NEW YORK (WSI) – I punti più importanti in chiave operativa di mercato del report occupazionale, insieme alla riunione dell’Opec il vero market mover di giornata e forse del mese, da osservare sono: il numero di nuovi posti di lavoro creati in novembre, i salari orari, il tasso di disoccupazione e quello di partecipazione alla forza lavoro.
Per il primo elemento, un qualsiasi numero a sei cifre che inizi con un due sarebbe da considerarsi positivo per lo stato di salute del mercato occupazionale. Le previsioni degli analisti spaziano molto e vanno da 130.000 unità a un ben più solido livello di 275.000.
Un altro aspetto del dato macro da osservare con attenzione è il tasso di disoccupazione, al quale va però affiancato, se si vuole avere un’analisi completa della situazione, anche il tasso di partecipazione alla forza lavoro, utile strumento per capire quanti americani hanno rinunciato del tutto a cercare un posto.
Un ulteriore calo sotto il 5% della percentuale dei senza lavoro, livello toccato il mese scorso, potrebbe dare alla Federal Reserve quella certezza che cerca per imporre il primo rialzo dei tassi di interesse dal 2006.
Ieri intervenendo in una testimonianza concessa al Congresso americano Janet Yellen ha ribadito il suo ottimismo nelle condizioni economiche, facendo pensare a un rialzo dei tassi dai minimi storici. Ormai il mercato dà al 76% le probabilità di una stretta.
Infine, gli stipendi. Gli economisti prevedono che le buste paga orarie siano aumentate dello 0,2% il mese scorso e del 2,3% su base annuale. Riguardo al dato tendenziale, si tratterebbe di un calo rispetto al +2,5% annuale registrato in ottobre. Chiaramente anche in questo caso un risultato superiore alle previsioni, aprirebbe una autostrada verso una stretta monetaria.
La Federal Reserve si riunisce per decidere sul da farsi tra due settimane, il 16 dicembre. Un assist lo ha fatto Mario Draghi, quando ha deciso di potenziare meno del previsto il piano di Quantitative Easing. Il dollaro si è così a sopresa indebolito nei confronti dell’euro. E comunque vada tra cinque giorni a Washington, le politiche monetarie di Eurozona e Stati Uniti, seppur andando verso una sempre maggiore divergenza, saranno meno differenti anche in caso di una stretta monetaria da parte della Fed.