Piace al vicepremier Luigi di Maio il maxi piano di tagli alle attese annunciato ieri dal presidente francese Emmanuel Macron per il 2019. Piano che dovrebbe essere finanziato aumentando il rapporto deficit/Pil al 2,8%.
L’Italia “è un paese sovrano come la Francia” ha sottolineato ieri il vicepremier Luigi Di Maio commentando la scelta di Parigi “La Francia, è vero, ha annunciato un deficit del 2,8% che si confronta con l’attuale 2,6% e, va ricordato, ha un debito che scenderà al 96% nel 2019. Non si tratta” ha comunque spiegato Di Maio”, di arrivare al 2,8% ma di raggiungere il fabbisogno che serve a finanziare misure non più rinviabili“.
La differenza tra Italia e Francia è che l’Eliseo chiede il permesso per poter salire dal 2,
Stando alle stime di maggio della Commissione UE, senza apportare alcuna modifica delle politiche di bilancio, l’Italia dovrebbe registrare un rapporto deficit Pil pari all’1,7% quest’anno (rispetto all’1,8% della stima di novembre) e allo stesso livello nel 2019 (dal 2%). Il deficit strutturale è stimato all’1,7% nel 2018 e al 2% nel 2019 (rispetto a precedenti stime rispettivamente di 2% e 2,4%).
Soluzione di compromesso: deficit Pil all’1,8-1,9%
Le dichiarazioni di Di Maio sono arrivate in una giornata in cui si sono susseguite riunioni a Palazzo Chigi in vista del varo dell’attesissima Nota di aggiornamento al Def (giovedì 27 settembre è la data di scadenza ultima per presentarla alle Camere dopo il via libera del Cdm) e della definizione della successiva legge di Bilancio 2019.
Il governo continua a lavorare per raggiungere un accordo sulla soglia su cui collocare il rapporto deficit-Pil per il prossimo anno. Restare all’1,6% del Pil o salire ancora di qualche decimale provando comunque a mantenere la percentuale sotto la soglia del 2%? La soglia limite del Patto di Stabilità e Crescita è fissata al 3% del Pil per il deficit pubblico
Tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria che vorrebbe indicare nella nota di aggiornamento al Def l’1,6%, e gli alleati di governo che spingono per avvicinarsi alla ‘soglia psicologica’ del 2% (se non addirittura sfondarla), potrebbe alla fine essere trovata una soluzione di compromesso, fissando nella Nota di aggiornamento al Def un rapporto all’1,8/1,9%.