ROMA (WSI) – La bozza è pronta in ogni dettaglio da giorni. «Speriamo di approvarla al più presto», sospira uno degli estensori.
L’attesa per una possibile crisi di governo ha rallentato il lavoro in molti ministeri, persino rispetto a quei provvedimenti – come lo è questo – sui quali c’è già l’accordo politico della maggioranza. L’hanno chiamato «decreto del fare 2».
Nella visione lettiana del mondo le «riforme epocali» tutto vorrebbero risolvere e semmai invece complicano un sistema già di suo complicato. Oppure stravolgono quel che di buono le riforme già applicate in precedenza hanno prodotto.
Meglio in alcuni casi agire (parole sue) «col cacciavite», cercare di aggiustare quel che c’è. Molti economisti la considerano una filosofia sbagliata e fuorviante. Piaccia o no, questo decreto rappresenta perfettamente questo tipo di approccio. Ci sono norme per rendere più libero il mercato dei carburanti, abbassare il costo degli incentivi alle energie rinnovabili in bolletta, facilitare l’emissione e l’investimento in obbligazioni delle piccole e medie imprese.
Se confermato, sarà più semplice e si amplierà il tetto per le compensazioni fra crediti e debiti fiscali: da settecentomila a un milione di euro.
Nella logica del cacciavite le soluzioni ai problemi possono essere in qualche modo complicate. È il caso del sistema con il quale il governo tenta ad esempio di abbassare il costo in bolletta degli incentivi concessi ai produttori di energie rinnovabili.
Il decreto prevede l’emissione di bond da parte del Gse (il gestore unico per i servizi energetici), grazie ai quali sarebbe possibile finanziare una «spalmatura» su più anni dei costi e di fatto una riduzione dei costi legati agli incentivi per il fotovoltaico. Nel governo valutano una riduzione dei costi pari a circa due miliardi di euro l’anno, più o meno il 15-20% degli oneri per bolletta.
Questione di pochi euro, abbastanza per evitare la rabbia a chi mese per mese si calcola quanto paghiamo in ossequio ad uno dei più generosi sistemi di incentivazione del mondo civile. Un’altra novità rilevante in materia energetica riguarda le pompe di benzina: il decreto prevede di facilitare l’apertura di piccole pompe in città. Si tratta di tipi particolari di distributori completamente automatici che – dicono i tecnici – oggi sono sicuri ma spesso vietati da rigide norme comunali e regionali. La limitazione sarebbe così forte da spingere alcune compagnie – ad esempio Shell – a valutare l’abbandono della piazza italiana.
Ciascuno dei trenta articoli cerca di risolvere nel dettaglio piccole e grandi questioni. Per superare la difficoltà di accesso al credito delle piccole e medie imprese il decreto prevede ad esempio di rendere più semplici l’emissione e gli investimenti di obbligazioni garantite.
L’articolo 19 semplifica le procedure per l’apertura di microimprese che abbiano i requisiti per ottenere finanziamenti a tasso zero, l’articolo 21 si premura di rendere più facile la vita a chi voglia ottenere un titolo di rappresentante di commercio, mediatore e acconciatore. Scorrere decreti del genere aiuta a capire quanto sia complicato fare impresa in Italia. Valga citare l’articolo 24, che facilita la partecipazione a gare di appalto internazionale: d’ora in poi sarà possibile certificare le informazioni presso le Camere di Commercio non solo in italiano, ma anche in inglese. Meglio tardi che mai.
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