Non è una grande scommessa al ribasso come quella risalente alla crisi finanziaria del 2008. Ma l’investimento ribassista del gestore Steve Eisman sulle banche europee più esposte alla Turchia si sta rivelando profetico e l’impatto potrebbe farsi sentire ancora per un po’ di tempo.
UniCredit e la spagnola Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) hanno avvertito dei rischi dovuti all’esposizione alla Turchia, persistenti anche dopo che la lira ha interrotto la sua fase molto negativa. Di recente la banca italiana ha quantificato il valore del business nel paese euroasiatico a 850 milioni di euro, precisando che per il momento non intende ridurre gli investimenti.
Il mese scorso BBVA ha comunicato un incremento delle perdite legate alle attività di prestito in Turchia, citando il surriscaldamento dell’inflazione e l’impatto negativo che l’incertezza politica sta avendo sulle prospettive di crescita.
Unicredit, il costo della crisi della lira turca
Da fine giugno i titoli UniCredit hanno perso il 19% e quelli di BBVA il 14%. La capitalizzazione della banca spagnola ha accusato perdite pari a circa un miliardo per via dell’esposizione alla Turchia, che rappresentava circa il 15% degli utili dell’istituto nel 2017. Quanto alla big italiana, il paese ha fruttato quell’anno il 6% circa dei profitti complessivi, secondo i calcoli degli analisti di UBS.
Le perdite rischiano di compromettere la fiducia degli investitori sul fatto che i mercati emergenti possano rappresentare un modo affidabile per le banche europee di controbilanciare in maniera efficace le attività anemiche in patria. E ora il Managing Director e Portfolio Manager per l’Eisman Group in seno alla divisione di Private Asset Management di Neuberger Berman, noto per le sue posizioni short sulle obbligazioni Usa collateralizzate prima che scoppiasse il caos dieci anni fa, ha anche preso di mira due banche britanniche che secondo lui potrebbero subire l’impatto negativo della Brexit.
L’imprenditore e money manager americano Eisman (vedi foto sotto) – la cui storia viene raccontata nel film di Hollywood “La Grande Scommessa” e che è diventato famoso per aver accumulato una fortuna puntando al ribasso contro i derivati CDO prima dello scoppio in Usa della crisi dei mutui nel 2007 e 2008 – sta infatti anche speculando al ribasso su due banche britanniche, nella convinzione che i negoziati tra Ue e Regno Unito sulla Brexit si concluderanno senza un accordo.
Sebbene Eisman non sia considerato uno degli investitori viventi più importanti, è una figura chiave nel mondo finanziario, dal momento che ha anticipato (e tratto profitti) dalla crisi dei mutui subprime americana un decennio fa. Ora nel suo mirino sono finite le banche europee e britanniche. Questo non significa per forza che gli investitori devono iniziare a preoccuparsi sullo stato di salute del settore bancario e dell’azionario dell’area più in generale. Per lo meno non sul lungo termine.
Incertezze legate alle Brexit: incubo ‘no deal’
Se Eisman sta speculando al ribasso su due banche britanniche è per via delle incertezze legate alla Brexit. Secondo il gestore Unione Europea e Regno Unito non troveranno un accordo prima della deadline.
La risposta del money manager, come ha annunciato lui stesso durante una conferenza a Dubai, potrebbe essere anche quella di “shortare tutte e 50 le banche britanniche“. Questo sarebbe il modus operandi “se Jeremy Corbyn diventerà primo ministro”. Se il leader dei Laburisti viene eletto, per Eisman “è meglio non essere esposti al mercato inglese”.
La mossa di Eisman non vuol dire che è giunto il momento di uscire dal mercato azionario britannico in toto. I rischi per l’economia inglese ci sono e sono reali viste le incertezze relative al futuro post Brexit. Ma tra non detenere un portafoglio esposto al 100% sui titoli britannici e diversificare c’è una bella differenza.
Specialmente se si considera che ci sono modi per mettersi al riparo in tempo, anche in caso di scenario ‘no-deal’. Sebbene i mercati azionari potrebbero reagire male sul breve termine, alla lunga è probabile che finiranno per assestarsi e garantire ritorni da investimento decenti.