ROMA (WSI) – Tutto è cominciato in inverno, tra il 2010 e il 2011: le prime proteste in piazza, i primi scontri, i regimi che cominciano a vacillare in Maghreb, nel Vicino e Medio Oriente.
Tutto è cominciato in inverno, ma i media occidentali parlano, con un tono trionfalistico che si rivelerà in seguito alquanto eccessivo, di “Primavera Araba“.
Il Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e il Presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, diramano un comunicato congiunto: “la gente e’ scesa nelle strade di Tunisi, del Cairo, di Bengasi e del mondo arabo e ha inviato una forte segnale di libertà e democrazia”.
In quel turbolento ed esteso angolo di mondo, nelle rivolte si mescolano tradizionali elementi di resistenza civile, come le manifestazioni e gli scioperi; atti estremi, come nel caso dei suicidi; i social network, con Facebook e Twitter che diventano simboli da adoperare contro i regimi oppressivi e strumenti per comunicare al resto del mondo ciò che sta accadendo.
Il primo tiranno a saltare è Ben Alì, a cui a nulla è valso il tentativo estremo di apparire in diretta televisiva il 13 gennaio 2011 per comunicare alla popolazione algerina che avrebbe introdotto la libertà di stampa e lasciato l’incarico nel 2014.
Per il “Times“, l’uomo dell’anno è Mohamed Bouazizi, il fruttivendolo ambulante tunisino che si è dato fuoco il 17 dicembre 2010 davanti a un poliziotto che lo costringeva ad andare via.
Poi è la volta dell’Egitto e di Mubarak, destituito ufficialmente l’11 febbraio 2011. Tuttavia, le proteste non si placano, il potere passa dapprima ad una giunta militare e poi ai “Fratelli Musulmani“, con il Presidente Mohamed Morsi deciso a ristabilire – nei fatti – uno Stato coranico e la magistratura egiziana che parla apertamente di “golpe bianco“.
Muammar Gheddafi viene ucciso a Sirte il 20 ottobre 2011: le umilianti immagini della sua cattura si diffondono su internet e fanno in poco tempo il giro di tutti i principali network mondiali. La rivolta parte da Bengasi e si trasforma da subito in un’autentica guerra civile che richiede l’intervento della Nato per piegare la resistenza dell’esercito fedele al leader libico. All’operazione militare partecipa anche l’Italia, che in un primo momento tiene un atteggiamento controverso e dimostra non poco imbarazzo di fronte alla millantata amicizia tra il Presidente in carica Silvio Berlusconi e Ghedaffi, ricevuto poco tempo prima – in pompa magna – in visita ufficiale a Roma.
La Siria è ancora oggi drammatico teatro di scontri tra i ribelli e le forze vicine al regime di Assad: l’ultimo bilancio dell’Onu parla di 90.000 vittime a partire dall’inizio del conflitto datato 15 marzo 2011.
Nelle settimane in cui gli scontri imperversavano nelle strade di Tripoli uscì un numero della rivista Limes che nel titolo si poneva un interrogativo: “Primavera Araba o Inverno Mediteranneo“?
Un quesito, purtroppo, tremendamente attuale.
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