ROMA (WSI) – Lotta alla povertà e competitività e innovazione in particolare incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato dei giovani sono i due pilastri su cui poggerà la crescita economica del paese e per cui la manovra per il 2018 stanzierà rispettivamente 600 e 338 milioni di euro.
Sono i numeri contenuti nella tabella consegnata dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, prima dell’audizione sulla Nota di aggiornamento al Def. La manovra per il 2018 parte da un valore minimo di 19,6 miliardi: di cui 8,6 miliardi sono le coperture (5,1 miliardi le entrate aggiuntive e 3,5 miliardi tagli alla spesa) e 3,8 miliardi gli impieghi.
Nel dettaglio degli impieghi quantificati nella tabella si prevedono: 300 milioni per lo sviluppo, 338 per la competitività e l’innovazione, 600 per la coesione sociale, 2,6 miliardi per gli oneri a politiche invariate tra cui il pubblico impiego. Tutte risorse destinate poi a salire negli anni successivi. Nel 2019 le risorse per i giovani aumenteranno infatti a 2,162 miliardi e a 3,999 miliardi nel 2020, mentre per la coesione sociale i fondi salgono a 900 milioni nel 2019 e 1,2 miliardi nel 2020.Per lo sviluppo, invece, saranno stanziati 300 milioni l’anno prossimo, 1,3 miliardi nel 2019 e 1,9 miliardi nel 2020.Pe le politiche invariate arriveranno 2,6 miliardi nel 2018, 3 miliardi nel 2019 e 3 miliardi nel 2020.
Nel capitolo competitività e innovazione, sono inclusi incentivi agli investimenti privati di Impresa 4.0 ma anche interventi sul costo del lavoro volti a incentivare assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori giovani. La previsione è di un milione di posti di lavoro in più, non subito, ma in quattro anni.
Per quanto invece riguarda la coesione sociale, in essa sono comprese maggiori risorse per il reddito di inclusione. Per la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia inoltre, scrive il Ministero, serviranno 15,7 miliardi, di cui circa 10 miliardi (0,6% del Pil) sono quelli recuperati grazie al maggior spazio sul deficit accordato da Bruxelles.
Insomma Padoan mostra un certo ottimismo e sottolinea presentando la tabella:
“Ci sarà un ulteriore progressivo aumento dell’occupazione nei prossimi mesi e anni (…) in Italia ritorna il consolidamento della crescita e la ripresa dell’economia italiana sta guadagnando robustezza, in un quadro di prospettive di crescita positiva (…) ci sono le condizioni per un ulteriore rafforzamento della crescita nel terzo trimestre”.
Bene occupazione ma un miliardo di ore lavorate in meno
“In termini di posti di lavoro – segnala la Cgia – il confronto, caso mai, andrebbe realizzato con il punto di massima occupazione realizzato in tempi pre-crisi, ovvero nell`aprile del 2008”. Così si è espresso il coordinatore dell`Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, in merito all’audizione del ministro dell’Economia.
“Le ultime rilevazioni dell’Istat hanno messo in evidenza che gli occupati nell’agosto di quest’anno, pari a poco più di 23 milioni di unità, sono quasi tornati allo stesso livello del 2008; il monte ore lavorate, invece, è diminuito di oltre 1,1 miliardi (-5 per cento). Nei primi 6 mesi del 2008, infatti, i lavoratori italiani erano stati in fabbrica o in ufficio per un totale di 22,8 miliardi di ore, nel primo semestre di quest`anno, invece, lo stock è sceso a 21,7″, ha segnalato l’associazione.
In buona sostanza, segnalano dall’Ufficio studi della Cgia, “se a parità di occupati sono diminuite le ore lavorate, rispetto al 2008 i lavoratori a tempo pieno sono scesi e, viceversa, sono aumentati quelli a tempo parziale (contratti a termine, part time involontario, lavoro intermittente, somministrazione, etc.)”.
Difatti, se nel 2008 i dipendenti full time erano l’86 per cento del totale, 8 anni dopo si sono abbassati all’81 per cento. Quelli a tempo parziale, invece, sono saliti dal 14 al 19 per cento del totale.
Con una produttività del lavoro che ha subito una contrazione molto importante sia nei servizi (-3,1 per cento) sia nelle costruzioni (-7,1 per cento) – settori, questi ultimi, che danno lavoro al 79 per cento del totale dei dipendenti presenti nel Paese – anche la retribuzione media per occupato ha registrato una forte contrazione: tra il 2008 e il 2016 è diminuita, al netto dell’inflazione, del 3,4 per cento.
“Nonostante abbiamo recuperato gli occupati che avevamo prima della crisi – conclude Zabeo – ciò è avvenuto a scapito della qualità dei nuovi posti di lavoro e della diminuzione della produttività nei settori più importanti che hanno trascinato verso il basso anche i livelli retributivi pro capite“.