Di Domenico Maceri *
“È la domanda più offensiva che mi sia stata rivolta”. Ecco la risposta di Donald Trump alla conduttrice Jeanine Pirro della Fox News che le aveva chiesto se avesse mai lavorato per la Russia. Il sorriso ironico della Pirro ci suggeriva che lei faceva la domanda solo per dare l’opportunità al presidente, amico della rete televisiva, di smentire i suoi contatti con la Russia.
La plausibilità della domanda però era chiara, considerando il recentissimo articolo del New York Times secondo cui sarebbero esistiti sospettosi rapporti fra Trump e la Russia prima che fosse lanciata l’inchiesta del Russiagate. La Fbi aveva iniziato un’inchiesta su Trump sospettando che i comportamenti del presidente potessero mettere in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti. L’inchiesta era stata iniziata subito dopo che il 45esimo presidente aveva licenziato James Comey, l’allora direttore della Fbi.
L’articolo del New York Times citava fonti di individui che avevano lavorato nell’intelligence ed altri a conoscenza del contenuto. Pirro ha dato a Trump una prima possibilità di smentire ma un’altra gli si è presentata pochi giorni dopo in un incontro con giornalisti. Il 45esimo presidente ha etichettato di nuovo la domanda come la più offensiva in vita sua.
Il fatto che un presidente americano debba smentire di non avere lavorato per la Russia, un Paese considerato avversario a livello mondiale, non si era mai verificato. Trump però ha una lunga storia di rapporti con la Russia, alcuni dei quali stanno divenendo sempre più chiari ma altri sono ancora celati. I comportamenti di Trump e dei suoi collaboratori hanno però acceso la miccia dell’inchiesta della Fbi riportata dal New York Times la quale fu dopo poco tempo consegnata da Rod Rosenstein, vice procuratore generale, a Robert Mueller, per investigare l’interferenza russa nell’elezione del 2016.
Non si conoscono tutti i dettagli che hanno spinto la Fbi a lanciare la loro inchiesta ma i legami fra Trump e la Russia erano già noti soprattutto nel campo delle finanze. Dal 2003 al 2017, per esempio, individui della Russia hanno acquistato in contanti 86 proprietà da Trump per un totale di 109 milioni di dollari. Una divisione della Deutsche Bank nel 2010 prestò all’allora tycoon centinaia di milioni di dollari durante il periodo che la banca stava riciclando miliardi di denaro russo. Le banche americane non volevano nulla a che fare con Trump per le sue bancarotte ma i russi presero il loro posto.
Nel 2008 Donald J. Trump Junior ha dichiarato che “i russi contribuiscono una grande parte” dei loro fondi. L’altro figlio Eric ha dichiarato nel 2014 che possono ottenere tutti i prestiti che vogliono dalla Russia. Recentemente è anche venuto a galla che durante la campagna elettorale fino all’estate del 2016 Trump stava negoziando per una Trump Tower a Mosca con finanziatori russi.
L’interesse dei russi su Trump era già iniziato nel 1987 quando l’allora tycoon visitò Mosca per la prima volta. Craig Unger, nel suo libro “House of Trump, House of Putin”, ci informa che la Kgb avrebbe ottenuto informazioni compromettenti su Trump durante quella visita. I rapporti amichevoli fra Trump e individui russi ci vengono confermati da Trump stesso durante la campagna elettorale. Come si ricorda, tutti gli avversari dell’allora candidato Trump hanno subito i suoi tweet velenosi. Per Vladimir Putin, invece, Trump ha sempre riservato parole dolcissime, spiegando che i buoni rapporti con la Russia possono essere vantaggiosi per gli Stati Uniti.
I rapporti amichevoli di Trump con la Russia sono continuati anche dopo l’elezione. Il 45esimo presidente ha persino dichiarato nel suo incontro con Putin a Helsinki che la Russia non era responsabile dell’interferenza russa nell’elezione americana, contraddicendo le 17 agenzie di intelligence americane.
Nelle ultime settimane Trump ha fatto Putin molto felice quando ha annunciato il ritiro delle truppe americane dalla Siria. Inoltre Trump ha dichiarato che l’invasione dell’Afghanistan dell’Unione Sovietica nel 1979 era dovuta al terrorismo, tesi sostenuta dai russi ma da nessun altro. Si ricorda anche che gli attacchi di Trump agli alleati americani come la NATO hanno fatto molto piacere alla Russia la quale vede l’alleanza occidentale come un pericolo per la sua sicurezza.
In un’intervista alla Abc, il senatore Dick Durbin, democratico dell’Illinois, ha espresso preoccupazioni per la grande amicizia fra Trump e Putin, considerando il leader russo nemico degli Stati Uniti. Non ci sono al momento spiegazioni definitive ma l’inchiesta iniziale della Fbi ereditata da Mueller dovrebbe fornirle. Trump ha fatto di tutto per silurare il lavoro di Mueller ma non ci è riuscito. William Barr, l’individuo nominato dall’inquilino della Casa Bianca per sostituire Jeff Sessions, ministro della giustizia, ha dichiarato nelle sue testimonianze alla commissione del Senato per la sua conferma, che Mueller non farebbe mai parte di una caccia alle streghe. Barr ha concluso che l’inchiesta di Mueller deve seguire il suo corso per il bene del Paese.
Qualunque cosa Mueller scoprirà Putin ha già vinto, essendo riuscito a seminare discordia, considerando le fratture con gli alleati create da Trump. Ma la vittoria più notevole di Putin è la divisione nazionale che con l’elezione di Trump si è accentuata in America. Lo shutdown attualmente in corso, il più lungo della storia americana, continua a creare problemi agli americani, aggravando altresì il clima politico tossico di Washington.
Proprio di questi giorni Nancy Pelosi ha chiesto a Trump di rinviare il tradizionale discorso annuale sullo stato dell’Unione al Congresso, citando problemi di sicurezza dovuti allo shutdown. Trump ha subito ribattuto negando il trasporto aereo per un viaggio estero che Pelosi aveva programmato per un incontro con alleati a Bruxelles e una visita alle truppe in Afghanistan. Putin non può fare altro che sorridere.
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* PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.