Roma – Non bastavano i numeri decisamente preoccupanti sulla sovracapatità dell’industria europea. Nemmeno le previsioni fosche dei prossimi mesi. Ora il mercato dell’auto dovrà fare i conti con una nuova minaccia: la perdita di 73.000 posti di lavoro (35.000 nella migliore delle ipotesi). È l’allarme lanciato dall’Acea nel giorno del via libera di Bruxelles all’avvio dei negoziati per un accordo di libero scambio tra l’Europa e il Giappone.
Una “strada a senso unico”, secondo l’Associazione dei costruttori europei. Che, numeri alla mano, chiama in causa uno studio di Deloitte commissionato da Acea stessa, per dimostrare l’aumento delle importazioni di auto dal Giappone (stimato in 443.000 unità entro il 2020) non sarebbe nemmeno lontanamente compensato da quello delle esportazioni europee verso il Sol Levante (7.800 unità in più). Come dire che i vantaggi dell’intesa andrebbero tutti al Giappone, perché l’Europa si dovrebbe invece preparare a tagli pesanti nella produzione con tutto quel che può comportare in termini di lavoratori da lasciare a casa (73 mila appunto).
Secondo Acea, bisogna subito mettere sul tavolo dei negoziati uno dei punti cruciali dell’accordo, e cioè l’effettiva eliminazione delle barriere all’import di auto esistenti in Giappone senza che esse vengano sostituite da altri accorgimenti protezionistici. Per questo l’Associazione chiede alla Commissione Ue, al Parlamento e ai Paesi membri di vigilare sull’effettivo conseguimento di passi avanti su questo fronte e, se necessario, essere pronti a bloccare i negoziati.
Epperò la Commissione Europea insiste: un trattato col Giappone potrebbe aumentare il Pil Ue dell’1%, aumentare le esportazioni Ue di un terzo e perfino far spuntare 400.000 posti di lavoro in più in Europa.
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