Quando manca un’ora e mezzo all’avvio delle contrattazioni a Wall Street, i derivati sui principali indici di borsa americani (vedi quotazioni a fondo pagina) viaggiano poco sopra i livelli di parita’, facendo pensare a un avvio leggermente positivo.
Sui mercati finanziari tuttavia si profila una giornata di temperature torride: in particolare si prevede un rincaro delle quotazioni delle materie prime, oltre a sbalzi accentuati sul valutario. E se le rivolte in Tunisia e Egitto dovessero contagiassero altri paesi, sostengono gli osservatori del mercato delle commodity, il prezzo del petrolio potrebbe schizzare verso i 200 dollari al barile. La borsa egiziana cede oggi circa 10 punti percentuali. Proteste di simile natura si sono verificate anche in Algeria, Marocco, Giordania e Yemen, oltre che in Albania.
Non e’ tanto l’Egitto a preoccupare – anche se la situazione del presidente Honsi Mubarak e’ quanto mai critica dopo che le pressioni perche’ abbandoni il suo incarico hanno subito un’ulteriore escalation nel fine settimana, quanto il possibile coinvolgimento dell’Arabia Saudita (dove qualche giorno fa ci sono state manifestazioni contro la poverta’ e il carovita) e alla Libia dove a Tripoli all’inizio di gennaio alcune migliaia di manifestanti, soprattutto giovani, hanno manifestato contro il costo alto della vita e per chiedere alloggi.
La speculazione punta sullo scatenarsi di altre cause che potrebbero frenare l’estrazione e il commercio del greggio, spingendo i prezzi alle stelle. La prima causa si chiama Suez, cioe’ il canale nel quale non possono transitare le superpetroliere, ma che ogni giorno vede il passaggio di 1,5 milioni di barili di greggio per la maggior parte estratto in paesi terzi rispetto all’Egitto.
Questo significa che se il canale fosse bloccato e se la produzione egiziana dovesse subire riduzioni, sul mercato internazionale verrebbero a mancare nell’immediato oltre 2 milioni di barili al giorno. Il trasporto del greggio potrebbe riprendere con le superpetroliere circunavigando l’Africa, ma questo chiaramente comporterebbe costi di trasporto molto piu’ alti. Di conseguenza il prezzo dell’oro – quello che nei mercati e’ stato il piu’ reattivo alle notizie che arrivavano dal Cairo – potrebbe schizzare al rialzo.
Alla borsa di Londra le quotazioni del Brent (il petrolio del Mare del Nord) sono immediatamente schizzate verso i 100 dollari al barile, per poi ripiegare leggermente in area 97 dollari, mentre il contratto sul Wti statunitense (che da parecchi mesi viaggia su prezzi decisamente inferiori a quelli del Brent) si sta arrampicando a quota 90 dollari al barile, con aumenti dell’ordine del 4%.
Mentre gli investitori aspettano con impazienza una serie di report trimestrali tra cui quelli del gigante petrolifero Exxon Mobil e dell’editore Gannett, a rubare la scena e’ il colosso dell’alluminio Alcoa, che si e’ aggiudicata le attivita’ aerospaziali di TransDigm per $240 milioni. Prologis e AMB Property hanno deciso di fondersi, con l’operazione che verra’ completata nel secondo trimestre di quest’anno.
Sul fronte macro, verranno annunciati i dati sul reddito personale per il mese di dicembre, alle 14,30 italiane, e a seguire il Chicago PMI di gennaio (15.45).
Sugli altri mercati, i futures con scadenza marzo segnano un rialzo dello 0,59% a $89,87 il barile. I contratti con scadenza analoga dell’oro segnano -0,67% a $1.332,7 l’oncia. Sul fronte valutario l’euro cede lo 0,63% a $1,3696. Quanto ai Treasury, il rendimento sul decennale vale 3,35% in progresso di 2,6 punti base.
Alle 14:00 (le 8:00 ora di New York) il contratto future sull’indice S&P500 avanza di 5 punti (+0,39%) a quota 1.276,70.
Il contratto sull’indice Nasdaq 100 segna +7,5 punti (+0,33%) in area 2.275,5.
Il contratto sull’indice Dow Jones sale di 22 punti a quota 11.797 (+0,19%).