ROMA (WSI) – Ce l’hanno fatta Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due tecnici italiani dell’azienda Bonatti, che erano stati rapiti con Fausto Piano e Salvatore Failla, che sono rimasti invece uccisi.
La buona notizia, seguita a quella tragica arrivata ieri, è stata confermata dalla Farnesina, che ha reso noto che Pollicardo e Calcagno sono stati liberati, e al momento si trovano sotto la tutela del Consiglio militare di Sabratha e in buone condizioni di salute.
A parlare della loro liberazione è stato lo stesso Pollicardo che, in un video diffuso dai media della Libia, ha detto:
“Sono Gino Pollicardo e sono qui con il mio collega Filippo Calcagno. Siamo in un posto sicuro, un posto di polizia qui in Libia. Stiamo bene e speriamo di tornare urgentemente in Italia perché abbiamo bisogno di ritrovare le nostre famiglie”. Pollicardo ha aggiunto: “ci stanno trattando bene”.
Sulla pagina Facebook di Sabratha Media Center è stata pubblicata la fotografia, insieme a un video di 19 secondi che mostra i due subito dopo il rilascio, insieme alla foto di un bigliettino (datato 5 marzo) scritto da Pollicardo:
“Oggi 5 marzo 2016 siamo liberi e stiamo discretamente ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia”.
Si è concluso così l’inferno per i due tecnici, colleghi di altri due tecnici che invece non ce l’hanno fatta: Fausto Piano e Salvatore Failla sono morti, dopo essere stati rapiti con Pollicardo e Calcagno, lo scorso luglio, a Melitah. A dare la notizia della liberazione di Pollicardo e Calcagno, in mattinata, è stato il quotidiano La Stampa.
La notizia è stata confermata ai microfoni di RaiNews24 dal giornalista Domenico Quirico, che ha citato “fonti sicure”.
Nelle ultime ore il capo del Consiglio comunale di Sabratha, Hussein al Zawadi, ha riferito all’Associated Press che i due italiani uccisi sono rimasti vittime nel corso degli scontri tra i jihadisti dell’ ISIS e truppe fedeli a Tripoli, che hanno agito insieme alle milizie alleate.
I due ostaggi che si sono salvati sarebbero invece sopravvissuti ai raid, riuscendo a liberarsi da soli dai combattenti jihadisti.
Intanto, il giorno dopo il dolore per la morte degli altri due italiani, dal mondo politico arrivano dichiarazioni di gioia ma anche di forti polemiche.
Il governo Renzi è sotto attacco da parte delle opposizioni per il ruolo, ancora poco chiaro, che l’Italia ha e avrà in Libia. Un ruolo che sembra essere stato spiegato meglio dall’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, John R. Phillips che, in un’intervista a Il Corriere della Sera, ha affermato che “l’Italia potrà fornire fino a circa cinquemila militari”, aggiungendo che “occorre rendere Tripoli un posto sicuro e far in modo che l’Isis non sia più libero di colpire”.
L’ambasciatore ha confermato:
“Stiamo lavorando accuratamente con l’ Italia. La mancanza di un governo stabile ha reso la Libia un posto attraente per i terroristi. Non possiamo forzare un accordo, però si va verso un governo di unità nazionale che, sulla base della risoluzione dell’Onu, potrà domandare al vostro Paese e ad altri di andare a Tripoli per creare isole di stabilità e progredire da queste. La Libia è la maggiore priorità per voi ed è molto importante anche per noi. È importante che prendiate la guida dell’azione internazionale”.
Ma da ovunque, a partire dalla notizia dei due tecnici uccisi in circostanze ancora misteriose, si levano le critiche contro un possibile intervento dell’Italia in Libia.
Dalla presidente della Camera Laura Boldrini al leader della Lega Matteo Salvini, passando per il M5S e Sinistra Italiana, tutti dicono no a Renzi.
Altolà anche da parte dell’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, intervistato ieri a Piazza Pulita su La 7.
“Attenzione a non compiere passi azzardati (..) Abbiamo già alle spalle un’esperienza in cui si è creata una situazione di fatto da parte di alcuni Paesi europei. Abbiamo imparato tutti che quando fai un passo, devi sapere qual è quello dopo”.
Un attenti è arrivato anche dall’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi:
“La guerra è l’ultima, l’ultima cosa da fare, e non può che essere fatta in ambito Onu (…) L’Italia deve sicuramente avere un ruolo serio ma non certamente da sola, sottolineando che “il nostro presidente del Consiglio e l’Onu hanno detto” che un intervento è possibile “solo dopo una richiesta del governo unitario e al momento siamo lontanissimi da questo… ci sono due parlamenti sfasciati, due governi che non parlano fra loro e agiscono tribù e gruppi armati. Insomma, non c’è una situazione per cui si possa in questo momento intervenire”.
Ancora, a delineare meglio il quadro in Libia e il ruolo che l’Italia ricoprirebbe sono due stessi generali italiani: si tratta di Leonardo Tricarico e Vincenzo Camporini, intervistati da IlFattoQuotidiano.it.
In particolare Tricarico, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica ha detto:
“Dopo aver giustamente ribadito per mesi che non avremmo mai mandato soldati in Libia senza l’invito di un governo di unità nazionale, la situazione di stallo diplomatico e l’evoluzione della situazione militare sul terreno costringono il governo a cambiare idea e a decidere di intervenire senza richiesta di intervento da parte di un esecutivo libico, accordandosi con le tribù e le milizie dell’area di tradizionale interesse energetico italiano, ovvero la Tripolitania, in cui si trova il terminal Eni di Mellitah, mentre le forze speciali francesi e inglesi sono schierate in Cirenaica a sostegno delle forze del governo di Tobruk. Una scelta di divisione del territorio per aree di influenza dal sapore neocolonialistico”.
Idem l’ex capo di stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini che, riferendosi alla possibilità che il governo italiano stia per mandare in Libia :
“Se veramente il governo avesse preso una simile decisione, sarebbe non solo in aperta contraddizione con la saggia linea tenuta fin qui dal nostro Paese, cioè aspettare la formazione e l’invito di un governo libico unitario, ma ci metterebbe anche, per forza di cose, nella peculiare posizione di schierarci dalla parte del governo islamico di Tripoli che oggi controlla l’ovest della Libia in cui si trovano gli impianti Eni, e che è avverso a quello di Tobruk sostenuto dai nostri alleati”.
Così in un tweet Alessandro Di Battista, membro del direttorio M5s:
“Una nuova guerra in Libia sarebbe un disastro. Un dramma nel 2011 un Vietnam oggi. Difendete gli italiani, non le lobbies delle armi!”.