MILANO (WSI) – La chiusura dei confini austriaci con l’Italia, che ha scatenato diverse critiche per le sue implicazioni simboliche riguardo al processo d’integrazione europea, ha un significato del tutto peculiare in una provincia come quella dell’Alto Adige. L’integrazione che aveva portato alla scomparsa di fatto del confine con l’ex madrepatria austriaca (il Sudtirol è stato annesso ufficialmente nel 1920) rischia di danneggiare l’economia, l’orgoglio nazionale e generare, potenzialmente, una Calais italiana nella provincia più ricca dello Stivale.
A raccontare la situazione è un approfondimento del quotidiano britannico Guardian, che mostra come la decisione austriaca di iniziare una “nuova gestione dei confini” il primo aprile sia stata accolta con apprensione dalla popolazione altoatesina. La mossa di Vienna cerca di porre un argine alla massa di richieste di asilo ricevute, 85.500 nel 2015, la più elevata in rapporto alla popolazione dopo Ungheria e Svezia.
Come un duro risveglio, l’innalzamento dei confini fra Austria e Sudtirol ricorda alla pacifica, ma assai fiera, popolazione di origine tirolese la dolorosa separazione avvenuta al termine della Prima Guerra Mondiale.
“Dopo che il confine era stato aperto non c’era più la sensazione che si fosse chiusi in questo stato e che fossimo di un’altra nazionalità”, afferma Martha Stocker, assessore provinciale per Immigrazione e Salute, “ora improvvisamente ci stiamo avvicinando ancora una volta a questa sensazione”.
I problemi non saranno solo di natura culturale, ma anche di tipo economico. “Per l’economia sarà molto dannoso”, dice un ristoratore, “abbiamo visto cosa era successo quando l’Austria aveva chiuso i confini per brevi periodi l’anno scorso, molti meno tedeschi erano giunti qui. Sono i nostri maggiori clienti”.
Secondo l’esperta di migrazioni nell’area, Monika Weissensteier, della fondazione Alexander Langer, il timore che la provincia possa ospitare una nuova area nella quale i migranti attendono di essere ricollocati è molto concreto: “Si parla di diventare la prossima Calais o il prossimo hotspot come in Sicilia”. E se venisse mai costruita una recinzione fra Austria e Brennero sarebbe più probabile che i flussi procedano nel senso opposto, verso l’Italia. Questo spiega la Weissensteier è dovuto al fatto che molti afghani, la seconda nazionalità per numero di ingressi sulla rotta balcanica, potrebbero cercare ospitalità in Italia dal momento che la Germania ha indicato come “sicuro” il loro Paese d’origine.
Nel frattempo il direttore di Frontex, Patrice Leggeri, a colloquio col quotidiano tedesco “Die Zeit” ha avvertito sul fatto che, anche con l’accordo con la Turchia sulla gestione dei flussi migratori, gli ingressi potrebbero non diminuire:
L’accordo con la Turchia è un messaggio più che altro. Mostra che i confini dell’Europa non sono semplicemente aperti. Ciò potrà prevenire il pagamento dei trafficanti d’uomini da parte di molti per entrare in Europa illegalmente. A tal proposito, sì, i numeri dovrebbero calare. Ma ci saranno sempre persone ai cancelli dell’Europa col bisogno di protezione. Forse anche più di prima. Tanto remote saranno le possibilità di raggiungere la pace, tanto più la popolazione sarà disperata. Queste persone non spariranno. E l’Europa ha l’obbligo di fornire loro protezione.