ROMA (WSI) – La crisi economica ha drasticamente ridotto il budget per pubblicità di tutte le aziende, e la tv generalista ne ha sofferto tantissimo. Lo sa bene Mediaset che, nonostante le prestazioni migliori del previsto di Mediaset Premium, ha chiuso il suo primo bilancio in negativo senza distribuire dividendi, ma lo sanno molto bene anche la Rai e La7. Se l’assenza degli inserzionisti continuerà anche quest’anno (si stima il -18% al primo semestre e il -10% a dicembre, ndr), non resterà che rivedere radicalmente il modello di business.
Del resto, il vero nemico non è la pay tv di Sky, anch’essa alle prese con le pressanti esigenze di risparmio, bensì Internet. È in netto aumento, infatti, anche nel nostro Paese la percentuale di utenti che guarda la tv sul web, senza essere legati nagli orari del palinsesto, selezionando i contenuti e, in definitiva, schivando la pubblicità che normalmente accompagna i programmi di tutte le reti.
Perché permettere allora a YouTube (che tra l’altro ha recentemente annunciato una pay tv low cost a 1,99 dollari al mese, ndr) e altri siti di video sharing e streaming di guadagnare con le produzioni televisive? Si vocifera che molti, sia in Rai che in Mediaset, stiano pensando di unire le forze contro l’avanzata del web: una piattaforma unica per le sette reti generaliste, che continuerebbero a farsi concorrenza sull’offerta editoriale e pubblicità, ma ammortizzerebbero i costi di gestione per la diffusione dei contenuti (già di per sé ridotti grazie al passaggio sul web).
Il trasloco sul web potrebbe essere preceduto da uno step intermedio (o complementare, a seconda degli assetti che si definiranno) verso il satellite, spazio che assicura comunque una riduzione delle spese. Il risultato sarebbe la liberazione immediata delle frequenze radio-televisive, a vantaggio sia dello Stato che delle stesse emittenti. Il primo, infatti, potrebbe affittarle agli operatori di telefonia a un prezzo più alto; le seconde si libererebbero di una zavorra di costi pari a circa 3 o 4 milioni all’anno.
Mantenere lo status quo non potrebbe che portare ad accordi transitori, stagione per stagione, fra le singole emittenti, un po’ come quelli fra Mediaset e Sky per il calcio. Resterebbero però irrisolte tante questioni, dagli introiti pubblicitari all’insostenibilità dei diritti tv (crescono su tutti i fronti, non a caso, le autoproduzioni, ndr), passando per il fisiologico calo degli spettatori, che spengono la tv e accendono il pc o il tablet.
Secondo Alessandro Araimo di Roland Berger, intervistato in merito da Repubblica, è urgente una “decostruzione” della tv per come la conosciamo oggi. Per questo non sarebbe sufficiente che ogni emittente crei la propria piattaforma web sulla quale distribuire i propri contenuti: il problema sarebbe solo spostato in un altro luogo. Si dice che Confalonieri abbia capito la necessità di unirsi agli storici avversari, ma che Berlusconi Jr non ne sia altrettanto convinto.
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