Alta tensione nel governo a poche ore dal Consiglio dei Ministri che dovrà varare la Nota di aggiornamento del Def. Il nodo da sciogliere resta il rapporto deficit/Pil, che secondo fonti di governo, il M5S e la Lega vorrebbero al 2,4% contro l’1,6% messo in conto dal ministro dell’economia Giovanni Tria. Le divisioni in seno alla maggioranza hanno fatto si che la riunione di governo sul DEF fosse rimandata e potrebbero anche portare alle dimissioni del capo del Tesoro.
Prima del Cdm, che inizialmente era previsto per oggi alle 18, a Palazzo Chigi si dovrebbe tenere un vertice economico che, stando alle premesse, si preannuncia durissimo. Ad aumentare la suspence sul vertice, le dichiarazioni del vicepremier e Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio che ieri in una diretta su Facebook ha annunciato:
“la prossima manovra non sarà una legge di bilancio ma una manovra del popolo con reddito di cittadinanza e stop alla legge Fornero. Misure per le quali ci avevano detto che non c’erano i soldi, ma noi li abbiamo trovati”.
Secondo una fonte parlamentare, riportata da Reuters, il negoziato potrebbe chiudersi su un deficit a quota 1,8 o massimo 1,9%, ma durante l’esame in Parlamento della manovra si vedrà se vi sono le condizioni per un ulteriore incremento a quota 2,1/2,2, anche alla luce del confronto con l’Europa. Al momento l’ipotesi più probabile è che si fissi un livello intorno al 2%, altrimenti se verranno accontentati Di Maio e Salvini, è facile che Tria se ne vada.
Si teme che Tria perda braccio di ferro deficit, Spread oltre 240
Sui mercati la Borsa di Milano è in difficoltà in avvio di seduta – pesano soprattutto i cali della banche – nel giorno in cui il testo va presentato in Parlamento. I Btp italiani sono messi sotto pressione dopo che si è saputo che il vertice di governo per mettere a punto gli ultimi dettagli sulla legge di bilancio 2019 è stato rimandato.
Secondo le indiscrezioni del Corriere della Sera la riunione di gabinetto potrebbe non svolgersi nei tempi previsti, ossia in serata, “a causa di nuove complicazioni” sulle trattative per raggiungere un compromesso sul deficit. Il tasso a due anni sale allo 0,88% e lo Spread di rendimento tra Btp e Bund decennali sale oltre i 240 punti base.
Intanto, ieri sempre sul tema del tetto deficit Pil, Tria ha avvertito:
“Se si chiede troppo quel che si guadagna [alzando il deficit] si perde in maggiori interessi” sul debito, ha avvertito il ministro dell’Economia, aggiungendo che “Ho giurato nell’esclusivo interesse della nazione e non di altri. E questo giuramento lo abbiamo fatto tutti”.
I ministri, sembra voler giustificarsi Tria, hanno giurato sulla costituzione e non sul programma di governo. I mercati finanziari, che in un primo momento mostravano di credere più al professore di Tor Vergata, ora mostrano una preoccupazione evidente.
Il differenziale di rendimento tra Btp e Bund decennale, che era sceso a 229 punti base dai 235 di ieri, sta salendo oltre quota 240 e Piazza Affari cede più dii un punto percentuale. Se salta Tria, la paura del mercato è che il rating sul credito italiano venga declassato e che gli interessi sul debito, il secondo più grande d’Europa, schizzino in rialzo. Con un rapporto tra deficit e Pil superiore all’1,9%, il ministero dell’Economia stima che il percorso di contenimento del debito sarebbe compromesso, dicono fonti del Tesoro a Reuters.
Secondo i calcoli di Carlo Cottarelli, ex commissario alla Spending Review, per ogni aumento dello Spread di 1 punto percentuale (100 punti base) andrebbe a crescere della stessa percentuale anche la dimensione del costo medio di finanziamento per imprese e cittadini. Il costo addizionale in miliardi sarebbe dunque di 1,8-2,8 miliardi. Nello scenario da incubo, con uno Spread a 500 punti base, l’impatto stimato su famiglie e imprese raggiungerebbe i 9,1-14,1 miliardi di euro di interessi aggiuntivi.