L’Unione europea manterrà chiusi i suoi confini esterni verso gran parte dei Paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti. La decisione dovrebbe mantenere inalterato lo status attuale per altre due settimane: lo affermano in forma riservata alcuni funzionari di Bruxelles citati dall’agenzia Bloomberg. A giustificare questo approccio prudenziale sarebbe il timore di una seconda ondata di coronavirus, in un momento in cui alcuni Paesi lottano ancora con numeri di contagi estremamente elevati.
A inizio luglio il Consiglio dell’Unione europea aveva raccomandato agli stati membri di aprire i confini a 15 Paesi: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Montenegro, Marocco, Nuova-Zelanda, Rwanda, Serbia, Corea del Sud, Thailandia, Tunisia e Uruguay. Tale lista è destinata a non allargarsi nei prossimi giorni, stando a quanto sostengono le fonti. Al contrario, è possibile che dal gruppo siano rimosse Serbia e Montenegro, nei quali il Covid-19 ha ricominciato a colpire. Il Consiglio, infatti, aveva subito chiarito che i Paesi dai quali è possibile viaggiare nell’Ue sarebbero stati tenuti sotto controllo, con eventuali modifiche alla lista.
La raccomandazione del Consiglio dell’Ue, peraltro, non è stata tradotta uniformemente nei vari Paesi membri, esito che non ha potuto che irritare le compagnie aeree che si sono ritrovate a districarsi in un panorama variegato di accessi ammessi.
I criteri per l’ampliamento (o riduzione) della lista dei Paesi ai quali l’Ue tiene aperta la porta d’ingresso sono i seguenti:
Nel dettaglio, i criteri seguiti dal Consiglio per l’apertura sono stati i seguenti:
- “Il numero di nuovi casi COVID-19 negli ultimi 14 giorni e per 100000 abitanti debbono essere vicini o al di sotto della media Ue (così com’era il 15 giugno 2020)”
- “Tendenza stabile o decrescente di nuovi casi in questo periodo rispetto ai 14 giorni precedenti”
- “Politiche di risposta al COVID-19 tenendo conto delle informazioni disponibili, compresi aspetti quali test, sorveglianza, tracciabilità dei contatti, contenimento, trattamento e comunicazione, nonché affidabilità delle informazioni. Anche le informazioni fornite dalle delegazioni dell’Ue su questi aspetti dovrebbero essere prese in considerazione”.