MILANO (WSI) – Luigi Di Maio, candidato premier del Movimento Cinque Stelle pochi giorni fa era ritornato su uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati, il referendum sull’euro, considerato sì l’ultima spiaggia ma voterebbe sì qualora si svolgesse.
A entrare nei dettagli è oggi dalle pagine de La Stampa, Marcello Minenna, economista, ex assessore al bilancio della giunta Raggi, viene da molti indicato come il ministro dell’Economia in un governo Di Maio. Alla domande se si può davvero uscire dall’euro, Minenna risponde affermativamente.
“Tecnicamente sì, si può, ma non è una passeggiata, bisogna valutare i pro e i contro. Nel 2011, se avessimo avuto un piano B, sarebbe stato molto meno costoso di oggi. Da allora sono state firmate una serie di regole per nazionalizzare i rischi delle nostre banche e del nostro debito pubblico, per cui oggi un’uscita sarebbe assai più onerosa rispetto al 2011 (…) È una cosa che ha delle complessità, infrastrutturali, innanzitutto. Noi oggi siano in un sistema di pagamenti transfrontaliero interbancario, saremmo costretti a uscirne. Ci sarebbero dei problemi, non solo di gestione del debito pubblico, dei debiti privati, della nostra bilancia commerciale, ma anche legati alle infrastrutture operative. Non è solo questione di stampare nuove lire”.
E a chi sottolinea che l’uscita pilotata dall’euro comporti una drammatica impennata dell’inflazione, Minenna risponde:
“Avremmo una serie di effetti collaterali, alcuni dei quali imprevedibili. Tornando alla lira ritroveremmo una moneta svalutata rispetto alle principali valute di riserva e questo potrebbe ripercuotersi sull’inflazione, ma non è detto. Vedasi lo scenario del Regno Unito post-referendum. La stima si può fare sui credit spread: avremmo una svalutazione del 30 per cento, forse anche con un overshooting del 50. Ma in questi anni perché nessuno ha mai fatto delle proposte alternative a Schaeuble-Weidmann? Perché non ci facciamo bocciare qualche proposta dalla Germania, per esempio la mia proposta di risk sharing sui debiti pubblici, da realizzare secondo criteri di mercato?”