Economia

La tassa sugli extraprofitti fa crollare le banche in borsa

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È una mossa a sorpresa quella del Governo Meloni, che ha introdotto una tassa del 40% sugli extraprofitti delle banche all’interno del Decreto Omnibus, l’ultimo provvedimento approvato dopo la pausa estiva.

L’obiettivo della nuova tassa è aiutare le famiglie alle prese con l’aumento delle rate dei mutui a tasso variabile, finanziare il taglio delle tasse e del cuneo fiscale, portando un gettito di 2-3 miliardi di euro. Il vicepremier e ministro delle infrastrutture Matteo Salvini ha definito la misura “una norma di equità sociale”.

Secondo le stime di Bank of America, il costo di questa tassa ridurrebbe gli utili delle banche tra il 2% e il 9%. Ma cosa sono gli extraprofitti? E da dove arrivano quelli delle banche?

Cosa sono gli extraprofitti

L’extraprofitto o sovraprofitto indica un guadagno superiore rispetto al profitto normalmente conseguito.

Spesso l’extraprofitto deriva più da situazioni di mercato favorevoli che da meriti dell’imprenditore e può considerarsi un fenomeno di quasi rendita.

Perché le banche li hanno accumulati

Un’analisi di Dbrs- Morningstar rileva che le 5 maggiori banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper) hanno accumulato nel primo trimestre 2023 5,7 miliardi di euro di utili netti: +60% anno su anno, escludendo gli accantonamenti per la Russia e l’avviamento negativo derivante dall’acquisizione di Banca Carige da parte di Bper nel secondo trimestre del 2022. A mettere le ali ai profitti delle banche sono stati i continui rialzi dei tassi da parte della Bce, impegnata nella lotta contro l’inflazione.

Tuttavia, il rapporto di Dbrs- Morningstar avverte che il margine d’interesse netto (Nii) è vicino al picco, alla luce della previsione di rallentamento della politica monetaria restrittiva della Bce, nonché di una potenziale compressione dei margini di profitto nel tentativo delle banche di mantenere le quote di mercato, la riduzione dei volumi di nuovi prestiti, e l’imminente rimozione del contributo della riserva obbligatoria detenuta presso la Banca centrale.

Come funziona la tassa sugli extraprofitti

Secondo la bozza del provvedimento, la tassa sugli extraprofitti, istituita per quest’anno, sarà determinata applicando un’aliquota del 40% al maggior valore tra:

  • l’ammontare del margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 che eccede per almeno il 5% (era del 3% della bozza) il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022;
  • l’ammontare del margine di interesse di cui alla voce 30 del conto economico, redatto secondo gli schemi approvati dalla Banca d’Italia, relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10% (era del 6% nella bozza) il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.

L’imposta non potrà superare il 25% del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio 2022. La tassa non sarà deducibile da quelle sui redditi e dall’Irap, dovrà essere versata entro il 30 giugno 2024 e non potrà superare il 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2023.

La reazione dei mercati

La nuova tassa ovviamente non è piaciuta agli istituti di credito. Che hanno aperto in forte calo a Piazza Affari: il Ftse Italia All-Share Banks ha perso oltre il 7% a mezz’ora dall’avvio delle contrattazioni, con i ribassi maggiori registrati da Banca MpsBperIntesa Sanpaolo, Banca Popolare di SondrioCredem e Banco Bpm. Al momento della redazione di questo articolo, le banche sono ancora tutte in territorio ampiamente negativo:

  • Credem: -6,36%;
  • Banco Bpm: -6,34%;
  • Bper Banca: -7,21%;
  • Banca Popolare di Sondrio: -4,93%;
  • Intesa Sanpaolo: -6,97%;
  • Banca Mps: -6,06%.

L’attenzione del mercato rimane sui dividendi, che saranno probabilmente influenzati negativamente dall’annuncio, giustificando il crollo in borsa dei bancari di questa mattina.

È interessante notare che anche banche francesi e tedesche stanno reagendo male, come la francese Credit Agricole e la tedesca Commerzbank). Per Giorgio Broggi, analista quantitativo di Moneyfarm, il crollo delle banche in Italia ed Europa è la cartina tornasole della “preoccupazione che misure simili possano essere implementate in altre economie europee (come ha già fatto anche la Spagna). In altre parole, non è solo una questione italiana, e sicuramente le banche nel Regno Unito e altrove nell’Ue sono attente a valutarne gli sviluppi all’interno dei propri confini“.

In Gran Bretagna, la Financial Conduct Authority (la Consob britannica) ha analizzato i tassi sui depositi di liquidità ha già stilato un piano di 14 punti per garantire un’appropriata remunerazione alla liquidità dei risparmiatori. Le banche che offrono i tassi più bassi ai propri risparmiatori saranno sollecitati entro la fine di agosto a giustificare le motivazioni di questi livelli.

Non solo banche: i precedenti di tasse sugli extraprofitti

La tassa sugli extraprofitti è un grande classico dell’estate italiana. L’ultimo episodio risale all’agosto 2022, quando il Governo introdusse una tassa sugli extraprofitti delle società energetiche per finanziare un decreto di sostegno all’economia. La tassa si rivelò un vero e proprio flop, perché la maggior parte delle imprese decise di non pagarla, e di fare ricorso.