ROMA (WSI) – Soffiano venti di guerra in Libia, dove tra la primavera e l’estate la Nato potrebbero lanciare un’offensiva contro l’ISIS. Praticamente nello stesso momento tre paesi del Mediterraneo, Malta, Grecia e Italia, hanno chiuso i loro spazi aerei e territori a tutti i velivoli in partenza dalla Libia, a parte qualche rara eccezione come per esempio il trasporto di soldati o persone evacuate.
In simultanea, si sono svolte tre esercitazioni della Nato, senza però che la chiusura dello spazio aereo vi abbia ufficialmente niente a che fare. Il primo paese ad agire è stato l’Italia, seguito da Malta. Oggi è stato il turno della Grecia.
I tre paesi hanno comunicato la chiusura ad aerei ed elicotteri tramite NOTAM (“NOtice To AirMen”). In Italia è l’Enav ad essere incaricata di distribuire simili informazioni l’11 maggio. La misura di emergenza resterà in vigore fino all’8 agosto 2016, così come per Malta, che ha reso nota la misura con un giorno di ritardo. L’Italia si prepara insomma ad attaccare, più per colpire i jihadisti dell’ISIS, per difendere i pozzi di Eni e per tentare di ridurre i flussi migratori provenienti dalla vicina Libia.
Dopo aver provocato la caduta del regime di Gheddafi, generando il caos in Libia nel nome dell’esportazione della democrazia, l’Europa e gli Stati Uniti si trovano a dover fare i conti da una duplice minaccia: una grave crisi dei rifugiati e l’avanzata incalzante dell’Isis, che sta conquistando aree logistiche in un paese estremamente ricco di petrolio e quanto mai diviso.
Libia: guerra a guida italiana
Il paese si ritrova ora diviso in tre fazioni politiche. Un eventuale conflitto in territorio libico non rappresenterebbe solo una sconfitta politica per gli Stati Uniti e la Francia, che tanto hanno spinto per intervenire nel paese e spodestare il raìs dittatore – fino a pochi mesi prima grande amico dell’Occidente – Gheddafi, ma anche una disfatta totale della realpolitik di Angela Merkel, la cancelliera tedesca che figura tra i principali artefici della nascita del governo di Fayez Serraj, che non ha alcuna legittimazione parlamentare.
Barack Obama stesso ha finito per ammettere che la sua più grande rammarico degli otto anni di presidenza è stato quello di non avere ideato per tempo una strategia per il dopo Gheddafi. Le armi dei ribelli finanziati con i soldi dell’Occidente e addestrati dai servizi di intelligence francesi e americane sono finite nelle mani di gruppi pericolosi e nemici di Europa e Stati Uniti, come l’ISIS.
Gli Stati Uniti hanno fatto capire a più riprese che l’operazione sarà a guida italiana. Secondo il Washington Post resta però ancora poco chiara quale sarà la forza militare che condurrà le operazioni in Libia. Nonostante la disponibilità condizionata dell’Italia resti in piedi, il premier Matteo Renzi aveva cercato di scongiurare l’ipotesi di una “invasione” che si configuri in assenza di un preciso mandato delle Nazioni Unite.