Società

La rabbia degli indignados contro Wall Street: 700 arresti

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New York – Tranne una ventina di persone ancora da identificare, sono stati rilasciati i 700 ‘indignados’ Made in Usa fermati ieri dalla polizia durante una manifestazione contro le banche e Wall Street. I manifestanti avevano tentato di bloccare il ponte di Brooklyn. Il movimento ‘Occupy Wall Street’, i cui rappresentanti da due settimane sono accampati anche a Manhattan, protesta contro il salvataggio governativo delle banche e l’influenza della finanza sulla politica Usa, ma anche contro l’alto tasso di disoccupazione e i pignoramenti delle case.

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Tamburi, computer, sacchi a pelo e bandiere americane costellano a Zuccotti Park l’accampamento di Occupare Wall Street, il gruppo di manifestanti che si propone di innescare negli Stati Uniti una protesta simile a quelle avvenute in Egitto e Gran Bretagna. «Sono arrivata con i primi, era il 17 settembre – racconta Zubeyda, 19 anni, del New Jersey -. Tutto è iniziato attraverso Twitter e Facebook, con i messaggi di un magazine di sinistra che dicevano “Ci vediamo a Freedom Plaza, porta 10 persone”, e così ho fatto».

Zuccotti Park, fra Broadway e Ground Zero, è stato scelto come sede della protesta «contro l’avidità di Wall Street» – come si legge in uno dei cartelloni all’entrata – perché è molto vicino alla Borsa e al tempo stesso, essendo un parco, consente di rimanervi 24 ore su 24. L’hanno rinominato Liberty Plaza e il comitato che coordina i militanti lo gestisce come un accampamento. Entrando da Broadway ci si trova nello «spazio pubblico» dove Abdullah, 26 anni, di New York, è uno dei suonatori di tamburi. «Barack Obama è come Hosni Mubarak e se ne deve andare pure lui – dice con rabbia -. Per chi è povero e di colore come me questo presidente è un traditore, anziché proteggere noi tutela i banchieri, se siamo qui è perché vogliamo un vero cambiamento».

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Lasciandosi alle spalle i tamburi si arriva nella «zone dei media» dove su panchine di pietra e tavolini di legno i militanti dotati di computer sono al lavoro: sfruttano i social network per organizzare le marce che si svolgono ogni giorno, alle 12 e alle 17,30. Quella di sabato aveva raccolto oltre tremila persone e la scelta del comitato è stata di puntare sul Ponte di Brooklyn al grido di «Take the Bridge» (Prendiamo il Ponte). Ne sono scaturiti oltre 700 arresti. A raccontare com’è andata è Matt Brady, 24 anni, di Dover in Delaware, che c’era: «La polizia ci ha detto che potevamo andare, arrivati all’entrata del Ponte eravamo troppi per camminare solo sulle corsie pedonali, siamo andati avanti anche su quelle stradali e dopo poche centinaia di metri ci siamo trovati un muro di agenti davanti e un altro alle spalle. Ci hanno arrestati in massa».

Brady e Nicholas Moers, 21 anni, del New Jersey, hanno ancora i segni delle manette ai polsi e concordano nel dire che «è stata una trappola, volevano punirci e ci sono riusciti». Ma entrambi, reduci da un fermo durato fino alle 3 del mattino, assicurano che «non ci hanno piegato e marceremo ancora». Ogni fermato dovrà pagare 300 dollari di multa perché, spiega il portavoce della polizia Paul Browne, «li avevamo avvertiti che non dovevano invadere le corsie ma lo hanno fatto lo stesso».

Ci sono stati tafferugli e il vice-ispettore Anthony Bologna ha usato lo spray accecante, un video lo ha ripreso ed è finito sotto inchiesta. Il capo della polizia, Raymon Kelly, assicura che «se ha agito in maniera impropria sarà punito». Il Dipartimento di polizia circonda Zuccotti Park con un assedio leggero: gli agenti ci sono ma restano a distanza. Il suono dei tamburi non cessa mai ma l’angolo più visitato è là dove sono stesi sul selciato i cartelli che descrivono la protesta. Invitano a «Fire the Boss» (Licenziare il capo), assicurano che «One Day Everything Will Be Different» (Un giorno tutto sarà diverso), invocano «Destroy Power Not People» (Distruggi il potere, non la gente) e gridano «Tired of Capitalism» (Stanchi del Capitalismo) riassumendo quando sta arrivando con «Wall Street is Nero and Rome is Burning» (Wall Street è Nerone e Roma sta bruciando).

La sorpresa arriva quando, passando attraverso la zona cucine, dove caffè, muffin e sandwich vengono offerti da volontari, si arriva nel dormitorio disseminato di sacchi a pelo. È qui che i singoli espongono le proprie insegne e ci si accorge che la matrice di sinistra non è l’unica. Se infatti lo stemma del Partito socialista d’America campeggia in bella vista, altrettanto vale per i cappelli a tricorno e le bandiere del Tea Party, o per le insegne dei militanti libertari di Ron Paul, candidato repubblicano alla Casa Bianca. «Questo non è un partito politico – spiega Ignadi, 24 anni, seduto su un muretto con gli occhiali scuri e il berretto calato sulla fronte – perché sono presenti gruppi diversi, uniti solo dalla volontà di combattere la corruzione. Come mi ha detto un ex marine che ha dormito vicino a me, siamo qui per servire l’America».

I manifestanti pubblicano un giornale, «The Occupied Wall Street Journal» che in prima pagina proclama «La rivoluzione inizia a casa» e in ultima pubblica i cinque comandamenti della rivolta: Occupare, Passare parola, Donare, Seguire online l’occupazione, Istruirsi. I richiami alle altre proteste nel mondo sono costanti. Per Abdullah: «Dopo la Tunisia e l’Egitto abbiamo capito che toccava a noi ma il modello è Londra perché anche qui siamo pronti a batterci».

C’è un problema in vista e Matt lo riassume così: «Stanno per arrivare l’inverno e la neve, ci servono coperte e tende più resistenti, il comitato le sta cercando». Sempre ammesso che il proprietario di Zuccotti Park, una importante società immobiliare di Manhattan, non decida di chiedere agli agenti di sgombrare il parco mandando tutti a casa.

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