ROMA (WSI) – Per tutto il pomeriggio di ieri è girata voce che Angelino Alfano potesse tornare a varcare il portone di palazzo Grazioli per un nuovo confronto. Per tutto il pomeriggio si è attesa una nota “di fuoco” di Silvio Berlusconi che però alla fine non è arrivata.
Non è arrivata, è vero, ma questo non vuol dire affatto che il Cavaliere non sia su tutte le furie. La decisione della Giunta del regolamento del Senato di optare per il voto palese quando si tratterà di votare sulla sua decadenza è la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sua ira.
Ce l’ha un po’ con tutti: con il Pd che – dice – dimostra una volta di più di non vedere l’ora di eliminarlo dalla scena politica anche a costo di “stravolgere” norme e regolamenti che fino a ora sono valsi per chiunque non si chiamasse Silvio Berlusconi. Ce l’ha con il presidente della Repubblica reo – a suo avviso – di non aver tenuto fede a quella promessa di pacificazione siglata insieme alla nascita del governo. Ce l’ha anche con la pattuglia ministeriale del Pdl.
Salta infatti, il pranzo che era in programma con gli esponenti azzurri dell’esecutivo. Già prima che arrivasse la decisione della Giunta, il Cavaliere – che pure aveva avanzato l’invito – aveva disdetto l’appuntamento: “A questo punto – avrebbe argomentato – non vedo più cosa dovrei dirgli”.
E il punto è quello che gli ha illustrato Angelino Alfano: nessuna intenzione di dimettersi dal governo neanche quando i “carnefici” del Pd avranno votato a favore della decadenza. Insopportabile per il Cavaliere: non tanto per l’atteggiamento degli altri ministri – che ormai dà per persi e senza nemmeno troppi rimpianti – ma per la posizione dell’ex delfino.
Il colloquio tra i due, infatti, non sarebbe andato bene e Alfano pare abbia ribadito che se l’ex premier decidesse di aprire la crisi al Senato si ritroverebbe una pattuglia pronta a staccarsi per tenere in vita l’esecutivo.
Si è fatta attendere, d’altra parte, la sua nota di solidarietà al Cavaliere, firmata non a caso in qualità di vicepremier. Alfano parla apertamente di un “sopruso” da parte di Pd, M5S e Scelta civica ma rinvia tutto a una dura “battaglia parlamentare”.
Nessun cenno a eventuali conseguenze per il governo. Parole che non avrebbero fatto altro che accrescere l’irritazione del Cavaliere. La strategia delle colombe – viene spiegato – è infatti quella di rinviare fino a che sarà possibile il voto dell’Aula appellandosi a norme di regolamento e costituzionali violate in caso di votazione palese.
A palazzo Grazioli, per dirla con un fedelissimo, “tira una brutta aria”. E tuttavia Berlusconi avrebbe comunque deciso di attendere il voto della decadenza prima dello showdown: e questo – viene spiegato – non soltanto perchè ha bisogno di un po’ più di tempo per “riconquistare” i senatori che rischiano di essere persi, ma anche perché è convinto che la mozione degli affetti, ossia battere il taso della “tragedia” della sua decadenza, possa ancora incidere nelle scelte di qualcuno.
Saltato il pranzo con i ministri e il nuovo faccia a faccia con il vicepremier , comunque, nella residenza romana del Cavaliere è stato tutto un via vai di falchi: Bondi e Verdini in primis, mentre in serata è arrivato il capo dei lealisti Raffaele Fitto.
Tra le due anime del Pdl-Fi, sempre più lontane, è guerra di numeri: da una parte si continuano a raccogliere le adesioni sotto il documento varato dall’ufficio di presidenza. Dall’altra, invece, girano invece bozze filo-governative. Il testo definitivo in realtà – viene spiegato – sarebbe ancora in un cassetto pronto a essere tirato fuori al momento opportuno: nel giorno del Consiglio nazionale. A meno che prima non arrivi la decadenza. (TMNEWS)