(9Colonne) – Roma, 16 lug – “Perché le popolari sono sotto assedio? Perché sono banche bellissime. Ottimi bocconcini che sarebbe tanto facile comperare se venisse modificata una legge. Dall’estero guardano i nostri dati, gli asset, la redditività e un pensiero lo fanno. Eh no, significherebbe tradire migliaia di persone che ogni giorno ci giudicano come azionisti e come clienti”. Lo afferma in una intervista alla Stampa Giovanni De Censi, presidente del Credito Valtellinese nonché vicepresidente di Abi e della Confederazione internazionale delle banche popolari, che respinge tutte le accuse che nella settimana sono piovute sugli istituti cooperativi. “Abbiamo le stesse regole delle altre banche e i problemi legati alla governance sollevate dal Garante sono fuori luogo. Non sono d’accordo nemmeno con il Governatore quando fa un distinguo dimensionale. Anche nelle popolari che si sono sviluppate di più, magari attraverso fusioni, lo spirito resta lo stesso di quelle più piccole”. De Censi afferma quindi che le popolari sono “le banche dell’ultimo chilometro, quelle che seguono le Pmi nello sviluppo dell’economia locale”. E difende il voto capitario che, secondo le accuse, ingessa queste banche: “Chi acquista le azioni sa che entra in una banca con regole differenti. Sono impianti giuridici nati 140 anni fa che funzionano in Italia come in Germania e in Canada”, “se ci togliessero il voto capitario e il limite al possesso azionario si snaturerebbe il tutto. Se si desse la possibilità di dare il 3-4% in Borsa a un singolo socio, cinque soggetti stranieri si comprerebbero la possibilità di gestire l’azienda”. “Le nostre banche – prosegue De Censi – sono tutte contendibili, perché anche secondo la norma del voto di lista si può andare in assemblea e, con un certo numero di soci, si può cambiare il cda. Certo, non sono scalabili. Ma solo i soci possono decidere di renderle tali, trasformandole in Spa. Non può essere consentito di far mutare loro l’identità dall’esterno. Abbiamo un giudice severo che è il mercato. E proprio perché non c’è un azionista che ci costringe a spingere al massimo solo sulla redditività possiamo essere diversi”.