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“La Stangata” a Roma, altri nomi. Spunta la P3 con Verdini e Carboni

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La truffa del Madoff dei Parioli n.1 (WSI ha scoperto che nella Capitale c’e’ anche un secondo caso) e’ saltata fuori quando tra le vittime di Giampy e’ finito il clan della ‘ndrangheta dei Piromalli: «O ci ridai i nostri soldi, oppure ammazziamo te e la tua famiglia». Tanta è stata la paura che lo stesso truffatore ha sporto denuncia ai carabinieri per estorsione. E poi il castello di carte e’ crollato. Si allunga la lista dei nomi: eccoli.

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(Federica Angeli – Francesco Viviano) – Tutto è cominciato così. O forse sarebbe più giusto dire: tutto è finito così. Dipende dalla prospettiva dalla quale si osserva il tracollo della colossale stangata «made in Parioli».

Un anno fa il Madoff dei Parioli, Gianfranco Lande, dopo aver raggirato mille e duecento clienti, sicuro ormai di riuscire a farla franca, ha alzato il tiro. Un passo più lungo della gamba che lo ha portato dritto nel mirino della Finanza e gli ha fatto rischiare la pelle. È successo infatti che il re della truffa ha accettato di investire, sempre alla sua maniera, 14 milioni di euro appartenenti al clan indranghetista dei Piromalli.

A lui quei soldi sono stati consegnati da due imprenditori di Forlì: il commercialista Matteo Cosmi, peraltro implicato nella loggia P3 come mediatore d´affari di Flavio Carboni, e il broker Giuseppe Giuliani Ricci. Ma il messaggio era stato chiaro: trattasi di soldi “speciali”. Ma il trattamento riservato al clan della indrangheta non è stato diverso da quello usato per tutti gli altri. Così Lande si è ritrovato nei guai.

Due affiliati del clan sono entrati all´improvviso nel suo ufficio di via Bocca di Leone e senza mezzi termini, di fronte al cugino dell´onorevole Guzzanti (pure lui tra le vittime del raggiro), il signor Sandro Balducci, è stato minacciato di morte. «O ci ridai i nostri soldi, oppure ammazziamo te e la tua famiglia». Tanta è stata la paura che otto dei 14 milioni sono stati immediatamente riconsegnati. Poi ha sporto una denuncia ai carabinieri per estorsione.

Se da una parte la denuncia lo ha salvato da una morte annunciata, dall´altra ha aperto una crepa nella macchina ruba-soldi. Gli uomini del nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza hanno infatti cominciato a tenere d´occhio i movimenti di denaro di Lande & co.

Ma questo il re del raggiro pariolino deve averlo intuito. Tanto che, qualche mese dopo la denuncia per estorsione, ha incaricato un suo stretto collaboratore, marito della sua segretaria personale, di andare a recuperare tutto il carteggio nel suo ufficio in Belgio con liste di nominativi, documenti sui giri parabolici che il denaro consegnato dalle vittime aveva fatto e atti di compravendita.

Il collaboratore ha noleggiato un furgoncino, incartato tutto e procurato al boss della truffa un appartamento a Roma in cui nascondere quelle carte. Ma il giochino ormai era alla frutta. In procura hanno cominciato a presentarsi alcune delle vittime che denunciavano di non aver più rivisto i soldi investiti e consegnati a Lande.

Il Madoff romano è così finito in carcere, seguito dai suoi quattro complici. E il suo fidato collaboratore ha deciso di collaborare con la giustizia e, prima di finire anche lui nei guai, ha consegna alla finanza le chiavi dell´appartamento. Ed è da lì che sono uscite nuove importanti carte: una lista con 500 nomi, tra vittime “non scudate” e riciclatori, e il tesoro di Lande. Appartamenti ai Parioli, case acquistate nel quartiere Mayfair di Londra, una barca di 18 metri e multiproprietà a Cortina. Così investiva i soldi delle sue vittime (di Federica Angeli, La Repubblica)

E NELLA LISTA DEI CLIENTI SPUNTANO NUOVI NOMI

Spuntano nuovi nomi, nuove vittime di uno dei raggiri più colossali che la capitale ricordi. La lista dei truffati sembra essere infinita e il lavoro del nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza romana è gigantesco. L´ingranaggio mangia-soldi costruito ad arte dal finto broker Gianfranco Landi e dai suoi soci Roberto Torregiani, Giampiero Castellacci di Villanova, Andrea e Raffaella Raspi, tutti detenuti nel carcere di Regina Coeli, ha trascinato dentro una valanga di clienti.

Non solo personaggi del mondo dello spettacolo, calciatori, imprenditori e aristocratici di Roma che, “grazie” al passaparola sono cascati nella rete del Madoff dei Parioli. Non solo dunque gli ormai noti vip, dall´artista Guzzanti all´ex calciatore della Roma Desideri, dal doppiatore Claudio Sorrentino alla soubrette Samantha De Grenet, dal cantautore David Riondino ai registi e produttori Vanzina, sia Carlo che Enrico.

Nella lunga lista dei 1.200 ci sono cascati anche “piccoli” investitori che hanno affidato i lori risparmi nella speranza che gli investimenti all´estero e la promessa di facili guadagni, con interessi fino al venti per cento, potessero dar loro una svolta. Così ecco che, accanto ai nomi dei vip, spuntano anche altri cognomi meno noti. Eccone alcuni.

Giorgio e Maria Antonietta Flores D´arcais, Guido Guidi, Anna, Stella e Vera Blanc; Maria Concetta Paternò del Grado; Teresa Sarli; Stefano Salvini; Fabio e Patrizia Magliocchetti; Velia Tortora; Caterina Vernacchia; Cristina Trinca; Simone Teofilatto; Paolo Starmieri; Sabotino e Gianni Papandrea; Pasquale Sacco; Franco Maggiulli; Chiara e Rita Mazza; Demetrio Tallarico; Roberto Gafo; Antonello Grossi; Antonio Pietro e Salvatore Leone; Nora Martinelli; Alessandro Montanari; Vladimiro Tabocchini; Valerio e Livia Moretti; Maria Pia Paolantoni; Gianfranco Serraino Fiori Saverati; Giuseppina Vitale; Maria Grazie Zigame.

La lista è ancora molto lunga e capire quante di queste persone, più o meno note, fossero davvero all´oscuro di tutta la magagna è il compito che, per diverse settimane, terrà impegnati gli uomini del nucleo valutario della finanza romana.

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Yacht e ville a Cortina e Londra. Scoperto il tesoro del Madoff dei Parioli

Nella truffa finanziaria ai vip da 300 milioni, ora spunta la P3. Un migliaio le vittime. Tra le proprietà anche appartamenti nella capitale inglese: le minacce della ‘ndrangheta

di FEDERICA ANGELI E FRANCESCO VIVIANO (La Repubblica)

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Multiproprietà a Cortina, appartamenti nel quartiere londinese Mayfair, una barca di 18 metri, almeno una decina di case di lusso nel quartiere Parioli a Roma. È solo una parte del tesoro di Gianfranco Lande, il finto broker, mente del raggiro da 300 milioni di euro in cui sono finiti oltre mille persone tra attori, calciatori, politici e imprenditori. Un tesoro costruito usando proprio i soldi che gli investitori credevano al sicuro in banche alle Bahamas, Belgio e Inghilterra.

Il denaro avrebbe dovuto lievitare grazie a interessi fino al 20 per cento: in realtà è stato utilizzato per acquistare appartamenti di lusso, barche e multiproprietà in cui Lande&c. (in carcere sono finiti altri suoi quattro soci: Roberto Torregiani, Giampiero Castellacci di Villanova, Andrea e Raffaella Raspi), in questi venti anni, hanno abitato e grazie ai quali si sono arricchiti.

Ma c’è di più. Gianfranco Lande non si è preso gioco solo di artisti come Sabrina Guzzanti, Claudio Sorrentino e David Riondino, calciatori come Stefano Desideri e Giovanni Stroppa, ma anche dei fratelli Vanzina e del cantante Massimo Ranieri, o di Francesca De Cecco, sorella del “re della pasta”. Il Madoff dei Parioli ha alzato il tiro e, dopo i legami con clan della ‘ndrangheta Piromalli, ora nell’inchiesta portata avanti dagli uomini del nucleo valutario della Finanza romana spunta anche la P3.

Un intreccio di personaggi emerso grazie al sequestro di un carteggio segreto consegnato nelle mani della procura da un collaboratore di Lande. Tra questi personaggi c’è Matteo Cosmi, commercialista di Forlì, che il 21 ottobre del 2009 venne intercettato mentre conversava con Flavio Carboni per un investimento di 4 milioni di euro poi transitati sulla banca di Denis Verdini. Da quell’inchiesta emerse che i tre erano preoccupati dell’affare e temevano di essere in pericolo per le indagini della procura di Roma sulla P3.

P3 a parte, sono molti i capitoli di questa storia ancora tutta da scrivere. Un anno fa alcune persone del clan Piromalli si sono rivolte ai mediatori d’affari di Carboni, Matteo Cosmi e a Giuseppe Giuliani Ricci, broker anche lui di Forlì, consegnando loro 14 milioni di euro per un buon investimento. I due hanno consegnato quei soldi a Lande che ha commesso l’errore di trattare quell’investimento come tutti gli altri. Ovvero promesse di facili guadagni e poi soldi inghiottiti e spariti chissà dove. Ma truffare le cosche è stato il primo passo falso di Lande.

Due affiliati del clan si sono presentati a reclamare quel denaro nel quartier generale della società Egp – un palazzone della centralissima via Bocca di Leone – e una volta nell’ufficio di Lande, in cui era presente anche Sandro Balducci, cugino dell’onorevole Guzzanti, pure lui vittima del raggiro, non sono andati tanto per il sottile. “O ci ridai subito i nostri soldi oppure ammazziamo prima te, poi tuo figlio e tua moglie”. Messaggio ricevuto. Tanto che Lande riconsegnò subito parte del denaro (circa otto milioni di euro) e per tutelarsi sporse denuncia per estorsione nei confronti dei Piromalli. Un autogol che, se da una parte lo salvò da una minaccia di morte, dall’altra insospettì gli investigatori che su quell’estorsione cominciarono a indagare e a scavare negli affari del finto broker.

Per i cinque indagati all’accusa di truffa per cui sono ora in carcere si potrebbe quindi aggiungere, alla luce delle nuove carte sequestrate, il riciclaggio di denaro di provenienza illecita. La procura di Roma è pronta a chiedere le rogatorie all’estero per capire che fine ha fatto il denaro.

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Truffa Parioli, indagato faccendiere P3 consegnò 14 milioni al broker

di Valentina Errante – Il Messaggero

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ROMA – E adesso salta fuori anche il nome di Matteo Cosmi, il mediatore finanziario da Forlì che trovava i soldi per Flavio Carboni nell’affare eolico e faceva anche il broker per conto di Paolo e Giuseppe Piromalli nella mega truffa dei Parioli. Il pm Luca Tescaroli ha iscritto il nome di Cosmi sul registro degli indagati con l’ipotesi di riciclaggio. Cosmi è l’uomo che per il gip di Roma Giovanni De Donato il 21 ottobre di due anni fa partecipava a un incontro in casa di Denis Verdini insieme a Carboni.

Sono tante le sue conversazioni agli atti dell’inchiesta sulla P3. Parlava di soldi al telefono, il mediatore finanziario e di investitori da coinvolgere nell’affare eolico e prendeva accordi con Carboni anche per incontrare il senatore Marcello Dell’Utri. A Gianfranco Lande il dominus della truffa ai Parioli, quella che vede tra le vittime cantanti, attori, showgirl e professionisti, Cosmi avrebbe consegnato 14 milioni di euro di Paolo e Giuseppe Piromalli, calabresi, mai però coinvolti nelle inchieste sulla ’ndrangheta. Ma il cognome è pesante, quasi quanto quei 14 milioni e la procura vuole vederci chiaro. Così lo stesso reato è stato ipotizzato anche per un altro professionista, il commercialista emiliano Giuseppe Giuliano Ricci, che insieme a Cosmi avrebbe avuto un ruolo di mediatore tra Lande e i Piromalli.

Il procuratore aggiunto Nello Rossi e il pm Tescaroli adesso vogliono stabilire da dove arrivassero quei soldi e dove siano finiti, perché Lande dei 14 milioni da far fruttare ne ha restituiti ai suoi illustri clienti soltanto sei. Tanto che i due fratelli calabresi avevano deciso di scavalcare broker e commercialista, presentandosi di persona negli uffici del Madoff dei Parioli, nel cuore di Roma. E dopo qualche minaccia velata, ma non troppo garbata all’indirizzo del figlio di Lande, sono finiti in manette per estorsione. Processati per direttissima sono tornati in libertà il giorno successivo. Ma adesso, a parte quel processo per estorsione, che fino a ieri sembrava irrilevante e a adesso ha assunto tutt’altro peso, sui Piromalli sono partite gli accertamenti patrimoniali.

Intanto le indagini vanno avanti. Gli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza, guidati dal colonnello Leandro Cuzzocrea, stanno esaminado la montagna di documenti trovata in un magazzino. E’ stato un ex dipendente di Lande a presentarsi in procura e a raccontare che qualche mese fa un camion zeppo di carte era arrivato dal Belgio.

Scatole depositate in una specie di garage. Il blitz è avvenuto subito dopo la testimonianza. E tra quei documenti la finanza ha anche trovato la lista degli altri 500 clienti di Lande, quelli che non avevano alcuna intenzione di aderire allo scudo fiscale e fare rientrare il denaro investito all’estero. Nomi che si sono aggiunti agli altri 700 già noti agli inquirenti. Ma non c’era solo l’elenco. Nelle scatole nascoste nel magazzino e arrivate dal Belgio in tutta fretta, quando l’inchiesta era già partita, c’erano anche molti altri documenti relativi alle operazioni finanziarie e agli investimenti di Lande. Ed è attraverso quelle carte che adesso la procura spera di poter ritrovare il denaro. I 300 milioni di euro affidati da risparmiatori più o meno noti a Lande, investiti nei paradisi fiscali e adesso scomparsi.

E mentre in procura continuano ad arrivare denunce, all’inizio dei mille e 200 truffati solo 36 avevano presentato esposti, il pm Tescaroli ha deciso anche di tentare la strada della rogatoria internazionale. Nei prossimi giorni, la richiesta per le Bahamas, sarà presentata al ministero della Giustizia.

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