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LEZIONI DAL CASO EUROTECH

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*Ugo Bertone e’ il Direttore Responsabile di Finanza&Mercati. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) –
Tra le storie più pazze e deprimenti
di questa stagione
borsistica, la parabola di Eurotech
merita un po’ d’attenzione.
Perché ancora una volta, il
laboratorio friulano di Roberto
Siagri, scoperto di recente anche
dal professor Francesco
Giavazzi, attraverso il rapporto
Mediobanca, ha fatto scuola.
Ma non in senso positivo. Anche
se, pure stavolta,Mediobanca
c’entra.


Partiamo dal fondo. In due
giorni Eurotech è prima precipitato,
poi rimbalzato tra rinvii
per eccesso di rialzo. Oscillazioni
da brivido, il 40% o giù di lì al
termine di un mese horribilis:
dai 7,5 euro del 31 ottobre ai
4,30 euro.
Non occorre scomodare Sherlock
per sospettare manovre
speculative. Ma i soci-scienziati-
dipendenti, sia quelli che operano
nei laboratori della Carnia
che in quelli di Tokyo, Oxbridge e
americani, si dichiarano estranei.
Anzi, a leggere l’insider dealing,
semmai sono compratori. Eppure,
una società italiana hi tech,
per giunta public company, che
ha per clienti laMarina italiana e
quella Usa, la Boeing eFinmeccanica,
la Nikon e Mitsubishi tratta
oggi, in Borsa, ai valori di libro.

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Cosa che rende possibile un takeover
che avrebbe il sapore della
disfatta, per l’hi tech italiano.
Per carità, la Borsa è sovrana.
E ad Amaro, provincia di Udine,
non possono dimenticare che è
stata Piazza Affari a fornire i 130
milioni (15 ancora in cassa) che
hanno consentito agli ingegneri
friulani di dare una dimensione internazionale
alla loro ricerca, ormai
concentrata sui network intelligenti.

Una ricerca d’avanguardia, nel
quadro di un business plan che
non ha tradito le attese, ma dà i
suoi frutti: i «computer da indossare
» (divise per soldati o per
addetti alla sanità e alla protezione
civile) o scatole «nere»
che dialogano tra loro grazie a
sistemi integrati basati su sciami
di chips.
Una ricerca che ha suscitato
interesse e ammirazione degli
studiosi, anche di Mediobanca,
a caccia di esempi di economia
della conoscenza.

Poi, all’improvviso, un terremoto.
Il 31 ottobre Eurotech annuncia
che i ricavi 2007 saliranno
del 50% a 75 milioni contro i
100 già previsti. Per quattro
motivi: 1) il calo del dollaro (valuta
del consolidato); 2) il rinvio
di una commessa al 2008
per soddisfare nuove, specifiche
esigenze di un contractor
del Pentagono; 3) una gara rinviata
di qualche mese e che,
qualunque sia l’esito, non entrerà
nei conti 2007; 4) un contratto
sfumato. Sulla base dei questi
conti, Mediobanca, che in
primavera aveva fissato un target
price di 12,50 euro (il titolo
allora stava a 9 prima di un balzo
a 17), ha drasticamente tagliato
le stime da 11 a 4,85 euro
come già segnalato nel Finis
Terrae del 22 novembre. In quella
sede si ipotizzava che la severità
degli analisti di Piazzetta
Cuccia si giustificasse con una
staffetta tra specialist: via Mediobanca,
dentro Kepler, che ha
fissato un target price di 7,89
euro. Un duello tra banche, insomma,
che vale alcune decine
di migliaia di euro.
Speriamo che non sia così.
Perché il caso Eurotech va al di
là delle sorti borsistiche di una
delle poche navicelle della tecnologia
italiana.

Perché, al limite, Siagri entrerà
in caso di scalata a far parte
della ristretta pattuglia di cervelli
italiani diventati multimilionari
grazie a un’invenzione.
Ma ci piace ricordare che fu proprio
Mediobanca a credere in
Eurotech al momento dell’Ipo,
quando altre banche, quelle
stesse che avevano valutato siti
Internet a multipli stellari, non
andavano al di là del patrimonio
netto.

La Borsa italiana, nel biotech
come nel nanotech o nei chips,
ha bisogno di analisti competenti.
E che sappiano guardare al
di là dei conti trimestrali. Altrimenti,
per chi crea valore vero,
è davvero meglio emigrare. Non
è solo questione di liberalismo,
professor Giavazzi.

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