La principale economia con la crescita più rapida del mondo deve affrontare una crisi di liquidità. Parliamo dell’India le cui condizioni monetarie e il rischio contagio hanno finito per intaccare la domanda. La rupia, la valuta dell’India, ha perso il 12% rispetto al dollaro statunitense dall’inizio del 2018, guadagnandosi la sfortunata medaglia della moneta peggiore dell’Asia per quest’anno.
La crescita economica del paese, nel trimestre luglio-settembre 2018, potrebbe scendere dell’8 per cento come mostrano numerosi dati. L’indice dei servizi principali è cresciuto ad un ritmo più lento nei quattro mesi chiusi a settembre mentre le aziende hanno riferito di condizioni di mercato deludenti con un rallentamento nei settori finanziario e assicurativo. In calo anche l’indice PMI composito mostrando così un’attività dei servizi più debole il che ha avuto un certo peso sull’economia della nazione visto che il settore dei servizi rappresenta circa il 55% del Pil indiano.
I maggiori costi del carburante e un dollaro più forte inoltre hanno finito per rendere più costosi molti beni primari. L’inflazione complessiva dovrebbe oscillare vicino all’obiettivo del 4 per cento della banca centrale indiana che, così facendo è probabile che rimanga in sospeso avendo fatto ricorso al rialzo dei tassi di interesse da giugno ad agosto. Le esportazioni si sono contratte e, cosa ancor più preoccupante, anche le importazioni sono state moderate. Complessivamente il commercio estero dovrebbe portare un freno alla crescita nel trimestre luglio-settembre, a differenza del trimestre precedente. Anche la fiducia dei consumatori indiani è calata come dimostra un recente sondaggio della Reserve Bank of India. Infine alla situazione negativa così descritta si aggiungono i dati della Society of Indian Automobile Manufactures che mostrano come le vendite di veicoli sono scese a settembre a seguito dell’aumento dei costi dei prestiti e al forte aumento dei prezzi del carburante che hanno finito per scoraggiare gli acquirenti.