Rovistando fra vecchie carte, ho ritrovato un foglio sgualcito che ho riletto volentieri, di cui voglio rendere partecipi i tanti lettori della rivista, riportante alcune “volontà testamentarie” di uno sconosciuto che, data la fattura, pur nella sua drammaticità, mi ha sempre suscitato una profonda riflessione, perché a mio avviso rappresenta, comunque, un profondo spaccato di vita vissuta (1).
“””””””””Nota di trascrizione
Risultante dal verbale di pubblicazione e deposito di testamento olografo, rogato dal dott. Francesco de Rossi, notaio in Catanzaro il giorno 21 maggio 1943 in corso di registrazione.
a favore
Briuccia Provvidenza fu’Michele, Cimino Calogero, Matteo e Giuseppe fu’ Salvatore
c o n t r o
Cimino Salvatore fu Vincenzo.
con il sopra citato testamento il de cuius ha disposto delle sue sostanze nel modo che seguente:
Perfettamente sano di corpo e di mente formulo il mio testamento nel modo che segue: prima di tutto raccomando la mia anima a dio ed alla vergine santissima da cui ho ricevuto infinite grazie e specialmente la pazienza di sopportare quella donna che per mia disgrazia, riuscì ad essere mia moglie e che non era fatta per un compito tanto serio come quello del matrimonio che, secondo lei, è un atto che la donna compie – riferisco le sue testuali parole – “per levarsi una curiosità”.
Debbo a mia moglie la mia completa adesione all’affermazione di un grande filosofo, di cui ora mi sfugge il nome, secondo il quale “la vita è un periodo di tempo, più o meno lungo, di cui la prima metà è amareggiata dalla preoccupazione di crearsi una posizione, e la seconda metà dall’opera nefasta della moglie e dei figli che cercano e, non di rado, riescono a distruggerla”.
Dispongo pertanto che quel poco che è sfuggito al disastro, composto da immobili, mobili, titoli di rendita, denaro contante, depositi presso banche, libri, apparecchi scientifici, etc. etc. molto poco a dir vero, in confronto di quello che sarebbe stato se iddio mi avesse destinato una compagna diversa della signora Briuccia Provvidenza, che ha determinato la completa rottura con la mia famiglia paterna, dalla quale ero stato prima adorato – sia diviso fra i cosiddetti miei tre figli – noto per inciso che nessuno dei tre mi ha chiamato papà nella misura seguente:
“A mio figlio Calogero lascio un terzo del mio patrimonio però, in considerazione della sua mania di divertirsi e soprattutto di arricchirsi in un colpo ricorrendo alle speculazioni le più sballate” egli godrà della sola porzione legittima, mentre la disponibile apparterrà ai suoi figli legittimi nati e da nascere.”
“A mio figlio Matteo, che ritengo il meno insensato dei tre, lascio un terzo del mio patrimonio senza alcuna restrizione.”
A mio figlio Giuseppe – dolentissimo che indegnamente porta il mio nome – ignorante, presuntuoso, screanzato e dissoluto (tutto per colpa della madre), lascio la sola legittima, disponendo che la disponibile vada a beneficio degli altri fratelli nel modo predetto.”
Il tutto gravato per quota dell’usufrutto “ex legge” spettante a mia moglie Provvidenza Briuccia che, più che una moglie, fu per me una vipera ed alle cui doti negative va attribuito il presente testamento.
Dispongo infine che chiunque degli aventi diritto sopprimesse, celasse od alterasse il presente testamento, sia dichiarato indegno di succedere come per legge.
Catanzaro 20 marzo 1942
f.to Cimino avv.Salvatore
valore dei beni relitti £. 35.000.000 circa.
- le date, i luoghi ed i nomi, per ovvie ragioni, sono state volutamente modificate.