New York – E’ stata la notte più tempestosa degli ultimi dieci anni per il Parlamento greco impegnato ad approvare il cruciale pacchetto di misure di austerità. Il governo guidato da Antonis Samaras ne è uscito ferito: dopo la votazione ha perso sette parlamentari. Sono stati espulsi perché non hanno rispettato la linea indicata dal Pasok e da Nea Dimokratia.
Lo strappo nella maggioranza la dice lunga sulla difficoltà di trovare una strada comune. E soprattutto lo si ritrova anche in Spagna e in Italia. La Catalogna è in aperto conflitto con il governo centrale che ha respinto a settembre una proposta di maggiore autonomia fiscale che secondo il governo di Barcellona gli consentirebbe di uscire dalla crisi.
Il 25 novembre potrebbe arrivare la svolta: il presidente Artur Mas, della coalizione nazionalista e conservatrice Convergencia i Unio, ha convocato elezioni anticipate e in caso di vittoria organizzerà un referendum per l’autodeterminazione della regione.
Mentre in Italia è più che mai acceso il dibattito fra i partiti sulla legge che troveranno i cittadini all’appuntamento delle elezioni l’anno prossimo. Il clima di forte contestazione che ha sfilato ieri nelle strade di Atene caratterizzato da scontri violenti è lo stesso che si respira nelle manifestazioni degli Indignados a Madrid e nei cortei di Milano e Roma.
“E ‘un momento critico. Potremmo essere sempre più vicini ai limiti di tolleranza pubblica”, dice Mark Mazower, professore della Columbia University specializzato nella storia delle vicende della Grecia moderna e dei Balcani. “Il punto di non ritorno”, aggiunge, sarà “la completa delegittimazione della classe politica” in Grecia.
Su questo fronte i sondaggi sono impietosi: denunciano che sono in caduta libera le preferenze degli storici partiti che hanno guidato il Paese, colpevoli per la gente comune di aver portato la Grecia nell’attuale situazione di caos.