Bene la settimana corta, ma solo a stipendio invariato. Queste le preferenze degli italiani secondo la ricerca “Global workforce of the future” di The Adecco Group. Un risultato rafforzato da un’ulteriore indagine che l’azienda ha svolto sui suoi canali social, che ha coinvolto più di 2 mila persone. Secondo lo studio, il 70% dei lavoratori è interessato alla settimana corta, vista come uno strumento per migliorare il benessere mentale dei lavoratori senza alcun impatto sulla produttività. Tuttavia, ben il 66% di chi dichiara interesse verso la settimana lavorativa breve evidenzia che sarebbe disponibile solo a parità di salario e solo il 10% accetterebbe con una decurtazione dello stipendio.
Il 18% degli intervistati invece, sarebbe disponibile a lavorare un’ora in più gli altri giorni per avere la settimana breve. Tutto questo, in un quadro in cui il 61% dei dipendenti ritiene che il proprio stipendio non sia sufficiente per affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione.
I contrari
Non mancano però i detrattori della settimana corta, secondo cui il 33% degli italiani sospetta che la settimana corta comporterebbe una diminuzione dello stipendio; il 27% teme che causerebbe un serio aumento del carico di lavoro, arrivando comunque a dover lavorare fino a tarda sera o nel giorno libero; il 23% pensa che porterebbe ad un maggior carico di stress negli altri giorni lavorativi; il 17% crede che potrebbe essere dannosa per l’avanzamento di carriera. Andrea Malacrida, country manager di The Adecco Group Italia, ha commentato:
“Il mondo del lavoro è in rapida evoluzione e stiamo vivendo oggi un vero e proprio cambiamento del paradigma culturale. Se l’idea della settimana lavorativa di 4 giorni, per quanto affascinante, può dimostrarsi un progetto di difficile applicazione, risulta comunque evidente la sua assoluta rilevanza nel dibattito contemporaneo. Questo perché sta evolvendo il modo in cui si percepisce il lavoro e, sempre di più, i dipendenti sono attenti al bilanciamento con la vita privata. In un mercato del lavoro molto dinamico come quello che vediamo oggi, diventa perciò centrale per le aziende sviluppare politiche che mettano al centro la flessibilità, anche con lo scopo di attrarre e trattenere i talenti”.
Riccarda Zezza, ceo e fondatrice di Lifeed, aggiunge:
“La domanda che ci dobbiamo porre è se davvero la settimana corta è in linea le nuove esigenze di vita, perché il tema non è passare dallo smart working a questa nuova forma organizzativa ma attuare cambiamenti che sono in grado di migliorare davvero la vita delle persone. La dicotomia vita-lavoro è nei fatti superata e prenderne coscienza vuol dire strutturare aziende più efficienti, lavoratori più soddisfatti. Credo che smart working e settimana corta che spesso vengono considerate antitetiche possano essere positive per imprese e dipendenti, ancor di più se concepite assieme e non ad esclusione l’una dell’altra. Il lavoro flessibile deve potersi esprimere in molti modi diversi.
Va apprezzata la spinta al cambiamento di alcune aziende che anche in Italia provano ad introdurre la settimana corta. Con la pandemia e forse ancora più nel periodo successivo, abbiamo visto il lavoro trasformarsi e adattarsi a quello che stavamo vivendo. I lavoratori hanno scoperto un modo più congeniale di coniugare l’impegno professionale con la loro vita quotidiana. Anche se sembra che ora ci sia la tendenza a ripristinare una situazione lavorativa simile a quella che abbiamo vissuto fino a tre anni fa, dobbiamo provare a seguire l’onda del cambiamento, in altri paesi Europei hanno già fatto questo passo radicale
Non dobbiamo nuovamente essere chiamati a scegliere fra lavorare o vivere, in maniera alternativa. Siamo cambiati, il mondo è cambiato, è giusto che anche il lavoro cambi.”
Le sperimentazioni di settimana corta
Attualmente la settimana corta vige in alcune aziende italiane. In Toyota Material Handling i lavoratori effettuano turni di sette ore, pagati come se fossero otto. La società ha sede nel bolognese e ha sottoscritto un accordo di secondo livello, cercando di coniugare l’aumento di produzione con l’uso dello stesso stabilimento aziendale.
Da gennaio 2023, invece,Intesa Sanpaoloha proposto ai propri lavoratori di lavorare quattro giorni la settimana a parità di retribuzione. L’adesione è su base volontaria. Questa opzione può essere fatta di settimana in settimane e deve essere concordata con il proprio responsabile.
Awin Italia dal 1° gennaio 2021 applica una policy aziendale che prevede una giornata libera o due mezze giornate libere a settimana. Questa opportunità si affianca al lavoro agile e ha permesso alla divisione italiana di chiudere a luglio e ad agosto, perché tutti i dipendenti lavoravano da casa.
Ricordiamo infine che il governo Meloni sembra intenzionato a valutare l’idea della settimana corta, cercando di coinvolgere sia le imprese che i sindacati. Il ministro Urso, in un’intervista a “La Stampa”, lo scorso marzo si è detto disponibile a riflettere sulla proposta della Cgil di settimana corta a parità di stipendio, partendo dalle condizioni del paese e valutando gli eventuali punti di forza e di debolezza.