Economia

Le conseguenze economiche della crisi nel Mar Rosso

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Il ministro della Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha comunicato ieri, lunedì 18 dicembre 2023, l’avvio di una missione navale internazionale volta a garantire la sicurezza del transito mercantile nel Mar Rosso. Alla missione internazionale parteciperanno inizialmente dieci nazioni, fra cui l’Italia, che invierà almeno una fregata, una nave da guerra dotata di armi antiaeree. Oltre Stati Uniti e Italia, gli altri Paesi impegnati nella missione per proteggere le navi mercantili dai lanci di missili e droni sono Bahrein, Canada, Francia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Seychelles e Spagna. Questa decisione è stata appunto presa in seguito a una serie di attacchi condotti dai ribelli Houthi nello Yemen, che hanno costretto alcune importanti compagnie di trasporto navale, civile e commerciale, a muoversi attorno all’Africa per evitare la rotta passante dallo stretto di Bab al Mandeb, un canale largo 32 chilometri che collega il mar Rosso con l’oceano Indiano e che è controllato da un lato dal Gibuti e dall’altro dallo Yemen, che è sotto il controllo degli Houthi dal 2014, quando iniziò la guerra civile. È un’arteria vitale per il commercio mondiale, dal momento che passa circa il 12/15 per cento delle merci mondiali e circa il 30 per cento del traffico dei container. Solo nella prima metà del 2023 sono transitati 8,8 milioni di barili di petrolio e 116 milioni di metri cubi al giorno di gas naturale liquefatto. Da quel punto passa infatti almeno il 20% delle importazioni di gas e petrolio in Europa e, guardando al Gnl (Gas naturale liquefatto), transita dal Mar Rosso per arrivare a Rovigo, soprattutto dal Qatar, il 10% dei consumi energetici italiani.

Gli Houthi, sostenuti finanziariamente dall’Iran, utilizzano missili e droni per attaccare le navi in risposta ai bombardamenti israeliani a Gaza e in segno di appoggio a Hamas.

Di conseguenza, ieri i giganti europei British Petroleum, Equinor, Frontline ed Euronav e Maersk Tankers avevano annunciato di aver sospeso il transito delle proprie metaniere nel Mar Rosso al largo delle coste dello Yemen, un punto di passaggio inevitabile per le navi che utilizzano il Canale di Suez per arrivare in Europa dall’Asia, unendosi così alle principali compagnie di trasporto merci che avevano abbandonato l’area la settimana scorsa, fra cui la taiwanese Evergreen, la danese Maersk, la tedesca Hapag-Lloyd, MSC e la francese CMA CGM. La decisione aveva causato un immediato aumento dei prezzi del petrolio e aveva fatto temere per una crisi dei commerci più ampia, simile a quella avvenuta due anni fa, quando la nave portacontainer Ever Given si era incagliata nel canale di Suez, bloccandolo completamente per alcuni giorni.

Le conseguenze economiche della crisi nel Mar Rosso

La riorganizzazione del commercio marittimo provocata dagli Houthi potrebbe tradursi in prezzi più alti per i consumatori, visti i tempi e i costi più elevati delle spedizioni. Di solito, infatti, una nave portacontainer impiega all’incirca ventisette giorni per raggiungere il porto di Rotterdam (il più grande d’Europa) da Shanghai, passando per il Canale di Suez. Non potendo però utilizzare questo passaggio, la nuova rotta attorno al Capo di Buona Speranza porterà a prolungare il tragitto di 7-10 giorni, circa il 30% in più, secondo i calcoli della piattaforma di spedizioni Flexport. Ma i viaggi potrebbero durare anche trentuno giorni in più, a seconda della tipologia e delle dimensioni dell’imbarcazione. Per ammortizzare le spese, diversi armatori hanno già applicato supplementi per centinaia di dollari a container, con ulteriori supplementi per le imbarcazioni da e per Israele. Tanto che, secondo Quartz e gli analisti di Xeneta, le spese di trasporto potrebbero aumentare da 400.000 dollari fino a 1 milione di dollari in più di carburante per nave.

È aumentato contemporaneamente il costo dell’assicurazione delle navi che transiteranno nel Mar Rosso. Secondo tre operatori del mercato citati da Bloomberg, la copertura è ora salita a circa lo 0,5% del valore della nave. Si tratta di un forte aumento rispetto all’inizio di questo mese, quando i costi erano fissati tra lo 0,1% e lo 0,2% circa del valore dello scafo, segnando quindi un rincaro compreso tra 200 e 400 per cento. Per una nave che costa 100 milioni di dollari, una spesa dello 0,5% si traduce in un costo assicurativo di 500.000 dollari per viaggio

Gli effetti di questa situazione si avvertiranno probabilmente a gennaio e a febbraio prossimi, e dunque potrebbero impattare sul mercato cinese in vista delle festività per il capodanno lunare (il 10 febbraio 2024). Non sembra tuttavia plausibile, almeno per il momento, un ritorno alla situazione critica verificatasi durante e dopo la fase peggiore della pandemia di coronavirus, nel 2020, che ebbe ripercussioni pesantissime sulla logistica mondiale.

Nel frattempo però le quotazioni del gas e del petrolio si sono subito infiammate. Il WTI, utilizzato come riferimento sul mercato dei futures del Nymex, è salito del 2,7% oltre quota 73 dollari, mentre il Brent si avvia verso i 79 dollari al barile.
Quanto al gas, i contratti future con consegna a gennaio hanno già oltrepassato i 37 euro (+12%), mentre ad Amsterdam, mercato di riferimento, i contratti future su gennaio hanno guadagnato il 7%.

Di conseguenza, la crisi nel Mar Rosso ha fatto salire anche i prezzi dei carburanti alla pompa, dopo oltre tre mesi di discesa. Stando alla consueta rilevazione di Staffetta Quotidiana, questa mattina ad esempio Eni ha aumentato di un centesimo al litro i prezzi consigliati di benzina e gasolio. Per la benzina si tratta del primo rialzo dal 12 settembre: da allora Eni ha ridotto i prezzi consigliati di 24 centesimi al litro. Per il gasolio è il primo aumento dal 15 settembre, da quando i prezzi sono scesi di 22 centesimi.

Infine, per quanto riguarda le bollette, l’avvertimento è arrivato dal presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli: “Se il blocco del canale di Suez non dovesse risolversi entro fine anno si deve mettere in conto di veder sfumare l’atteso taglio delle tariffe del gas a gennaio, intorno al 4% con altrettanto bonus dimezzato per il primo trimestre 2024 della luce. In questo caso, da un calo previsto nell’ordine dell’8% si scenderebbe a meno 4-5% nel conto dell’elettricità. Si rischia di interrompere la tendenza forte al ribasso”.