L’Italia è al lavoro per diversificare le forniture di gas e materie prime energetiche. “I nostri governi hanno firmato una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia. A questa si aggiunge l’accordo tra Eni e Sonatrach (il gruppo energetico algerino, ndr), per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi ad Algeri, a valle ieri della firma dell’accordo sull’energia con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune. Presenti nella delegazione italiana anche i ministri Di Maio e Cingolani e l’ad di Eni De Scalzi.
“L’accordo non termina nel 2024 ma il flusso sarà costante o su una rampa che andrà a crescere: da Algeri avremo circa 3 miliardi di metri cubi in più di gas subito, altri 6 nel 2023 per arrivare a 9 miliardi, circa 3 miliardi di gas e 3 di Gnl (gas naturale liquefatto, ndr)“, ha precisato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.
Il premier Draghi ha rivendicato: “Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, avevo annunciato che l’Italia si sarebbe mossa con rapidità per ridurre la dipendenza dal gas russo. Gli accordi di oggi sono una risposta significativa a questo obiettivo strategico, ne seguiranno altre. Il Governo vuole difendere i cittadini e le imprese dalle conseguenze del conflitto”.
Non solo gas
La collaborazione tra Italia e Algeria non si limiterà al gas. “Italia e Algeria vogliono rafforzare la cooperazione anche in altri settori. L’Italia è pronta a lavorare con l’Algeria per sviluppare energie rinnovabili e idrogeno verde. Vogliamo accelerare la transizione energetica e creare opportunità di sviluppo e occupazione”, ha affermato Draghi.
Il piano dell’Italia di autosufficienza per il gas
Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani al programma tv “Agorà Extra”, trasmesso da Rai 3 l’8 marzo scorso, aveva dichiarato che all’Italia servivano 24-30 mesi per diventare indipendente dal gas della Russia, da cui ne importiamo 29 miliardi di metri cubi, ossia circa il 40% del totale. E aveva spiegato: “Entro la primavera circa 15-16 miliardi saranno rimpiazzati da altri fornitori, ne rimane la metà. Il piano di autosufficienza energetica è chiaro: bisogna accelerare tantissimo sulle rinnovabili a breve termine, potenziare la nostra capacità di rigassificare e anche tutte altre sorgenti, penso ai carburanti sintetici, al biometano, e all’idrogeno“. Sul fronte dei rigassificatori, il titolare del Mite ha ricordato che “abbiamo 3 rigassificatori al 60% che potranno essere portati a una efficienza migliore. Quest’anno poi installeremo il primo rigassificatore galleggiante e poi costruiremo altre infrastrutture nei prossimi 12-24 mesi. Se la situazione rimarrà com’è adesso e consumeremo lo stesso gas di oggi, accelerando su tutte le rinnovabili, potremo comunque garantire il percorso di decarbonizzazione al 50%”.
Cosa succederebbe senza gas russo?
Nel caso in cui Putin decida di interrompere completamente le forniture di gas al nostro paese in risposta alle sanzioni occidentali, oppure sia l’Occidente a decidere di volerne fare a meno, “le nostre riserve attuali e il piano di emergenza ci darebbero un tempo sufficientemente lungo da arrivare alla stagione buona. Dovremmo fare dei sacrifici ma non fermeremmo le macchine. Per metà anno circa la metà del gas che importiamo dalla Russia sarà sostituito da altre fonti”, aveva detto Cingolani in un’intervista al Tg1 lo scorso marzo.