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Libia: Frattini, danni ad aziende italiane costruzioni per 4 mld euro

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Tripoli – L’impatto energetico della crisi libica per l’Italia “non avra’ conseguenze insostenibili. Il nostro Paese e’ in grado di sostenere le conseguenze nel breve-medio periodo”. E’ quanto sottolinea e ribadisce il ministro degli Affari esteri, Franco Frattini, intervenendo in Aula alla Camera nel corso dell’informativa sulla crisi in Libia. Frattini ha pero’ ricordato anche l’impatto della crisi sulle imprese italiane impegnate con lavori nel Paese, per le quali si profila un “impatto piu’ duro” soprattutto nel settore delle infrastrutture. Per esse, ha aggiunto Frattini, “si valuta una ricaduta negativa valutabile in 4 miliardi di euro”.

Intanto è sicuro: la fornitura di gas attraverso il gasdotto Greenstream e’ sospesa. Lo comunica l’Eni, precisando di essere in grado di far fronte alla domanda di gas dei propri clienti. La decisione di chiudere temporaneamente il gasdotto ”Greenstream”, che collega l’Italia ai giacimenti della Libia, sarebbe stata decisa dall’Eni gia’ nella tarda serata di ieri, quando, dalla centrale di pompaggio di Mellitha e’ iniziata la graduale riduzione della quantita’ di metano da inviare alla stazione di ricevimento di Gela.

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La Francia chiede l’adozione in tempi “rapidi” di “sanzioni concrete” da parte dell’Unione europea nei confronti delle autorità libiche: è quanto ha detto il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy. Parigi sostiene la sospensione delle relazioni economiche e finanziarie con il paese nordafricano “fino a nuovo ordine”, ha detto il capo dello Stato.

La Francia ha una esposizione verso il paese, stando a quanto riporta il canale Class Cnbc, pari al 16%, mentre l’esposizione dell’Italia è maggiore, pari al 24%. Berlusconi continua a trincerarsi nel silenzio, mentre parla il Ministro degli esteri Frattini. Intervenendo in Aula alla Camera, il ministro ha ribattuto che nel discorso alla nazione del leader libico Muammar Gheddafi c’erano “accuse piene di una retorica anti-italiana condita da indicazioni palesemente false, come che l’Italia abbia fornito razzi ai rivoltosi della Cirenaica”. Il titolare della Farnesina ha giudicato quelle di Gheddafi come “frasi completamente false, dalla prima all’ultima parola”.

Frattini ha anche affermato che: “Non abbiamo notizie esatte sul numero dei morti, ma la mancanza di comunicazione ci fa dire che la cifra di mille purtroppo è verosimile. L’Italia ribadirà la ferma condanna delle violenze inaccettabili”.

Una svolta dell’Italia? Per Nichi Vendola, intervistato alla ‘Telefonata’ su Canale 5,, per via dei suoi rapporti con la Libia, l’Italia sta “apparendo complice di un tiranno nel momento in cui si denuncia un genocidio. Di fronte a questo non è possibile essere esitanti”.

Secondo il leader di Sel è quindi inutile parlare di linea comune con il governo sui profughi: “L’attenzione – dice – non va spostata sui profughi. In questo momento il tema è il vento di libertà che sta soffiando e come contribuiamo a cacciare i dittatori dal Mediterraneo”.

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Secondo Nbc News il dittatore libico Gheddafi sta perdendo il potere sull’esercito, sono sempre piu’ numerosi i casi di diserzione a favore del popolo in rivolta. Non solo i militari si rifiutano di eseguire gli ordini di sparare sulla folla dei manifestanti, ma consegnano perfino ai rivoltosi armi, razzi, bazooka per sostenere la rivolta contro il regime del Colonnello. E’ dunque guerra civile, per i 7 milioni di cittadini libici, di cui il 70% ha meno di 24 anni di eta’. Secondo Nbc (il network Usa ieri sera e’ riuscito a fare entrare nel paese un inviato con una telecamera) Gheddafi controllerebbe in questo momento solo il 30% del territorio libico e avrebbe perso quasi completamente il controllo delle zone Est del paese.

Libia sempre nel caos: testimoni dalla Capitale parlano di oltre mille vittime per i bombardamenti sulla folla scesa in piazza contro il regime. E le violenze proseguono. Nuova apparizione in tv del Colonnello: Ancora non usata la forza ma lo faremo. Un aereo C130 dell’Aeronautica militare è pronto a partire per il rimpatrio di un centinaio di italiani. Appello di Napolitano: ascoltare il popolo. Berlusconi telefona a Gheddafi. Al Jazira mostra immagini di corpi carbonizzati. Palazzo Chigi istituisce un comitato permanente.

GHEDDAFI DI NUOVO IN TV – ‘Useremo la forza, manifestanti ratti pagati dall’estero’. Nuova apparizione del Colonnello in tv dopo quella lampo della scorsa notte. Il leader libico ha parlato dalla propria abitazione nel centro di Tripoli che fu bombardata da aerei Usa nel 1986 e poi trasformata in un una sorta di monumento nazionale. Una sua figlia adottiva morì nel bombardamento. “Io morirò come un martire, come mio nonno”. Ha detto Gheddafi dagli schermi della tv di Stato. “Resisterò: libertà, vittoria, rivoluzione!”. Il Colonnello ha attaccato duramente i protagonisti della rivolta: i manifestanti sono “ratti pagati dai servizi segreti stranieri” e gli insorti sono “una vergogna per le loro famiglie e le loro tribù”. Gheddafi ha accusato Usa e Italia di avere “distribuito ai ragazzi a Bengasi” razzi rpg. ‘Non siamo ancora ricorsi alla forza ma lo faremo’, ha minacciato il leader libico. “Chiunque ami Muammar Gheddafi, esca di casa e vada nelle strade. Non useremo violenza”, E’ l’invito rivolto dal presidente libico durante l’intervento in tv.

BERLUSCONI A GHEDDAFI, NO RAZZI ITALIA A RIBELLI – Il premier Silvio Berlusconi ha smentito seccamente al leader libico Gheddafi la possibilita’ che l’Italia abbia fornito armi o razzi ai manifestanti a Bengasi. Secondo quanto si apprende nel corso della telefonata, durata una ventina di minuti e avvenuta dopo le dichiarazioni di Gheddafi, Berlusconi ha parlato con il leader libico della situazione in Libia, ribadendo la necessita’ di una soluzione pacifica all’insegna della moderazione per scongiurare il rischio di degenerazione in una guerra civile.

FRATTINI, RAZZI DA ITALIANI? PURA FALSITA’ – ”Se fossero confermate le parole di Gheddafi si tratterebbe di una purissima falsita’ che lascia sgomenti e sbigottiti”. Cosi’ il ministro degli Esteri, Franco Frattini, commenta le parole attribuire al leader libico secondo cui razzi sarebbero stati forniti dall’Italia ai manifestanti. ”Razzi non ne abbiamo mai dati, razzi italiani non ci sono”, ha aggiunto Frattini.

MINISTRO INTERNO, SONO VIVO,PASSO CON RIVOLTOSI – Il ministro dell’interno della Libia, Abdel Fatah Yunis, che nel suo discorso Muammar Gheddafi aveva dato per morto, assassinato a Bengasi, è vivo e ha annunciato la propria defezione e il suo appoggio alla “rivoluzione del 17 febbraio”. Lo dice l’emittente Al Jazira.

TESTIMONI, OLTRE MILLE MORTI A TRIPOLI – Sono oltre mille i morti a Tripoli durante i bombardamenti sulla folla di manifestanti scesi in piazza per protestare contro il regime di Muammar Gheddafi. A riferirlo è il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia. “Manca l’energia elettrica e i medicinali negli ospedali”, ha riferito ancora Aodi, che ha rivolto un appello al governo italiano affinché si mobiliti “per un aiuto economico e con l’invio di medicinali in Libia. Il governo non rimanga in coma, sordo e cieco, alla rivoluzione che è in atto in queste ore”.

PONTE AEREO RIPORTA A CASA ITALIANI. 400 RIENTRATI DA TRIPOLI,IN ATTESA 160 DA ALTRI LUOGHI – Sono rientrati nel pomeriggio i primi italiani che hanno voluto lasciare la Libia, travolta dalla dura repressione dei manifestanti anti Gheddafi. Centinaia di persone sono rimpatriate oggi, o stanno tornando in queste ore a Fiumicino e Malpensa, mentre non è ancora partito dall’Italia, per motivi di sicurezza, il C-130 dell’aeronautica militare che doveva decollare nel pomeriggio per riportare in Italia un centinaio di italiani.

ENI, SOSPESA FORNITURA GAS DA GREENSTREAM – La fornitura di gas attraverso il gasdotto Greenstream e’ sospesa. Lo comunica l’Eni, precisando di essere in grado di far fronte alla domanda di gas dei propri clienti. La decisione di chiudere temporaneamente il gasdotto “Greenstream”, che collega l’Italia ai giacimenti della Libia, sarebbe stata decisa dall’Eni già nella tarda serata di ieri, quando, dalla centrale di pompaggio di Mellitha è iniziata la graduale riduzione della quantità di metano da inviare alla stazione di ricevimento di Gela. Motivi precauzionali, legati alla sicurezza degli impianti, avrebbero indotto i dirigenti della società italo-libica a interrompere la produzione e la spedizione del gas. Buona parte del personale indigeno di Mellitha, infatti, non si sarebbe presentato al lavoro, preferendo raggiungere i connazionali in rivolta che manifestano nelle piazze delle città libiche. Restano in servizio in Africa alcuni dipendenti italiani.

NAPOLITANO, STOP VIOLENZE – Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sta seguendo con attenzione le drammatiche notizie provenienti dalla Libia che riferiscono di un già pesante bilancio di vittime fra la popolazione civile. Il Capo dello Stato sottolinea come alle legittime richieste di riforme e di maggiore democrazia che giungono dalla popolazione libica vada data una risposta nel quadro di un dialogo fra le differenti componenti della società civile libica e le autorità del Paese che miri a garantire il diritto di libera espressione della volontà popolare. Lo afferma una nota del Quirinale.

BERSANI, ITALIA MAI COSI’ DEBOLE DA 50 ANNI – “Il presidente Napolitano ha detto parole chiare, quelle che doveva dire il governo italiano nella prima ora. E’ un dato di fatto innegabile che questo passaggio drammatico sorprende l’Italia in un periodo di massima debolezza da 50 anni a questa parte per colpa di una politica del ghe pensi mi che ha portato in politica estera a relazioni personali che ci hanno ridotto alla subordinazione”. Così il segretario Pd Pier Luigi Bersani attacca il governo sulla Libia.

AMNESTY A BERLUSCONI, INTERVENGA SU GHEDDAFI – Il premier Silvio Berlusconi chieda a Gheddafi, in virtù dei loro rapporti “stretti e duraturi”, l’immediata ed incondizionata fine delle violazioni dei diritti umani che stanno avvenendo in Libia. Lo sollecita, in una lettera inviata in tarda mattinata al presidente del consiglio italiano, il segretario generale di Amnesty Inrternational Salil Shetty. Nella lettera – inviata anche ai ministri Franco Frattini e Roberto Maroni – Shetty chiede anche all’Italia la sospensione della fornitura di armi, munizioni e veicoli blindati alla Libia fino a quanto non sarà cessato completamente il rischio per la popolazione libica della violazione dei diritti umani.

Il governo italiano sospenda l’accordo sottoscritto con la Libia nel 2008 in tema di immigrazione. L’organizzazione chiede quindi che siano sospese le operazioni congiunte con la polizia libica sul controllo dei flussi migratori.

AL JAZIRA MOSTRA IMMAGINI CORPI CARBONIZZATI BENGASI – Cadaveri carbonizzati e resti di corpi umani “appartenenti alle vittime” dei bombardamenti compiuti contro i civili a Bengasi sono stati mostrati oggi dalla tv panaraba al Jazira. L’emittente ha trasmesso le crude immagini “riprese stamattina tramite telefoni cellulari” nella città costiera a est di Tripoli. Sempre al Jazira ha mostrato altre immagini, “riprese “nell’ospedale centrale” della capitale, dei civili uccisi nelle ultime 24 ore a Tripoli da colpi di arma da fuoco sparati da “mercenari”.

APPELLO PROFUGHI, CI UCCIDONO CON COLTELLI E MACETE – “Ci stanno uccidendo con coltelli e macete”. E’ questo il messaggio di sos arrivato al cellulare di don Mosie Zerai, presidente dell’Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo e lanciato da alcuni profughi che si trovano in Libia. “Profughi Eritrei, Etiopi, Somali chiedono aiuto, ricevo sms dove descrivono la tragedia – spiega il sacerdote -. Vanno nelle case dove vivono gruppi di africani scambiati per mercenari del regime. Decine di questi ragazzi sono quelli che sono stati respinti dall’Italia. Altri stanno morendo nelle carceri libiche come Mishratah, sotto bombardamenti, chiedono aiuto! L’Europa e l’Italia potrebbe offrigli spazi nel suo piano di evacuazione che è già in atto. Chiediamo che venga valutata – è l’appello di don Zerai – la possibilità di salvare la vita di queste persone, anche dando un rifugio provvisorio nell’Ambasciata Italiana”.(ANSA)

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La situazione in Libia resta critica: testimoni dalla Capitale parlano di oltre mille vittime per i bombardamenti sulla folla scesa in piazza contro il regime. Si dimettono gli ambasciatori libici in Usa e in Francia e anche il rappresentante presso l’Unesco.

Mentre il bilancio dei bombardamenti sulla folla di manifestanti si aggrava, Muammar Gheddafi e’ tornato in tv, dopo la brevissima apparizione, appena 22 secondi, della scorsa notte. Nell’intervento delirante da una baracca di Tripoli il leader libico annuncia l’intenzione di apportare importanti riforme e una diluizione del potere: offrira’ ai governi locali una semi-autonomia e la possibilita’ di avere i loro propri bilanci fiscali indipendenti.

Accuse a Regno Unito, Italia e Stati Uniti. “Manifestanti drogati, pagati dai paesi stranieri”. Ma questo tentativo di ‘restaurare il feudalesimo’ – per cosi’ dire – non avra’ sicuramente l’effetto sperato di calmare gli animi degli oppositori. Il leader non risparmia nemmeno i media, dicendo che alcune emittenti televisive arabe stanno “servendo satana”.

“Se sara’ necessario useremo la forza, nel rispetto delle leggi internazionali e della costituzione libica” (che pero’ non esiste). “Gli attivisti saranno giustiziati senza pieta’”. “Se fossi presidente mi dimetterei, ma io non sono presidente, sono il leader della rivoluzione, non ho nulla da cui dimettermi”. E ancora: “Un piccolo gruppo di giovani sotto effetto di droghe ha attaccato i commissariati di polizia, vogliono imitare la Tunisia, fanno circolare droga e denaro”.

Intanto mentre l’Onu chiede all’Italia di non respingere i rifugiati, il senatore della Lega Umberto Bossi annuncia che gli immigrati provenienti dalla Libia saranno mandati in Europa, probabilmente in Germania.

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IL CAIRO – (Asca) Il gasdotto che collega la Libia con l’Italia e’ ”completamente fermo da ieri sera”. Lo confermano all’Asca fonti industriali dopo che in mattinata e’ circolata la notizia di un rallentamento del flusso di metano dalla Libia al terminale di Gela del Greenstream. Gli ultimi dati ufficiali di Snam Rete Gas, aggiornati pero’ solo all’altro ieri, mostravano ancora un flusso regolare con oltre 25 milioni di metri cubi in entrata dalla Libia.

Le forniture di gas dalla Libia all’Italia si starebbero avviando verso una progressiva interruzione. E’ quanto apprende l’ADNKRONOS da fonti informate, dopo che i manifestanti della citta’ libica di Nalut hanno minacciato di fermare l’afflusso di gas verso l’Italia chiudendo il gasdotto che passa proprio per la loro provincia. La notizia è stata ripresa anche da Sky Tg 24.

(TMNEWS) – I flussi di gas importato dalla Libia in Italia attraverso il gasdotto Greenstream avrebbero subito un rallentamento a partire da ieri sera e la situazione “è in peggioramento”. Lo riferiscono fonti vicine al dossier, secondo quanto riportato dalla Staffetta Quotidiana, giornale specializzato sui temi dell’energia. Nei giorni scorsi di crescenti disordini in Libia i flussi sul Greenstream si erano mantenuti regolari e su livelli elevati, intorno ai 25 milioni di mc/giorno. “Il rallentamento di ieri sera potrebbe mostrarsi nei dati di Snam sulla giornata di ieri ancora in attesa di pubblicazione e probabilmente ancor più su quelli di oggi, che saranno pubblicati domani”, spiega Staffetta. Nel 2010 la Libia ha fornito all’Italia 9,4 miliardi di mc di gas, pari a circa l’11% dei consumi nazionali.

Nel frattempo, mentre al Jazeera riporta la notizia di nuovi raid aerei su Tripoli il leader libico Muammar Gheddafi è apparso ieri sera in televisione per smentire le voci che lo davano in fuga dalla Libia, sconvolta da giorni dalle proteste e da una violenta repressione, e riparato in Venezuela. “Vedrò i giovani in Piazza Verde. Per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela, e smentire le televisioni, questi cani”, ha detto il colonnello, ripreso dalla televisione di stato libica nella sua residenza di Bab Al Aziziya, a Tripoli.

SAIF GHEDDAFI: NIENTE MASSACRI Sempre la tv di Stato ha smentito questa mattina le voci di “massacri” nel paese anche se dal mondo arabo (e dagli Stati Uniti) si moltiplicano le voci di condanna per la sanguinosa repressione organizzata dal regime del colonello. La tv Al-Jamahiriya cita anche Saif, il figlio del colonnello. Per Saif non è stato effettuato nessun raid su Tripoli o Bengasi ma l’aviazione ha bombardato “depositi di armi lontani dai centri abitati”.

RAID PROSEGUONO, BILANCIO MORTI OLTRE 500 – secondo l’emittente araba al Jazeera l’aviazione libica sta effettuando nuovi raid su alcune zone della capitale Tripoli. Testimoni parlando di aerei e elicotteri in azione e di “mercenari” che sparano sui civili in città. A confermare il ricorso all’aviazione contro i civili è lo stesso ambasciatore libico in India Ali al-Essawi, che ieri si è dimesso. L’ambasciatore ha chiesto all’Onu di chiudere lo spazio aereo libico “per proteggere la popolazione” e ha aggiunto di poter confermare la presenza di mercenari nel paese.

Nel frattempo l’ International Coalition Against War Criminals, una rete di organizzazioni non governative formatasi nel 2009 per monitorare il conflitto israelo-palestinese, riferisce che dall’inizio delle proteste, una settimana fa, ci sono stati 519 morti, 3980 feriti e 1500 dispersi. Il bilancio è riportato dall’emittente araba al jazeera.

IL MONDO ARABO IN ALLARME – La crisi libica mette in allarme il mondo arabo. Mentre hamas e l’Iran condannano le violenze contro i civili, la Lega araba convoca una riunione d’urgenza per oggi e l’Egitto rafforza i controlli alla frontiera. La riunione è prevista alle 17 locali (le 16 italiane) e si terrà a livello di ambasciatori dei ventidue membri dell’organizzazione.

Il segretario della Lega araba, Amr Moussa, ha espresso la sua “estrema preoccupazione” dopo la cruenta repressione delle manifestazioni contro il colonnello Muammar Gheddafi in Libia, chiedendo di “interrompere tutte le forme di violenza”. “Le rivendicazioni di tutti i popoli arabi che richiedono riforme, lo sviluppo e il cambiamento sono legittime”, ha dichiarato Moussa in un comunicato. Il rappresentante permanente della Libia presso la Lega, Abdel Moneim al-Honi, ha annunciato le dimissioni dall’incarico unirsi alla “rivoluzione” e ha protestato per la “violenza contro i manifestanti” nel Paese. L’egitto, intanto, ha rafforzato la presenza militare al confine con la Libia.

GLI STRANIERI VANNO VIA – In questa situazione, gli stranieri ancora in Libia cercano di lasciare il paese. Un C-130 dell’aeronautica militare italiana è pronto a partire per Bengasi alla scopo di rimpatriare i primi 100 italiani dalla città libica”: lo ha confermato oggi il ministro della difesa, Ignazio La Russa, precisando che “l’aereo dovrebbe partire in mattinata e rientrare in giornata”. Ma dall’Egitto giunge la notizia che la pista dell’aeroporto di Bengasi sarebbe stata distrutta e nessun aereo potrebbe quindi atterrare.

Intanto un aereo militare portoghese, arrivato ieri all’aeroporto di Tripoli, ha sgomberato nella notte 114 persone verso una base militare della Nato in Italia. Lo ha annunciato l’agenzia Lusa, che cita una fonte governativa. Fra le persone trasferite, ci sono 80 portoghesi e 34 stranieri, ha precisato questa fonte del segretariato di stato alle Comunità portoghesi. Ieri l’ambasciatore portoghese a Tripoli, Rui Aleixo, aveva precisato che questi stranieri erano dipendenti di imprese portoghesi e delle Nazioni Unite. L’aereo C-130 dell’aviazione portoghese potrebbe effettuare una nuova tappa oggi. Le autorità non hanno però precisato se l’aereo si recherà, come inizialmente previsto, a Bengasi, seconda città della Libia che si trova mille chilometri di Tripoli, dove una cinquantina di portoghesi sono in attesa di sgombero.

Stessa cosa fanno le aziende francesi, che cominciano a rimpatriare i propri dipendenti dalla Libia. Il gruppo petrolifero Total ha annunciato il rimpatrio della “maggior parte” dei propri lavoratori nel Paese nordafricano, precisando che ”alcuni effettivi” sarebbero rimasti per sorvegliare gli impianti ”con misure di sicurezza rafforzate”. Decisione analoga per l’azienda di servizi Vinci, che sta attualmente studiando le migliori condizioni per rimpatriare i propri dipendenti in Libia.

Intanto il paese è nel caos più totale: oltre mille operai cinesi sono stati costretti a fuggire dal cantiere edile dove lavoravano in Libia, attaccato da uomini armati. Stando a quanto riferisce oggi la stampa ufficiale cinese, l’attacco è avvenuto domenica scorsa nel cantiere della società cinese Huafeng, situato nella città orientale di Ajdabiyah. I ladri hanno portato via bagagli e computer, senza fare feriti, ha precisato la stampa, citando l’Ambasciata cinese a Tripoli. Gli operai, muniti di passaporto e cibo, hanno quindi deciso di incamminarsi verso Tripoli, distante “alcune centinaia di chilometri”, con la speranza di prendere il primo volo per la Cina. Ieri, Pechino ha invitato gli imprenditori a rinviare i loro viaggi in Libia e le imprese attive nel Paese ad adottare ogni cautela a causa degli scontri in corso da giorni. Ieri, circa 500 libici hanno invaso e saccheggiato un cantiere edile sudcoreano nei pressi di Tripoli, causando feriti.

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(ANSA) – Libia sempre nel caos: nuovi attacchi aerei su Tripoli e mercenari che sparano sui civili. All’indomani della giornata sangue con oltre 250 morti per la repressione del regime alle proteste di piazza – massacri
smentiti dalla tv di stato – oggi Al Jazira riferisce di nuovi raid dell’aviazione libica. Nella notte apparizione lampo in tv del colonnello Gheddafi: sono a Tripoli. Un aereo C130 dell’Aeronautica militare è pronto a partire per il rimpatrio di un centinaio di italiani. Frattini dal Cairo: temo enorme flusso di immigrati. Non ci risultano sospensioni di gas.

A Palazzo Chigi vertice tra il premier e i ministri dell’Interno, degli Esteri, della Difesa e dello Sviluppo economico su crisi libica e immigrazione. Riunione anche del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

PALAZZO CHIGI, ITALIA VICINA A POPOLO LIBICO – L’Italia è vicina al popolo libico che sta attraversando un momento tragico della sua storia. E’ quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi.

Sono “totalmente false, provocatorie e prive di fondamento le voci riguardo presunti aiuti italiani militari o sotto qualsiasi altra forma nelle azioni contro i manifestanti e a danno dei civili”.

CARD.BAGNASCO,POPOLO REAGISCE SE COLPITI DIRITTI – Le popolazioni “prima o dopo reagiscono” a una visione dell’uomo “che è contro i suoi diritti fondamentali, contro la sua dignità”. Lo ha detto il presidente della Cei card. Angelo Bagnasco oggi a Genova.

AL JAZIRA,TESTIMONI,NUOVI RAID AEREI SU TRIPOLI – Residenti a Tripoli citati dalla tv Al Jazira sul suo sito riferiscono di nuovi attacchi aerei questa mattina su alcuni quartieri di Tripoli. Secondo le fonti “mercenari” sparano sui civili in città.

LA RUSSA, PRONTO C130 RIMPATRIO 100 ITALIANI – ”Non arriverà a Bengasi, dove l’aeroporto è stato bombardato, ma in un altro scalo della Libia” il C130 dell’Aeronautica Militare che dovrebbe rimpatriare oggi un centinaio di italiani. Lo ha detto da Abu Dhabi il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sottolineando che “per motivi di sicurezza” non rende noto il luogo dove il velivolo militare atterrerà.

BAN KI-MOON, OGGI RIUNIONE CONSIGLIO SICUREZZA – Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunirà oggi per discutere della crisi in Libia. Lo ha annunciato il segretario delle Nazioni unite Ban Ki-moon, precisando di aver parlato con il leader libico Muammar Gheddafi e di averlo esortato alla moderazione.

APPARIZIONE LAMPO DI GHEDDAFI IN TV, SONO A TRIPOLI – Il leader libico Muammar Gheddafi stanotte ha fatto un’apparizione lampo sugli schermi della Tv libica per annunciare di persona di trovarsi a Tripoli e non in Venezuela e per confutare “le malevole insinuazioni” propagate sul suo conto dai media occidentali. La Tv di stato aveva annunciato nella tarda serata di ieri che il leader della Jamahiriyha si sarebbe rivolto in nottata al suo popolo sullo sfondo della più drammatica crisi che il paese sta vivendo da quando il colonnello, nel 1969, è salito al potere. Ma chi si aspettava uno dei suoi discorsi fiume è stato deluso.

A conferma della sua fama di uomo sempre e comunque imprevedibile, Gheddafi si è concesso alle telecamere solo per 22 secondi. E’ stato inquadrato con un mantello, uno stravagante copricapo nero e sotto un ombrello (a Tripoli pioveva) mentre stava per salire su un fuoristrada nella sua residenza di Bab Al Azizia, a Tripoli. “Vado ad incontrare i giovani nella piazza Verde. E’ giusto che vada per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela: non credete a quelle televisioni che dipendono da cani randagi”, ha detto il colonnello facendo riferimento alle informazioni diffuse ieri da numerose tv e media internazionali sulla sua presunta fuga da Hugo Chavez.

Con una scritta in sovrimpressione, la tv libica ha spiegato che “in un incontro in diretta con la rete tv satellitare Al Jamahiriya, il fratello leader della rivoluzione ha smentito le insinuazioni dei network malevoli”. Il ministro degli esteri britannico, William Hague, aveva dichiarato ieri a margine di una riunione a Bruxelles che Gheddafi aveva probabilmente abbandonato il suo Paese per far rotta verso il Venezuela. Prima di trasmettere le immagini del leader, la tv libica aveva mandato in onda un balletto in costume. Dopo ha mostrato invece immagini patriottiche di soldati in marcia con musica araba come colonna sonora. Pur breve che sia stata, quella di stanotte è la prima apparizione televisiva di Gheddafi da quando la rivolta contro il suo regime è scoppiata una settimana fa. Suo figlio Seif al Islam ieri notte ha invece parlato in diretta per 45 minuti, promettendo riforme, denunciando un complotto internazionale contro la Libia e ammonendo che il regime intende resistere “fino all’ultimo uomo e all’ultima donna”.

– (TMNews) – Nave Elettra della Marina militare italiana è stata mobilitata in relazione alla crisi in corso in Libia. Lo ha confermato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, oggi in visita ufficiale ad Abu Dhabi, senza aggiungere ulteriori precisazioni. Secondo quanto riferito da fonti qualificate, la nave – attualmente attraccata al porto di La Spezia – si recherebbe in acque internazionali, di fronte alle coste libiche. Nave Elettra è una nave polivalente, dotata di apparecchiature radar, capace di procedere a una guerra elettronica, con strumenti di ascolto e raccolta informazioni. A bordo, secondo quanto si è appreso, potrebbero esserci anche alcune unità delle forze speciali italiane.

Intanto mentre i leader islamici sostengono che la rivolta è un dovere divino di ciascuno, si diffondono voci di golpe militare. L’Onu e l’Ue chiedono stop dell’uso della forza. Frattini: siamo sull’orlo della guerra civile. Ma il regime non si ferma. Allerta massimo in tutte le basi aeree italiane.
Esodo degli stranieri: soprattutto il personale delle società petrolifere come Shell, Bp, Statoil e Eni, che ha imbarcato su charter i dipendenti non operativi con le famiglie, oltre a Finmeccanica e altre aziende italiane.

ALLERTATI CACCIA TRAPANI E GIOIA COLLE – Allertati al “massimo livello di prontezza” gli Stormi dell’Aeronautica militare di Trapani e Gioia del Colle (Bari), da cui partono i caccia che hanno il compito di intercettare velivoli entrati senza autorizzazione nello spazio aereo nazionale. E’ quanto fanno sapere all’Aeronautica. Dopo gli aerei libici atterrati nel pomeriggio a Malta, sono state dunque innalzate le misure per la difesa aerea italiana. Sia da Gioia del Colle (con gli Eurofighter) che da Trapani (con gli F16), tutti gli equipaggi sono così pronti a decollare immediatamente, se necessario, per neutralizzare eventuali minacce aeree. Ulteriori misure potranno essere valutate nel prossimo futuro a seconda dell’evoluzione del rischio.

“Il livello di attenzione degli aeroporti e delle basi aeree può essere modificato, e quindi innalzato, a discrezione del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica. Questo è stato fatto, ma non è nulla di più di quanto avviene per casi meno eclatanti”. Lo ha detto ad Abu Dhabi, dove si trova in visita ufficiale, il ministro della difesa Ignazio La Russa.
“Abbiamo predisposto l’invio di una piccola unità logistica in Libia, ha detto La Russa – nelle prossime ore avremo una riunione interministeriale con Maroni e Frattini”. “Ove fosse necessario siamo pronti ad affrontare il problema” del rimpatrio degli italiani dalla Libia, “ma al momento non è previsto un rimpatrio coatto dei nostri connazionali”. Ha sottolineato La Russa.

FARNESINA E ALITALIA VALUTANO RAFFORZAMENTO VOLI – La Farnesina sta valutando – a quanto si apprende – un’ipotesi di rafforzamento delle tratte aeree da e per Tripoli è al momento in valutazione con l’Alitalia (che ha già disposto in coordinamento con il ministero degli Esteri un aumento della capacità dei suoi voli di linea) per favorire, in tempi quanto più rapidi possibile, il deflusso dei connazionali che abbiano manifestato, attraverso l’Ambasciata o la stessa Unità di Crisi, l’intenzione di lasciare il Paese, ed in particolare la Tripolitania dove è concentrata la maggioranza degli italiani.

VICE-AMBASCIATORE TRIPOLI ALL’ONU,’E’ GENOCIDIO’ – Il vice-ambasciatore libico all’Onu ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito “un genocidio” perpetrato dal regime di Tripoli e ha chiesto che venga istituita una no fly zone su TRipoli. Lo riferisce la Bbc nel suo sito internet. Secondo l’emittente britannica l’intera delegazione libica presso le Nazioni Unite ha chiesto un’azione internazionale.

SEIF AL ISLAM ORDINA INCHIESTA SU VIOLENZE – Seif al-Islam, uno dei figli del leader libico Muammar Gheddafi, ha ordinato la costituzione di una commissione d’inchiesta sulle violenze, capeggiata da un giudice libico e con la partecipazione di organizzazioni libiche e straniere che si battono per i diritti umani. Lo riferisce la tv di stato libica, secondo al Bbc online.

CAOS ALL’AEROPORTO DI TRIPOLI PER ESODO STRANIERI – All’aeroporto di Tripoli da stamane é il caos più totale. Centinaia di stranieri in attesa di lasciare il paese dopo che la rivolta popolare ha raggiunto Tripoli, dove stanotte “é stato terribile, spari da tutte le parti e una fiumana di gente per le strade anche dei quartieri residenziali”, ha detto all’ANSA Albert C., direttore di una società francese raggiunto per telefono all’aeroporto. “Sto cercando di far partire una quarantina di dipendenti con le famiglie”, ha aggiunto, “ma qua è un disastro, gli aerei non bastano”. Un giovane italiano che lavora nella società di famiglia a Tripoli è riuscito a partire dopo una lunga attesa, perché, protesta con l’ANSA, “ho dovuto lasciare il posto ad alcuni diplomatici, mi hanno fatto slittare di almeno 14 posizioni nella lista…una vergogna”.

1.500 GLI ITALIANI, FARNESINA CONSIGLIA DI PARTIRE – Gli italiani che vivono “stabilmente” in Libia sono 1.500 e la Farnesina e l’ambasciata “stanno consigliando di partire” con voli commerciali. Lo riferiscono a Bruxelles fonti della Farnesina, precisando che “al momento l’Italia non prevede un piano di evacuazione”. Dei 1500 italiani che vivono stabilmente in Libia, 500 sono dipendenti di grandi imprese italiane. Pochissime unità vivono a Bengasi, la stragrande maggioranza è concentrata a Tripoli. “L’ambasciata italiana sta consigliando di partire, attraverso i voli Alitalia che sono ancora operativi”, hanno riferito le fonti. “Chi vuole partire, con l’assistenza della nostra ambasciata, può partire. Tutte le opzioni sono allo studio, incluso un’intensificazione dei voli Alitalia”, hanno aggiunto le fonti.

La rivolta in Libia contro il regime del colonnello Gheddafi non si limita più alla sola Cirenaica o al sud berbero. L’emittente satellitare araba al Jazeera riferisce notizie allarmanti da Tripoli. La rivolta ormai sembra dilagare anche nella capitale libica. Secondo fonti ospedaliere citate dalla televisione nella sola giornata di oggi ci sarebbero 61 morti nella capitale.

L’edificio del governo, inoltre, sarebbe in fiamme mentre i rivoltosi stanno attaccando basi militari e commissariati di polizia. I manifestanti che nella notte dalle campagne e dai villaggi attorno alla capitale hanno raggiunto Tripoli hanno attraversato la città per dirigersi verso la centralissima Piazza Verde o Piazza dei Martiri.

Qui molti manifestanti si sono insediati e sono iniziati scontri con gruppi di sostenitori di Gheddafi, scesi in strada dopo il discorso del figlio del colonnelo Saif in tarda serata. Ieri sera La sede di una televisione e di una radio pubbliche è stata saccheggiata a Tripoli, dove sono stati dati alle fiamme anche posti di polizia e alcuni edifici dei comitati rivoluzionari. “Il locale che ospita la televisione Al Jamahiriya 2 e la radio Al-Shababia è stato saccheggiato”, ha detto alla France presse un testimone sotto anonimato.

La diffusione dell’emittente televisiva e di quella radiofonica risultava sospesa ieri sera, ma è ripresa questa mattina. Al Jamahariya 2, seconda rete pubblica, e la radio Al Shababia, erano state lanciate nel 2008 dal figlio del leader libico Muammar Gheddafi, Saif Al Islam, prima di essere nazionalizzate. Stando a diverse testimonianze raccolte dalla France presse, ieri sera sono stati dati alle fiamme diversi edifici pubblici, tra cui commissariati di polizia e locali dei Comitati rivoluzionari, situati in diversi quartieri di Tripoli, compresi quelli più vicini a Piazza Verde.

I manifestanti, segnala al Jazeera, hanno attaccato anche un edificio dei servizi di intelligence e almeno due stazioni di polizia, una a Souq Jamaa, l’altra nel quartiere di Zawadahmany. Parlando in televisione, Saif Gheddafi ha detto che il padre è a Tripoli e da qui sta guidando la battaglia.

“Distruggeremo i responsabili della rivolta”, ha ammonito Saif , sottolineando che “l’esercito avrà ora un ruolo cruciale nell’imporre la sicurezza perché sono in gioco l’unità e la stabilità della Libia”. “Il nostro morale – ha aggiunto – è più alto e il leader Muammar Gheddafi, qui a Tripoli, conduce la battaglia e noi lo sosterremo, come pure le nostre forze armate. Noi libereremo la Libia e combatteremo fino all’ultimo uomo, fino all’ultima donna e fino all’ultimo proiettile”. Voci non verficate si rincorrono da ore relativamente a una possibile fuga di Gheddafi all’estero.

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Il leader libico Muammar Gheddafi potrebbe aver lasciato la Libia ieri sera. E’ quanto afferma la France presse, riferendo di informazioni non confermate. Anche il diplomatico libico in Cina, Hussein Sadiq Al Mousrati, ha dichiarato che il numero uno libico potrebbe aver già “lasciato la Libia”. Si parla di una fuga che avrebbe come destinazione il Venezuela. Tuttavia il figlio del colonnello smentisce.

Ieri sera è stato proprio il figlio del colonnello Gheddafi a parlare alla nazione, in un discorso trasmesso alla tv, dopo giorni di violenza, sottolineando che “la Libia non è l’Egitto nè la Tunisia” e che “Muammar Gheddafi non è nè Zine El Abidine Ben Ali nè Mubarak”. Nelle scorse settimane, proteste di piazza hanno costretto alle dimissioni i due leader di Tunisia ed Egitto. Gheddafi non ha rilasciato nessuna dichiarazione dall’inizio delle proteste, il 15 febbraio scorso. Il colonnello è al potere dal 1969. “Noi non cederemo un pollice della Libia – ha sottolineato il figlio – vivremo in Libia, moriremo in Libia”.

Ma intanto la Libia è sull’orlo della guerra civile, e non solo: continuano le proteste in Marocco e Iran. “L’onda d’urto” nata in Tunisia e proseguita in Egitto, continua a diffondersi dal Nord Africa in Medio Oriente. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha invitato a “non ricorrere alla forza e a rispettare le libertà fondamentali” nei Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, che vivono una protesta popolare senza precedenti.

In Libia c’è la situazione più preoccupante. Il figlio del colonnello Muammar Gheddafi – al potere da 42 anni – ha detto ieri sera in un discorso trasmesso dalla televisione che il popolo deve scegliere tra costruire una “nuova Libia” e sprofondare nella “guerra civile “, mentre gli scontri si sono allargati anche alla capitale Tripoli.

La repressione delle autorità ha provocato quasi duecento morti – ne sono stati accertati 173 – dall’inizio della rivolta, secondo l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (Hrw), che cita fonti ospedaliere. Secondo Saif al Islam, i bilanci forniti dagli “organi di informazione stranieri” sono “molto esagerati”. Ma ha riconosciuto che alcune città, tra cui Bengasi ed El Beida, sono state preda di violenti scontri, e che i ‘rivoltosi’ sono in possesso di armi da guerra. Seif al-Islam, che guida la corrente riformista dal 2007, prima di annunciare il suo ritiro dalla politica un anno dopo, ha detto che la Libia è stato bersaglio di un complotto straniero.

E mentre l’Europa chiede di fermare subito le violenze, Tripoli minaccia: stop alla cooperazione sull’immigrazione se non cessa il sostegno alla rivolta. Frattini: siamo preoccupati dalle possibili conseguenze sui flussi migratori. La Russa: su Gheddafi non avrei usato la parola ‘disturbare’. La Farnesina sconsiglia i viaggi in Cirenaica. Intanto nelle prossime ore è atteso un discorso alla nazione di Seif al-Islam, figlio secondogenito del leader libico Gheddafi.

‘FACCIAMO CIO’ CHE E’ GIUSTO’ – L’Unione europea respinge la minaccia delle autorità libiche di interrompere la cooperazione nella gestione dei flussi di immigrazione illegale se la Ue non smetterà di incoraggiare i manifestanti. “Noi abbiamo sentito delle minacce, ma alla fine dei conti la Ue fa ciò che è giusto”, ha replicato l’alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, al suo arrivo al Consiglio esteri. La Ashton ha chiesto inoltre alla Libia di cessare subito le violenze contro chi manifesta.

UNITA’ MILITARE CON RIVOLTOSI, BENGASI ‘LIBERATA’ – Due residenti della città – il dottor Habib al-Obaidi, capo della terapia intensiva all’ospedale Al-Jalae, e l’avvocato Mohammed al-Mana – hanno raccontato per telefono che i militari hanno detto di aver cambiato campo e di avere sconfitto i reparti fedeli a Gheddafi. Ora la città è “liberata”. “Ci stanno dicendo che sconfitto la Guardia Pretoriana e che si sono uniti al popolo in rivolta”, ha raccontato al-Mana.

FARNESINA, NO TASSATIVO A VIAGGI IN CIRENAICA – In considerazione della gravità della situazione in Cirenaica, in particolare nelle città di Bengasi, Ajdabya, Al Marj, Al Beida, Derna e Tobruk, la Farnesina “sconsiglia tassativamente qualsiasi viaggio non essenziale nella Regione”. Recita così l’ultimo avviso particolare sulla Libia pubblicato oggi sul sito della Farnesina viaggiare sicuri.

LA RUSSA, NON AVREI USATO LA PAROLA DISTURBARE – “Non avrei usato la parola ‘disturbare’. Lo dico francamente, avrei usato un altro termine ma non ci si può impiccare alle parole”. Così il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, intervistato da Fabio Fazio durante la trasmissione di Raitre ‘Che tempo che fa’, sollecitato dal conduttore sulla frase che il premier avrebbe pronunciato quando gli hanno chiesto se aveva telefonato a Gheddafi. “Siamo molto preoccupati”, ha detto La Russa. “Berlusconi in verità non ha detto che non voleva disturbare”. La Russa ha osservato che la Libia è “a un tiro di sputo” dalle nostre coste e che “la prudenza di Berlusconi, tenuto conto di quello che è in gioco, si è manifestata nelle dichiarazioni pubbliche, al di là dell’azione della Farnesina, e la trovo giustificata”. A giudizio del ministro La Russa per quanto riguarda la crisi libica “c’é un problema di non ingerenza entro certi livelli, bisogna considerare il popolo libico alla stessa stregua di quello tunisino o egiziano. E al di là della non ingerenza ci vuole rispetto per i diritti umani che deve essere totale”.

AL JAZIRA, A BENGASI LANCIO RAZZI RPG – L’esercito sta sparando razzi Rpg sui manifestanti a Bengasi. Lo riferisce una testimone alla televisione satellitare Al Jazira, aggiungendo che le forze dell’ordine stanno anche utilizzando proiettili urticanti per disperdere la manifestazioni. Secondo un attivista , Mohamed Nabus, sono 258 i corpi all’obitorio dell’ospedale al Galaa della città.

VESCOVO TRIPOLI,NON SI SA CHI COMANDA A BENGASI – “Non siamo in grado di sapere a chi appartengano in questo momento Bengasi e le altre città della Cirenaica”: è quanto ha affermato il vescovo di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, raggiunto telefonicamente dall’ANSA. Nella capitale invece “l’atmosfera è tranquilla e stamane si vedono solo piccoli cortei di sostegno a Gheddafi”, ha raccontato il presule. “Avevamo chiesto alle autorità libiche protezione per le chiese e i conventi della Cirenaica e ci hanno risposto che loro non possono fare niente”, ha detto il vescovo. Monsignor Martinelli si è però dichiarato possibilista sull’evolversi della situazione. “Io penso che possa esserci una forma di riconciliazione. E’ un Paese grande, è un Paese che non vuole guerre o conflitti”, ha osservato. “Certo – ha precisato – ci deve essere un gesto di tolleranza da entrambe le parti”

La repressione di Muammar Gheddafi si abbatte sulla Cirenaica in rivolta, soprattutto a Bengasi, dove fonti mediche citate da Al Jazira hanno denunciato una “spaventosa carneficina”. Le forze di sicurezza, secondo il racconto di testimoni, hanno anche sparato contro un corteo funebre uccidendo almeno 15 persone.

GOOGLE METTE A DISPOSIZIONE NUMERI TWITTER – Google ha messo a disposizione dei numeri con i quali arrivare a Twitter, per consentire ai libici di comunicare anche col blocco di Internet. Lo riferisce il sito Lybia Al Youm.

(TMNews) – Nuove manifestazioni di protesta si stanno svolgendo questa mattina a Bengasi, nell’est della Libia. L’esercito ha sparato razzi contro la folla che protesta davanti alla sede del tribunale locale, ha detto un avvocato raggiunto per telefono, Mohammed al Mughrabi. Secondo quanto riferito dal legale, “almeno 200 persone” sono morte a Bengasi dall’inizio delle manifestazioni di protesta, martedì scorso. La situazione è particolarmente critica negli ospedali, che non hanno attrezzature e personale sufficienti per accogliere tutti i feriti. Al Mughrabi ha chiesto alla Croce rossa internazionale di “inviare ospedali da campo” per curare chi ne ha bisogno. (fonte afp)

Sono duecento i morti e ottocento i feriti negli scontri fra manifestanti e forze dell’ordine a Bengasi. Lo riferisce Sami Mahmoud, attivista dei diritti umani, alla televisione satellitare Al Jazira.

VESCOVO TRIPOLI,NON SI SA CHI COMANDA A BENGASI – “Non siamo in grado di sapere a chi appartengano in questo momento Bengasi e le altre città della Cirenaica”: è quanto ha affermato il vescovo di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli, raggiunto telefonicamente dall’ANSA. Nella capitale invece “l’atmosfera è tranquilla e stamane si vedono solo piccoli cortei di sostegno a Gheddafi”, ha raccontato il presule. “Avevamo chiesto alle autorità libiche protezione per le chiese e i conventi della Cirenaica e ci hanno risposto che loro non possono fare niente”, ha detto il vescovo. Monsignor Martinelli si è però dichiarato possibilista sull’evolversi della situazione. “Io penso che possa esserci una forma di riconciliazione. E’ un Paese grande, è un Paese che non vuole guerre o conflitti”, ha osservato. “Certo – ha precisato – ci deve essere un gesto di tolleranza da entrambe le parti”

La repressione di Muammar Gheddafi si abbatte sulla Cirenaica in rivolta, soprattutto a Bengasi, dove fonti mediche citate da Al Jazira hanno denunciato una “spaventosa carneficina”. Le forze di sicurezza, secondo il racconto di testimoni, hanno anche sparato contro un corteo funebre uccidendo almeno 15 persone. In quattro giorni di violenze, secondo Human Rights Watch, i morti in Libia sono 84, ma l’opposizione parla di 120 e oltre. Dal Paese, dove internet è bloccato da ieri, poco trapela se non da fonti ufficiali. In nottata l’agenzia libica Jana ha riferito che decine di arabi sono stati arrestati perché membri di una “rete” cui compito è destabilizzare la Jamahiriya.

TRIPOLI, NOTTE DI SCONTRI A FUOCO – Un residente a Tripoli, contattato dall’ANSA, ha segnalato che come già nella precedente anche la notte scorsa si sono uditi colpi di armi da fuoco. L’uomo, citando anche altri testimoni, ha precisato che le sparatorie sono avvenute non solo fra polizia e manifestanti, ma anche fra sostenitori e avversari del leader libico Muammar Gheddafi, nelle zone di Janzur, Tajura, Gurgi, Gargaresh. A Tripoli le scuole oggi sono chiuse e la città viene descritta “sottotono”: alcune rotonde nei pressi della caserma di Bab El Azziziya sono presidiate da militari armati.

Nel buio dell’informazione interrotta, con il blocco di Internet e Facebook inaccessibile, anche in mancanza di notizie certe gli echi dei disordini in Libia si fanno comunque sempre più drammatici: per il quarto giorno consecutivo, disordini e violenze ieri sono stati segnalati a Bengasi, dove le forze di sicurezza, secondo testimoni, hanno aperto il fuoco su un corteo funebre provocando almeno 15 morti. Nel capoluogo della Cirenaica, città tradizionalmente avversa a Muammar Gheddafi, il temuto massacro sembra essere già cosa fatta. Una fonte locale citata dall’agenzia Reuters parla di “decine” di vittime mentre la BBC, sul suo sito online, afferma che per sparare sulla folla i cecchini del regime avrebbero fatto uso di fucili mitragliatori e mortai. Mentre da più parti si parla di un apparato che sta perdendo controllo di almeno una parte del paese, l’agenzia ufficiale Jana ieri sera ha dato notizia dell’arresto di decine di cittadini di Paesi arabi appartenenti a una “rete” che aveva lo scopo di “destabilizzare” il Paese.

AGENZIA JANA, ARRESTATI DECINE CITTADINI ARABI – Le autorità libiche hanno fatto sapere di aver arrestato decine di cittadini stranieri di Paesi arabi appartenenenti a una “rete” che aveva lo scopo di destabilizzare il Paese. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa ufficiale libica Jana.

SITO GIORNALE, FIGLIO GHEDDAFI ASSEDIATO A BENGAZI – Il figlio di Gheddafi, Saadi, si trova a Bengazi assediato dai manifestati che vogliono arrestarlo, secondo quanto riferisce il sito Internet del quotidiano ‘Libya El Yom’. Lo stesso giornale parla inoltre di una forza militare speciale, capeggiata da Abdallah Al Senoussi -genero e capo della guardia speciale dello stesso Gheddafi- e composta da circa 1500 soldati, diretta nella città nell’est del Paese per prelevare Saadi e riportarlo a Tripoli.

BERLUSCONI, NON HO SENTITO GHEDDAFI, NON LO DISTURBO – “No, non lo ho sentito. La situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno”: così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, lasciando palazzo Grazioli, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano se avesse avuto modo di sentire il leader libico in queste ore. “Siamo preoccupati per tutto quello che sta succedendo in tutta l’area”, ha aggiunto”.

PANNELLA, BERLUSCONI E PD COMPLICI SOSTEGNO GHEDDAFI – “Il Pd è complice insieme a Silvio Berlusconi dell’indegnità del rapporto tra Italia e Libia”. A dirlo è Marco Pannella che ha fatto un intervento al 39esimo congresso del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito. Prima di occuparsi delle vicende libiche, di ora in ora sempre più drammatiche, Pannella ha rivolto dure critiche al centrosinistra: “Il Pd ha lucidamente ‘filiato’ la tomba del governo Prodi, per fare poi un’alleanza con Di Pietro. Uso la parola ‘filiare’ perchénon posso usare il termine ‘concepire” nel senso che quelli politicamente non sono in grado di farlo”. Tornando alla Libia, il ledear storico dei radicali ha criticato la linea tenuta “dai vari D’Alema e da Berlusconi in base alla quale si doveva aiutare la dittatura di Gheddafi contro il popolo libico fino a farlo diventare una specie di re di tutta l’Africa”.

CASINI, GOVERNO RIFERISCA A CAMERE E CONDANNI VIOLENZE – “In Libia èin corso un silenzioso massacro di giovani intellettuali e lavoratori che protestano contro un regime liberticida. Le autorità italiane assistono in modo silenzioso e forse imbarazzato nel ricordare le indegne sceneggiate a cui ci ha costretto ad assistere il colonnello Gheddafi sul territorio italiano con la sola voce indignata di una parte dell’opposizione. Chiediamo che il Governo riferisca in Parlamento al più presto su quanto sta avvenendo e che le Camere esprimano una condanna netta e ferma per atti di violenza perpetrati nei confronti di spontanee manifestazioni di protesta popolare contro un regime tirannico”. Lo afferma il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini.