(9Colonne) – Roma, 21 set – “Non sono una politica né una dissidente, sono solo una donna che ha perso il marito. Ho un figlio, e anche per lui devo difendere la memoria di Alexander. Voglio che si sappia cosa c’è dietro la sua morte. Voglio che qualcuno paghi” afferma Marina Litvinenko intervistata dall’Unità in occasione della visita in Italia per presentare il suo libro “Morte di un dissidente”. “Litvinenko non era pericolo per quello che avrebbe potuto dire – afferma la vedova -. Il suo è stato un omicidio rituale, con un elemento di passionalità. Putin non poteva permettere che le persone che lui considerava suoi nemici si fossero rifugiate a Londra mettendolo in una condizione di impotenza nei loro confronti”. “Mio marito – continua la donna – è stato ucciso con il polonio radioattivo perché è un veleno perfetto e molto difficile da individuare. Se Alexander fosse stato meno forte e se non avesse resistito così tanto prima di morire ora non sapremmo perché è morto. Lui non ha mai avuto dubbi nell’accusare Putin”. “Per me è importante che si sappia quello che Alexander voleva che la gente sapesse – conclude -. Che si sappia chi siano i mandanti del suo omicidio. Ma soprattutto che l’Occidente sappia che in Russia stiamo assistendo ad una nuova era del Kgb: è gente cresciuta credendo che il nemico sia l’Occidente e ci crede ancora”.