notevolmente il pil (dell’11 dichiarato da Monti nell’inverno scorso) è da chiedersi con chi si abbia a che fare. Ma se l’unica soluzione ad un paese che ha 800 miliardi di spesa pubblica e che arriva anche al 60% di tassazione è aumentare ancora le tasse, non c’è dubbio, questo personaggio non è un economista; liberale poi, un insulto. Contano i fatti, non le parole e i titoli. Ha scelto come compagni il gota dei politicanti come compagni.
D’altronde, scrive un’agenda in cui si enuncia, ma non si entra mai nel merito, di poca sostanza. Lo stesso Wall Street Journal l’ha bocciata ritenendola insufficiente. Troviamo scritto che le tasse forse, solo se sarà possibile si ridurranno e che la spending review non significa necessariamente ridurre la spesa, ma semplicemente spendere meglio per poi (forse visti i sondaggi) rilasciare interviste nelle quali dichiara che si devono assolutamente ridurre le imposte e tagliare la spesa pubblica. Grande coerenza.
L’economista del PD è Fassina. Deve essere specificato ogni volta perchè altrimenti nessuno percepisce chiaramente le sue qualifiche. Credo che quando parla nemmeno lui capisca perfettamente quello che dice. Penso che l’arretratezza e l’inadeguatezza del suo pensiero si evincano dalla proposta Bersani. Patrimoniale, patrimoniale e ancora patrimoniale (anche se in realta’ il segretario del PD ha appena promesso che ridurra’ tasse ai salari bassi e non imporra’ patrimonialli, NdR). A fronte di tagli di spesa e di sprechi di decine, centinaia di miliardi Bersani afferma che l’imu sulla prima casa non si può tagliare perchè i 3,8 miliardi sarebbero impossibili da recuperarre.
Berlusconi ha dimostrato di essere un grande comunicatore. La sua grinta e la sua determinazione, considerando l’età, di fronte a dei colossi della comunicazione come Santoro e Travaglio sono risultati incredibili. Che dire, grande comunicatore… Peccato che poi ci sia la realtà. E la conosciamo tutti.
Vendola. E’ un giovane vecchio. In senso negativo, ovviamente.
Ricorda il film Austin Power. Anche Vendola deve essere stato ibernato appena uscito dalla famosa scuola di Marx e scongelato in questi anni. E’ completamente anacronistico. Sembra che viva in un altro periodo storico. L’impressione è che per lui l’economia sia un’appendice fastidiosa senza effetti reali nella società. Bisognerebbe farsela togliere. Patetico.
Grillo, un grande animale da palcoscenico, bravissimo nella contestazione e nell’evidenziare le pecche del nostro sistema, ma quando parla di proposte e di politiche economiche è carente e incompetente.
Ci sono anche i magistrati che discettano di economia. La sicumera con la quale Ingroia esprime la sua farneticante idea è incredibile.
Le idee migliori sono sicuramente di Oscar Giannino con il suo Fare per fermare il declino. Non vincerà le elezioni, ma è l’unico che si avvale di economisti (Zingales e Boldrin) di altissimo livello e, soprattutto è l’unico che da quest’estate ha un progetto reale e concreto per diminuire di 100 miliardi la spesa pubblica in 5 anni e per ridurre la tassazione in Italia. In pratica per dare almeno una prospettiva a questo paese.
Purtroppo, i programmi di chi dovrebbe vincere le elezioni, come enunciati, non possono che condurre al disastro. L’unica speranza è che, vista la coalizione poco omogenea, duri poco e faccia pochi danni.
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