Un quadro a tinte fosche è quello che restituisce l’Istat per l’Italia del futuro secondo cui la popolazione residente nel nostro Paese è in decrescita e da 59,6 milioni al 1° gennaio 2020 scenderà a 58 mln nel 2030, a 54,1 mln nel 2050 e infine a 47,6 mln nel 2070.
Il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050 mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale. Nel lungo termine le conseguenze della dinamica demografica prevista sulla popolazione totale si fanno più importanti. Tra il 2050 e il 2070 la popolazione diminuirebbe di ulteriori 6,5 milioni (-6,4‰ in media annua). Sotto tale ipotesi la popolazione totale ammonterebbe a 47,6 milioni nel 2070, conseguendo una perdita complessiva di 12,1 milioni di residenti rispetto a oggi.
Già da diversi anni, precisamente dal 2007, l’Italia sta affrontando la realtà di un ricambio naturale negativo, fattore alla base del processo di riduzione della popolazione, nonostante la parziale contropartita di dinamiche migratorie con l’estero di segno positivo.
Entro il 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 35% del totale secondo lo scenario mediano, mentre l’intervallo di confidenza al 90% presenta un campo di variazione compreso tra un minimo del 33,1% e un massimo del 36,9%. Comunque vada sarà pertanto necessario adattare ancor più le politiche di protezione sociale a una quota così crescente di popolazione anziana. 50,7 anni è l’età media della popolazione nel 2050.
Italia del futuro: è crisi demografica
Entro 10 anni dice l’Istat, l’81% dei Comuni italiani avrà subito un calo di popolazione, l’87% nel caso di Comuni di zone rurali. Previsto in crescita il numero di famiglie ma con un numero medio di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza tanto, che entro il 2040 una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non avrà figli.
Forte il declino demografico nel Mezzogiorno. La traiettoria di crescita dell’invecchiamento nella ripartizione si estende anche negli anni successivi, fino a completare dal 2050 il sorpasso nei confronti del Centro. A quella data, infatti, l’età media nel Mezzogiorno avrebbe raggiunto i 51,6 anni contro i 51,3 del Centro.
Nonostante la presenza di un significativo margine di incertezza, che al 2070 comincia a essere importante per un indicatore come l’età media, il Mezzogiorno rallenterebbe ma non fermerebbe il suo percorso raggiungendo un’età media della popolazione superiore ai 52 anni.
A quel punto, invece, sia il Nord (49,7 anni) sia il Centro (51,1) avrebbero già avviato da tempo il percorso contrario, ossia quello verso una struttura per età almeno in piccola parte ringiovanita.
Entro il 2040 oltre 10 milioni di persone sole
Nell’Italia del futuro è atteso un forte aumento le persone sole, con lo sviluppo di vere e proprie micro-famiglie. Gli uomini che vivono da soli passeranno da 3,6 milioni nel 2020 a 4,3 milioni nel 2040 (+17%). Le donne sole sarebbero invece destinate ad aumentare da 5 a 6,1 milioni (+23%). Questo tipo di famiglie, in ragione soprattutto della loro composizione per età, ha una ricaduta sociale importante: è, infatti, principalmente nelle età avanzate che aumentano molto le persone sole.
Fra gli individui di 65 anni e più, nel ventennio in esame si riscontrerebbe un aumento di ben 640mila uomini soli e di 1,2 milioni di donne sole. L’aumento della sopravvivenza delle persone anziane e, tra queste, di quelle sole, potrebbe comportare un futuro aumento dei fabbisogni di assistenza.
Ma l’aumento delle persone sole anziane comporta anche risvolti positivi dice l’Istat. In particolare, l’aumento della sopravvivenza in quantità di anni di vita vissuti e, si presuppone, anche in qualità della vita, potrebbe consentire a queste persone di svolgere un ruolo attivo nella società. Ad esempio, come già accade oggi e più verosimilmente un domani, supportando le famiglie dei propri figli nella cura dei nipoti e garantendo loro sostegno economico, partecipando al ciclo economico non solo come consumatori di servizi assistenziali ma anche come investitori di capitali.
Infine un accenno ai flussi migratori. Superato lo shock pandemico, si ipotizza che le immigrazioni dall’estero possano recuperare i livelli mediamente rilevati nel quinquennio 2015-2019 a partire dall’anno 2023.
Da tale momento, con una quota di immigrati intorno alle 280mila unità, lo scenario mediano contempla un sostanziale rientro alla normalità, in concomitanza della ripresa economica e della progressiva attuazione del PNRR e nel medio e lungo termine si prevede, quindi, una graduale diminuzione degli ingressi fino al valore di 244mila nel 2070.