Economia

L’inflazione rallenta in Italia. Ma continua a preoccupare

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Nel corso del mese di maggio l’inflazione ha ripreso a scendere, dopo che, ad aprile, aveva registrato una risalita rispetto al livello di marzo 2023, attestandosi su un +7,6%. Ad influenzare il rallentamento è stata la dinamica dei prezzi dei beni energetici.

Andando ad analizzare il settore alimentare, i prezzi dei prodotti lavorati hanno registrato un’attenuazione della loro crescita su base annua. Questo ha contribuito a decelerare l’inflazione di fondo, che è scesa su un +6%. La fase di rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi del carrello della spesa continua: a maggio è stata pari ad un +11,2%. A comunicarlo è stata l’Istat. Vediamo i dettagli.

A maggio scende l’inflazione

Nel corso del mese di maggio l’inflazione scende. L’Istat stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività – ossia il NIC – al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento pari allo 0,3% su base mensile, mentre su base annua è passata ad un +7,6% rispetto al +8,2% del mese precedente. Sono state confermate le stime preliminari. Il tasso di inflazione ha decelerato a seguito del rallentamento, su base tendenziale, dei prezzi dei beni energetici non regolamentati, che sono scesi da +26,6% a +20,3% e in misura minore, da quelli degli alimentari lavorati, che sono scesi da +14,0% a +13,2%. La discesa, inoltre, ha beneficiato anche:

  • degli altri beni: da +5,3% a +5,0%;
  • dei servizi relativi ai trasporti: da +6,0% a +5,6%;
  • dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona: da +6,9% a +6,7%.

Questi effetti sono stati compensati solo in parte dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,4% a +8,8%) e di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +3,2% a +3,5%).

L’Istat segnala, inoltre, che l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, registra un lieve rallentamento da +6,2% a +6,0%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,3% a +6,2%. Si attenua la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +10,3% a +9,3%) e in misura minore quella relativa ai servizi (da +4,8% a +4,6%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -4,7 punti percentuali, da -5,5 di aprile.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’8,0% su base annua (in decelerazione da +8,6% di aprile); la stima preliminare era +8,1%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base mensile e del 7,2% su base annua.

Il punto di vista dei consumatori

Le associazioni dei consumatori fanno il punto della situazione sui dati forniti dall’Istat. A prendere la parola è Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, il quale ha affermato che è “positivo il rallentamento e che l’inflazione, dopo il rialzo di aprile dovuto al ritorno degli oneri di sistema sulla luce e sul gas, torni a scendere. Ma non c’è da essere entusiasti visto che siamo semplicemente tornati ai livelli di marzo, mentre in tutto il resto d’Europa, salvo l’Olanda, l’inflazione di maggio è più bassa di quella di marzo”.

Dona, comunque, sottolinea che quella che abbiamo davanti continua ad essere un’inflazione stellare, con un costo particolarmente alto per le famiglie con figli a seguito:

“Per una coppia con due figli, il +7,6% significa una stangata pari a 2227 euro su base annua, di questi ben 907 servono solo per far fronte ai rincari dell’11,8% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 2042 euro, 819 per mangiare e bere. In media per una famiglia la mazzata è di 1.704 euro, 665 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con una batosta pari a 2507 euro, 1.084 solo per nutrirsi e dissetarsi”.