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M5S: ma è vero che Casaleggio minaccia di lasciare, se il movimento inciucia con il Pd?

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ROMA (WSI) – “Gianroberto Casaleggio ha detto che se decidessimo di dare l’appoggio a qualche partito, lui lascerebbe il Movimento 5 stelle”. Lo sostiene il neo senatore Roberto Cotti, 51 anni bocconiano, eletto in Sardegna tra le fila dei grillini. L’indiscrezione di Cotti risulterebbe da un post del neo eletto in cui racconta ad altri attivisti i risultati della riunione che si è tenuta lo scorso lunedì a Roma tra tutti i parlamentari del M5S con Beppe Grillo e Casaleggio.

DAL COLOSSEO AL PARLAMENTO A PIEDI – “Il 15 marzo per la prima seduta del Parlamento vorremmo arrivare tutti a piedi, partendo dal Colosseo. Venite con noi ad accompagnarci fino alla porta”. Così il neo deputato M5S Simone Vignaroli a una conferenza di attivisti del movimento a Roma annuncia l’iniziativa dei parlamentari M5S.

OLTRE 8 MILA FIRME IN CALCE APPELLO PRO GOVERNO PD – Sono già oltre quota 8 mila le firme in calce all’appello lanciato da alcuni intellettuali su Repubblica al Movimento 5 Stelle e a Beppe Grillo per chiedere loro di sostenere la nascita di un governo che consenta l’attuazione degli otto punti indicati dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.”Una grande occasione si apre con la vostra vittoria, di cambiare dalle fondazioni il sistema politico. Ma si apre ora, qui e subito” si legge nell’invito al M5S pubblicato stamane dal quotidiano ed ora sottoscrivibile on-line.

NEO ELETTO, SU NO A PD PREVEDO GRUPPO COMPATTO – “Sul no al Pd il Gruppo sarà compatto”: è la previsione di uno dei parlamentari eletti del M5S, il neo deputato Alessandro Di Battista. “Parlo a mio nome, questa non è una decisione che è stata presa, ma per come conosco il Movimento sono sicuro che questa sarà la posizione: nessun contatto, né alcuna fiducia. Non ci fidiamo di loro” afferma Di Battista escludendo anche che questo possa essere uno dei temi che verranno affrontati domani, in occasione della riunione organizzativa dei neo-eletti a 5 Stelle. “Non possiamo dare fiducia a chi non gode della nostra stima” afferma ancora Di Battista che liquida la questione con una battuta: “non è che io sono d’accordo con Grillo, è lui che è d’accordo con me..”. Per il M5S dunque non solo non si profilerebbe un voto di fiducia al Pd ma neppure un accordo sulla piattaforma ad otto punti di Bersani.

“Chi ci assicura che poi, alla prima occasione utile, il Pd non ci presenta un provvedimento come quelli che hanno votato durante il sostegno al governo Monti?” spiega Di Battista che chiude anche all’appello lanciato da un gruppo di intellettuali su Repubblica in cui si profila un’intesa sulla fiducia legandola ad un preventivo voto in commissione sull’ineleggibilità di Berlusconi. “Il Pd – taglia corto – ha avuto tanti anni per legiferare sul conflitto di interessi, sull’incandidabilità, e non l’ha fatto. Come facciamo a fidarci?”.

GRILLO: ‘SE PD CHIAMA INTELLETTUALE RISPONDE!’ – “Quando il pdmenoelle chiama, l’intellettuale risponde. Sempre! In fila per sei con il resto di due”. E’ ironica – e si rifà anche ad una vecchia canzona di Giorgio Gaber (“Gli intellettuali sono razionali lucidi, imparziali”) – la risposta di Beppe Grillo all’appello lanciato da un gruppo di intellettuali dalle colonne di Repubblica a consentire la nascita di un governo Pd. “L’intellettuale non è mai sfiorato dal dubbio, sorretto com’é da un intelletto fuori misura per i comuni mortali.

Se si schiera lo fa per motivi etici, morali, umanistici su indicazione del partito” è ancora il tagliente commento del leader del M5S che poi continua: “la funzione principale degli intellettuali è quella di lanciare appelli. L’appello e l’intellettuale sono imprescindibili. Cosa sarebbe infatti un appello senza una lista di intellettuali che fanno a gara per essere primi firmatari?” Per Grillo, “l’intellettuale italiano è in prevalenza di sinistra, dotato di buoni sentimenti e con una lungimiranza politica postdatata”. Soprattutto, conclude, “l’intellettuale non è mai sfiorato dal dubbio, sorretto com’é da un intelletto fuori misura per i comuni mortali”.

ASSISTENTI PARLAMENTARI CERCASI, APPELLO SU BLOG – Il Movimento 5 Stelle cerca assistenti parlamentari e collaboratori per i neo eletti a Camera e Senato. Lo fa con un post della capogruppo a Montecitorio Roberta Lombardi da ieri sul blog di Beppe Grillo e intitolato ‘Il Parlamento pulito inizia da qui: mandaci la tua candidatura’. “Il 15 marzo entreremo nelle aule parlamentari…non lasciateci soli – scrive la deputata romana -. Cerchiamo persone che vogliano aiutarci a far uscire dal buio questo Paese da affiancare ai gruppi parlamentari di Camera e Senato. Persone pulite, trasparenti e oneste, competenti e volenterose.

Un Parlamento Pulito prima di tutto dall’assunzione degli assistenti e di coloro che lavoreranno con i gruppi. Sceglieremo i migliori tra i curricula che riceveremo, perché vogliamo svolgere un lavoro eccellente”. L’indirizzo di posta elettronica a cui proporsi è curricula@movimento5stelle.it. Nel dettaglio M5S cerca: “Assistenti legislativi con laurea in materie giuridico-economiche con indirizzo pubblico, una profonda conoscenza del diritto costituzionale e diritto parlamentare. Questa figura seguirà i Portavoce (parlamentari, ndr) nel lavoro delle Commissioni, preparerà proposte di legge, atti normativi ad hoc, proposte di emendamenti e rapporti sul lavoro delle commissioni”; “assistenti alla segreteria organizzativa con laurea in materie giuridico-economiche con indirizzo pubblico o esperienza comparabile, una forte capacità organizzativa e di gestione delle criticità. Seguirà i gruppi nell’organizzazione dell’agenda dei Portavoce per i lavori parlamentari e per la comunicazione con i cittadini e gli attivisti.

Si richiede un’ottima conoscenza dei principali applicativi software di scrittura, database e fogli di calcolo, ed è indispensabile un’ottima conoscenza di Internet, i principali social network e della posta elettronica”; “direttore amministrativo con laurea in economia ed esperienza pregressa di contabilità, gestione dei flussi di cassa e dei flussi con la banca; revisore dei conti iscritto all’albo, responsabile del bilancio dei gruppi parlamentari in coordinamento con la società di revisione esterna”. ‘Dalla prossima settimana inizieremo ad incontrarvi – conclude la capogruppo Lombardi -. Il tempo stringe”. (ANSA)

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Esiste il piano B, è il piano Bersani!

di Antonello Caporale

ROMA (WSI) – Esiste il piano B, è il piano Bersani! È una pura estensione del piano A. B sta per ancora per l’uomo di Bettola che mette in gioco tutto il suo potere elettorale per schivare i dubbi del Quirinale, una crescente perturbazione nel suo partito e l’ansia che si sta impadronendo degli italiani.

Bersani sa che non ha i numeri sufficienti per governare, ma sfida la doppia congiunzione astrale: l’alleato disponibile (il Pdl) è inservibile, quello possibile (Grillo) è invece indisponibile. L’unico modo per trarre profitto da questa condizione di immobilismo politico è costruire una trincea dentro al Parlamento, insediarsi malgrado tutto a Palazzo Chigi e attendere da lì l’elezione del nuovo Capo dello Stato.

È un piano che utilizza il diritto e l’ingovernabilità per spuntare sull’ostilità di una vasta platea di soggetti e raccogliere – in una condizione periclitante e con modalità irrituali – il testimone da Mario Monti. È un piano, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, che ha una comunque sua logica e una sua strategia. Arrischiato ai limiti della temerarietà, ma dentro i confini della prassi parlamentare, e soprattutto dentro le regole che hanno sin qui governato i rapporti tra poteri.

Bersani ha chiesto e ottenuto dal suo partito il voto pressoché unanime ad avanzare a Giorgio Napolitano la richiesta di ricevere l’incarico. “Incarico pieno, mi sembra chiaro”, dice Stefano Fassina. Non un mandato esplorativo o un pre incarico, ma appunto il potere di costruire un governo che possa ottenere il massimo del sostegno parlamentare.

Domanda: il capo dello Stato può ridurre l’intensità di questo mandato? L’Unità ha anticipato la risposta facendo scrivere a Marco Olivetti, ordinario di diritto costituzionale a Foggia, una breve analisi intitolata “Poteri del presidente e primo governo di legislatura”. Il capo dello Stato deve dare l’incarico alla personalità che più di ogni altra ha la possibilità di ottenere la maggioranza più larga in Parlamento.

Avendo blindato il Pd, che ha la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato, sul nome di Bersani, Napolitano non potrebbe discostarsene. Almeno in prima istanza. Bersani aspetta di ricevere dunque un incarico pieno e senza attendere oltre, avendo già un programma costituito nei famosi otto punti, presentarsi in Parlamento.

Andrebbe a sfidare Grillo in mare aperto. Ci andrebbe dopo aver giurato davanti al Quirinale ed espresso una ristretta compagine di governo. Andrebbe prima alla Camera in ossequio alla regola che il nuovo governo si presenta nel ramo alternativo a quello in cui ha ottenuto la fiducia il precedente. Mario Monti andò al Senato il 17 novembre 2011 e quindi per Bersani c’è la Camera. E lì ottiene la fiducia.

Poi va al Senato e guarda i numeri. Verosimilmente non sufficienti. Il governo è sfiduciato e dimissionario, in carica per gli affari correnti. Saranno correnti ma sono sempre affari: poltrona trasferita da largo del Nazareno a palazzo Chigi, un esecutivo ridotto ai minimi termini, nell’attesa del nuovo inquilino e per far fronte almeno agli atti urgenti di questa straordinaria crisi. Le consultazioni proseguono.

Ma con un giocatore in più in campo e soprattutto un disturbatore delle manovre di Napolitano. Il quale , seguendo la Costituzione, deve individuare, malgrado lo spirare del suo mandato, una personalità che allarghi oltre Bersani la platea della maggioranza. Non uno qualunque, dunque, non un tecnico di basso profilo perciò, ma un nome forte che faccia meglio.

Già successe, scrive l’Unità: era il 1953 ed Einaudi dopo la sfiducia parlamentare a De Gasperi individuò nel deputato Pella l’uomo nuovo. E Pella riuscì dove aveva fallito il capo della Dc. Può accadere anche questa volta? Remota possibilità. Perché un Bersani in campo, premier sfiduciato sì ma vivo e vegeto, riduce il rischio per il partito di esplodere in un rosario di opzioni (leggi governissimo).

Bersani, questo sarebbe il suo piano, attenderebbe da Palazzo Chigi l’arrivo del nuovo presidente della Repubblica. Lo attenderebbe con fatti, proposte, disegni di legge: un modo per stabilire sul programma un filo di minimo consenso con il Movimento Cinque Stelle. E avrebbe tempo per costruire anche insieme ai grillini la proposta del successore di Napolitano.

Se gli riuscisse sarebbe un capolavoro tattico e quella sfiducia annunciata al primo tentativo si potrebbe rivelare possibile al secondo. In caso contrario il nuovo inquilino del Quirinale dovrebbe prendere atto dell’impossibilità di formare un governo e mandare tutti alle urne.

Bersani concluderebbe il suo compito e manderebbe al voto un partito almeno formalmente unito, che ha fatto di tutto per scongiurare le elezioni e si è arreso solo quando la realtà non ammetteva fraintendimenti. Al voto con chi? Ma con Matteo Renzi, che avrebbe l’occasione della rivincita.

E Renzi se ha una voglia, è quella di fare il premier. Al partito penserebbero altri. Tra questi il più titolato, e quasi unico in gara, sarebbe Fabrizio Barca dichiaratamente interessato alla nuova destinazione e perciò recalcitrante a proporsi come alternativa dell’oggi a Bersani.

È un piano folle? È un’idea temeraria al limite dell’avventurismo oppure l’unica scelta ragionevole in questo caos?

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Fatto Quotidiano – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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