Monte dei Paschi di Siena, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Carige, Banca Etruria, CariChieti, Banca Marche e CariFerrara. Sono queste le otto banche italiane che rischiano di fallire con una eventuale vittoria del “No” al referendum del prossimo 4 dicembre. E’ l’allarme lanciato dal Financial Times che, in un articolo recente, aveva affermato anche che il rifiuto delle riforme del premier Matteo Renzi alle urne potrebbe far uscire l’Italia dall’euro.
Così l’FT:
Se il prossimo 4 dicembre “il premier Matteo Renzi perderà il referendum costituzionale, rischieranno di fallire fino a otto banche italiane“.
La previsione viene formulata dal quotidiano britannico sulla base di commenti rilasciati da banchieri senior e funzionari del settore finanziario.
Il mondo dell’alta finanza ritiene che un’eventuale sconfitta di Renzi provocherebbe una turbolenza sui mercati, e questa agirebbe da deterrente a una possibile partecipazione degli investitori alla ricapitalizzazione di tali istituti.
I banchieri interpellati, in caso di dimissioni di Renzi, temono inoltre “una prolungata incertezza che potrebbe presentarsi con la creazione di un governo tecnico“. Ancora, “l’assenza di chiarezza su chi sarebbe il nuovo ministro delle finanze potrebbe prolungare in modo letale le paure dei mercati sulle banche italiane“. A tal proposito, l’Ft ha notare che le quotazioni degli istituti, in generale, hanno visto più che dimezzare il loro valore nel corso del 2016, scontando le preoccupazioni sui loro crediti deteriorati.
“Le banche italiane sono alle prese con crediti problematici per un valore di 360 miliardi di euro, contro i 225 miliardi di equity, dopo che diverse autorità di regolamentazione e gli stessi governi non sono riusciti ad affrontare un sistema finanziario gonfiato dove la redditività è stata indebolita da un’economia stagnante ed esacerbata da prestiti di natura fraudolenta presso diversi istituti”.
Intervistato dal Financial Times Lorenzo Codogno, ex responsabile economista presso il ministero del Tesoro e fondatore di Lc Macro Advisors, sottolinea che “la principale preoccupazione” riguardo a ciò che avverrà a seguito del referendum sarà sia per il suo impatto sul “settore bancario” che per “le implicazioni sulla stabilità finanziaria”. Per Codogno, “le operazioni di aumento di capitale il cui annuncio è previsto per appena dopo il referendum potrebbero diventare ancora più difficili rispetto a come vengono percepite ora, in caso di vittoria del No”.
I banchieri ed esperti interpellati ritengono che il peggior scenario sarebbe quello in cui un eventuakle flop della ricapitalizzazione di Mps del valore di 5 miliardi si tradurrebbe in un’ampia crisi di fiducia in Italia, mettendo a rischio una soluzione di mercato per le banche in maggiore difficoltà. In questo caso, tutte le otto banche che il Financial Times ha citato potrebbero essere sottoposte al bail-in (incluse quelle banche che vengono chiamate ‘good bank’, e che sono risorte proprio dalle ceneri delle bad bank Carichieti, CariFerrara, Banca Marche, Banca Etruria. Banche che hanno mandato sul lastrico diversi risparmiatori italiani che avevano investito in azioni o obbligazioni).
Se ciò accadesse, ovvero se il meccanismo di risoluzione del bail-in andasse a colpire anche Mps, Carige, le banche venete e le quattro good bank, a essere minacciata sarebbe anche l’operazione di aumento di capitale di Unicredit, la banca numero uno in Italia per valore degli asset.