Società

LO STATO INCORAGGIA
GLI EVASORI

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(WSI) –
Evasione fiscale sempre al top nel nostro paese. Giustificata, istigata, senza rossore e vergogna da autorevoli giornalisti e da politici importanti ogni volta che scoppia un caso, soprattutto se l’evasore frequenta i salotti televisivi o è un idolo celebrato dei mass-media. Chi appare e guadagna milioni di euro, senza impegnare troppo il cervello,ha il diritto di evadere e se viene beccato ha anche il diritto di indignarsi perché lo Stato ha osato chiedere il dovuto senza attendere il responso dei canonici tre gradi di giudizio. E cioè, non ha aspettato che tutto finisse nel nulla con tante scuse all’evasore. Sì, perché, come dice il ministro Padoa Schioppa chi evade è un ladro, ma dal momento che lo Stato inteso come somma di governi e amministrazione facilita l’evasione di chi può pagarsi un ottimo avvocato, tutto sommato, le proteste indignate trovano alibi e comprensioni.

Nel 2006 il fisco, cioè lo Stato, ha recuperato l’1,23% dell’evasione accertata: 609.831 euro su 49 miliardi e mezzo di evasione accertata dall’Agenzia delle entrate. No. Non è una battuta. Anzi, nel 2006 si è registrato un miglioramento rispetto agli anni precedenti: 1,21% nel 2005; 0,57% nel 2004 e 0,80% nel 3003.

Ora, governi, quello attuale e i precedenti, che incassano meno del 2% dell’evasione fiscale accertata, quando annunciano campagne antievasione non sono credibili e forniscono alibi di ferro ai vari Valentino Rossi di turno, i quali sanno bene che tanto alla fine non pagheranno. Alla incapacità tout court dello Stato di incassare, si aggiunge la lunghezza e la farraginosità dei processi tributari, che non finiscono mai, con moltiplicazione dei contenziosi. Il processo tributario passa attraverso tre gradi di giudizio (I grado, II grado e Cassazione) come tutti gli altri processi e come negli altri processi la certezza della pena (in questo caso la restituzione del malloppo sottratto alla collettività) non esiste.

In più, ai tre gradi di giudizio, si aggiunge quello della Commissione Centrale che avrebbe dovuto vivere fino ad eliminazione del contenzioso pregresso e che invece, come tutte le istituzioni provvisorie, è diventata permanente, avendo da smaltire oltre 300 mila pendenze che richiederanno non meno di 15 anni di lavoro. Per cui, nonostante lavorino a pieno ritmo 27 sezioni della Commisione Centrale le speranze di incassare quanto gli evasori devono allo Stato è davvero remota. Il contenzioso poi, finisce nell’imbuto dell’unica Sezione della Cassazione.

Sarebbe davvero tanto difficile risolvere problemi che in una normale, ordinaria ed efficiente amministrazione pubblica non dovrebbero esistere?

Alle carenze politiche e organizzative dello Stato e dell’amministrazione si aggiungono quelle più gravi più specificamente politiche. A quanto ammonta l’evasione fiscale effettiva nel nostro paese? E qual è l’ingiustizia più grande che rende impossibile l’uguaglianza dei contribuenti di fronte alla Costituzione e alla legge ordinaria? I dati che vengono forniti dai governi, da istituti di ricerca, dai sindacati dei lavoratori e degli imprenditori cambiano di settimana in settimana.

La grande incognita è rappresentata dalla ricchezza da economia illegale e criminale che evade totalmente fisco e contributi. Berlusconi il 17 Giugno del 2005 dichiarava:” Il sommerso è al 40%, ma vi sembra che sia un paese che non tenga? Andiamo…”. Per l’allora presidente del consiglio l’evasione fiscale totale del 40% della ricchezza prodotta dal paese era una benedizione. Nello stesso periodo l’OCSE faceva sapere che la ricchezza da economia sommersa corrispondeva al 27% del totale e l’allora ministro Maroni la quantificava in 400 miliardi di euro.

Subito dopo l’insediamento del governo Prodi (30 Agosto 2006) l’economia sommersa veniva valutata 200 miliardi di euro. Meno di quanto l’avesse stimata l’OCSE che aveva contestato il metodo di calcolo dell’ISTAT, che peraltro si discostava anche dalle valutazioni dell’INPS secondo il quale l’87% degli esercizi commerciali del centro storico di Roma era fuori legge. Il dato OCSE, che negli ultimi anni è certamente cambiato in peggio sembra trovare conferma nelle rilevazioni dei sindacati i quali fanno sapere che lavorano in nero almeno 4 milioni di italiani. E lo Stesso Visco indica in 200 miliardi l’evasione totale del paese.

Naturalmente all’evasione da economia sommersa è necessario aggiungere tutta quella da economia criminale le cui cifre approssimative compaiono ogni volta che scoppia uno scandalo come quello di Duisburg per poi scomparire e ricomparire come colore da cabaret.

A questo proposito c’è da trasecolare di fronte alle manifestazioni di incredulità e meraviglia di grande parte del mondo politico e dei giornalisti, quasi che il valore dei patrimoni mafiosi, la globalizzazione dell’economia mafiosa, il numero degli affiliati, la capacità di occupare la politica e la pubblica amministrazione, costituissero una novità. I dati sono stati forniti da tempo e sono conosciuti. La terapia anche: da almento 25 anni Falcone e Borsellino l’avevano prescritta con estrema precisione. Così come avevano indicato strumenti e comportamenti idonei a mantenere le distanzedalle organizzazioni criminali.

La politica, come ha sottolineato Giuseppe D’Avanzo sulla Repubblica ha convissuto sperando che tutto sommato le cose si aggiustassero da sole, favorite dall’ enorme contributo dell’economia criminale al mantenimento del livello dei consumi. Perciò quando ministro e vice ministro dell’interno assicurano l’efficienza e l’efficacia della nostra legislazione sulla confisca dei beni c’è da chiedersi a quale paese facciano riferimento e da quale fonte abbiano attinto i dati.

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