L’antiriciclaggio nella PA: consigli non richiesti!
A voler cercare una qualche analogia con quanto faceva lo scrivente nella veste di Responsabile aziendale antiriciclaggio nell’ambito di un Gruppo bancario per una decina di anni e che fanno ancora oggi tanti altri, oggi guardo con una certa tenerezza, ma direi quasi compassione, la figura del “gestore” nella pubblica amministrazione.
Tendo a compatirlo immaginando come funziona o meglio, come non funziona questo pachiderma che è la pubblica amministrazione e quindi l’operatività e l’esercizio di questo sventurato nel ruolo di sentinella antiriciclaggio, che il Decreto del Ministero degli Interni del 25 settembre 2015 ha denominato “gestore”. Ruolo questo che può coincidere con la figura del Responsabile della corruzione previsto dall’articolo 1, comma 7, della legge 190/2012. Nel caso in cui tali soggetti non dovessero coincidere, gli enti di riferimento della pubblica amministrazione prevedono adeguata meccanismi di coordinamento fra i medesimi – ex comma 5 dell’art.6 del Decreto ministeriale del 25/09/2015.
Gli enti locali con popolazione inferiore ai 15 mila abitanti possono individuare un “gestore” comune ai fini dell’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette.
Questa figura, accentra nella sua funzione, tutti gli alert e segnalazioni provenienti dall’intera struttura di riferimento come tutte le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province e i comuni etc. – come elencate dalla lettera r) del D.lgs 231/07.
Il compito del gestore sarà quello di valutare ed approfondire gli imput pervenuti, procedendo all’archiviazione laddove il sospetto segnalato non lo condivida oppure inoltrare la SOS all’Unità d’Informazione Finanziaria della Banca d’Italia con ogni consentita urgenza.
Consigli non richiesti
Avendo superato senza alcun rilievo ben cinque ispezioni del vecchio Ufficio Italiano Cambi nel periodo 1999/2007, mi permetto di dare qualche suggerimento allo sventurato “gestore” deputato ad assolvere gli adempimenti antiriciclaggio nell’ambito della struttura di riferimento della pubblica amministrazione.
Il primo adempimento da curare con la massima celerità è assicurare la formazione antiriciclaggio a beneficio di tutti i dipendenti che svolgono compiti amministrativi, nell’ambito di rapporti intrattenuti con soggetti giuridici esterni, imprenditori o quant’altri abbiano rapporti con la pubblica amministrazione che, a mero titolo di esempio, vado ad indicare:
- Uffici preposti alla istruzione di pratiche riguardanti la erogazioni di contributi – conto capitale o conto interessi – anche di fonte comunitaria;
- Elevata movimentazione di denaro contante non coerente e/o giustificata dalla natura e tipologia di attività economica svolta;
- Organizzazione bandi di gara per l’aggiudicazione di appalti pubblici nell’ambito della fornitura di beni o servizi o realizzazione di opere;
- Sanità e produzione di energie rinnovabili;
- Raccolta e smaltimento dei rifiuti;
- Operatività aziende partecipate.
In tale quadro, sarà importante definire il concetto giuridico del riciclaggio secondo la definizione dell’art.648bis del codice penale o dell’art.2 del D.lgs 231/07, i reati presupposti, la fattispecie dell’autoriciclaggio con particolare riferimento alla casistica delle frodi fiscali, delle false fatturazioni, delle truffe alla Pubblica amministrazione, delle modalità di costituzione di “fondi neri” spesso utilizzati per corrompere funzionari della pubblica amministrazione, delle attività di copertura, delle infiltrazioni della criminalità organizzata, delle società cartiere, utilizzo di prestanomi nei rapporti economici etc.