Il coronavirus ha cambiato le carte in tavola sul mondo del lavoro. Ha sdoganato smart working, flessibilità e digitale. Ma quali professioni sono in crescita oggi? E quali competenze occorrono? Ne abbiamo parlato in questa intervista esclusiva con Luca Maniscalco, responsabile marketing e comunicazione, digital e social media consultant e autore del libro “Il lavoro che c’è. Jobs on the rise. I mestieri degli anni 20 tra digitale, media e nuovi media”, pubblicato da Dario Flaccovio Editore.
Come il coronavirus ha cambiato il mondo del lavoro?
Da quello che ho potuto osservare, il coronavirus è stato un acceleratore, nel bene e nel male. Nel bene perché ha fatto emergere e ampliato al “grande pubblico” delle pmi italiane dei processi orientati al lavoro per obiettivi o comunque non legati al 100% alla fisicità e alla temporalità dell’attività professionale. Sempre nel bene perché ha reso necessario e spinto fortemente un’alfabetizzazione informatica anche proprio di base in alcuni casi per le aziende. Nel male, perché alcuni non hanno avuto i mezzi per riuscire a sopravvivere soprattutto in quel biennio. Sempre nel male perché alcuni settori sono stati “drogati” e adesso tornano alla normalità con i licenziamenti.
Quali sono le nuove professioni in crescita?
Se guardiamo il rapporto Linkedin Jobs on the rise 2023, la classifica del social professionale con i mestieri in ascesa, vediamo che le posizioni che crescono in Italia sono un mix di modernità e tradizione. Ci sono i responsabili delle vendite e i direttori di farmacia da una parte e gli specialisti di sostenibilità e gli esperti di cybersecurity dall’altra. Inoltre crescono sempre le professioni legate alle materie STEM. A me però piace sottolineare che si impongono molto i mestieri legati alla customer experience (l’esperienza del cliente, fondamentale per le imprese) ed emergono anche quelli legati alla formazione aziendale come il learning and development specialist perché anche i dipendenti devono essere fondamentali per le imprese.
Quali competenze servono oggi per aver successo sul lavoro?
Se si va nelle competenze, queste invece sono quasi sempre molto contemporanee. Sicuramente competenze digitali e legate ai big data. Se prendiamo dalle professioni in crescita quella del responsabile delle vendite, oggi è una figura totalmente rivoluzionata rispetto a 5 anni fa. La lead generation, per dirne una, è la skill più ricercata per chi si occupa di sales.
In che misura gli algoritmi potranno sostituire le persone al lavoro?
Non mi piace il termine sostituzione. Io sono e sarò per l’integrazione. Nel mio libro – scritto ormai più di un anno fa – c’è il profetico capitolo “Se il tuo miglior collega fosse un bot?”. Basta leggere quelle righe per capire che il punto di vista deve essere un altro. Quali sono quelle attività che non vogliamo più fare? E come possiamo impiegare meglio il nostro tempo se su quelle attività abbiamo il supporto di un algoritmo?
Quali attività resteranno da svolgere alle persone sul lavoro?
Noto che ad esempio l’empatia è ancora difficilmente replicabile da un bot. Se prendiamo il customer care come esempio, ci sono tutta una serie di attività replicabili da un algoritmo ma poi resta quel “coccolamento” finale che sta in capo a un essere umano.
Quali competenze saranno richieste alle persone per lavorare con gli algoritmi?
Dipende dal punto di vista. Se sviluppi un algoritmo, allora il machine learning di sicuro è la tua strada. Anche i data scientist sono professionisti ormai attigui agli algoritmi. Se sei un professionista di un altro campo e devi lavorare con il supporto di un algoritmo, allora bisogna sviluppare molto anche delle competenze soft, che sono per noi distintive così lasciamo la parte più hard alla macchina e noi possiamo dedicarci alla collaborazione, all’ascolto, allo spirito critico e alla gratitudine.