In attesa delle motivazioni, sappiamo già al primo round dibattimentale della X Sezione del Tribunale di Roma che non ci fu’ “associazione mafiosa”.
Oddio, le pene detentive alle quali sono stati condannati i principali protagonisti del malaffare in Campidoglio, restano comunque pesanti tra i sei ed i venti anni a Massimo Carminati, colui che più di altri, soprattutto per la sua storia criminale maturata sul campo, sembrava più vicino alla figura del mafioso.
Nella realtà, da subito, a leggere le testimonianze, intercettazioni od anche le ammissioni di qualche reo confesso, funzionario pubblico, a libro paga dell’organizzazione come Luca Odevaine, ex responsabile del tavolo per i migranti, è stato condannato a 6 anni e 6 mesi, si poteva facilmente intuire che trattavasi di “reati contro la Pubblica amministrazione di natura corruttiva” e non certo di un’associazione mafiosa.
Insomma, fin da subito, è mancata la “forza dell’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se o per altri” come recita il Codice penale per l’aggravante specifica.
D’altro canto, l’articolo 416 bis del codice penale, parla chiaro: se ottieni un risultato economico senza minacciare nessuno, senza costringere taluno con la forza della intimidazione ma semplicemente oliando il sistema, elargendo mazzette e benefici economici di vario genere, è corruzione e non c’è l’aggravante dell’Associazione mafiosa.
Se questa rappresenta una prima verità giudiziaria che certamente non fa onore al funzionamento ed onorabilità della Pubblica amministrazione, certamente indebolisce l’accusa nel contesto di un’associazione a delinquere pure conclamata, riducendo giuridicamente le responsabilità individuali.
Al netto della riferita distinzione, mi auguro, anche nei successivi gradi di giudizio che, in presenza di acclarate responsabilità penali ed in aggiunta alla pena detentiva, una interdizione perpetua dai pubblici uffici soprattutto nei confronti dei personaggi politici a vario titolo coinvolti [1].
Non vorrei tra qualche anno ritrovare questi personaggi a esercitare incarichi analoghi nell’ambito della Pubblica amministrazione come già ahimè è successo dopo l’esperienza di Tangentopoli degli Anni 90.
Insomma, non saranno dei mafiosi e ci possiamo anche credere, ma certamente rimane gente dai quali sarà bene tenersi alla larga per i secoli a venire.
==============
[1] Luca GRAMAZIO – condannato a 11 anni di reclusione in primo grado – Capogruppo del PDL in Comune; Mirko CORATTI, condannato a sei anni in primo grado, Capo dell’Assemblea capitolina (PD) e Luca ODEVAINE, ex responsabile del tavolo dei migranti, condannato a sei anni e sei mesi di reclusione.