In un anno il lavoro indipendente perde circa 170 mila posti di lavoro e nei primi sei mesi del 2020, segnati dall’emergenza Covid, oltre 30 mila liberi professionisti (in prevalenza donne) hanno dovuto abbandonare la propria attività. Così emerge dal V Rapporto sulle libere professioni in Italia curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin.
Liberi professionisti, dati allarmanti
La contrazione del numero dei liberi professionisti insiste prevalentemente nel Nord Italia (-23,9%), dove scende anche il numero di liberi professionisti senza dipendenti, e nel Centro Italia (-28,3%).
In netta controtendenza il Sud Italia, dove la variazione risulta invece positiva per entrambe le componenti e a crescere è soprattutto il numero di datori di lavoro (+15,9%).
Lo stato di emergenza economica dei professionisti è confermato anche dal massiccio ricorso alle misure di sostegno messe in campo nei vari Dpcm varati durante la pandemia. Ad aprile le Casse di previdenza professionali hanno accolto oltre 400 mila domande per l’indennità dei 600 euro, introdotta dal decreto “Cura Italia”.
Le categorie che hanno fatto maggior ricorso alle indennità sono gli psicologi e i geometri, con una percentuale di domande presentate superiore al 60%. Seguono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, e i veterinari con percentuali intorno al 50%. Tutte le altre categorie si attestano sotto il 40%, mentre in coda, sotto il 12%, troviamo quasi tutte le professioni sanitarie e i notai.
L’impatto del Covid – 19 sul lavoro indipendente è stato pesantissimo. Nei primi sei mesi del 2020 l’intero comparto perde circa 170 mila lavoratori, di cui 30 mila sono liberi professionisti», commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. «Tale flessione va valutata tenendo d’occhio anche le dinamiche di lungo periodo. Per ragioni strutturali, nell’ultimo decennio il lavoro indipendente era già sotto pressione (-735 mila lavoratori circa), colpito da una silenziosa rivoluzione interna nei flussi di entrata e di uscita.
Nelle fasce di età più giovani mancano all’appello quasi 1 milione di persone: un crollo solo in parte compensato dalle fasce di età più anziane e dai nuovi ingressi dei laureati (+372 mila), che di norma si vanno a collocare tra i liberi professionisti.